T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 13-04-2011, n. 679

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nna, per la Lido S. Giovanni, e l’avv. prof. Sticchi Damiani, per il SIB;
Svolgimento del processo

La ricorrente, con domanda del 30 dicembre 2003, ha chiesto alla Capitaneria di porto di Gallipoli il rilascio della concessione, per un ventennio, del complesso immobiliare demaniale denominato "Lido San Giovanni".

A seguito di apposito avviso di interesse è stata avviata la procedura comparativa nell’ambito della quale erano stati presentati, oltre al progetto della ricorrente, due progetti da parte della società Lido San Giovanni di Ravenna.

Nell’ambito della conferenza di servizi sono stati acquisiti i pareri espressi dal comune di Gallipoli e la conferenza è stata aggiornata nell’attesa delle determinazioni del Ministero dei trasporti.

Il fascicolo è stato poi trasmesso dalla Capitaneria di porto alla Regione per la definizione del procedimento di concessione demaniale.

A seguito di un’impugnazione da parte della ricorrente relativa ai provvedimenti della Regione e del Comune che avevano dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla domanda presentata dalla ricorrente, il Tar Bari, con sentenza n. 1375/09, ha concluso per la competenza comunale a concludere il procedimento in esame.

Il Comune, con provvedimento del 25 febbraio 2010, ha comunicato il diniego di rilascio della concessione demaniale.

Questo provvedimento è stato impugnato (RG 569/2010).

Con provvedimento del 19 aprile 2010 il Comune ha prorogato, in base a quanto disposto dalla l. 25/2010, la concessione demaniale marittima in favore della società "Lido San Giovanni" sino al 31 dicembre 2015.

Avverso questo provvedimento è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

1. Violazione del Trattato UE e della normativa nonché dei principi comunitari e degli artt. 3, 10, 41 e 97 Cost., anche in riferimento al d.l. 194/2009, convertito con modificazioni con legge 25/2009. Violazione del principio di affidamento. 2. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e sviamento. 3. Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale delle disposizioni sopra richiamate per violazione del combinato disposto degli artt. 3, 10, 41 e 97 Cost.

Deducono i ricorrenti: che l’art. 1, comma 18, l. 26 febbraio 2010 n. 25, di conversione del d.l. 30 dicembre 2009 n. 194, con la quale è stato prorogato il termine di durata delle concessioni in essere, è contrario alle norme e ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario; che la norma in questione non prevede alcuna forma di procedura selettiva; che eventuali disposizioni regionali di pari contenuto sarebbero comunque affette dallo stesso vizio e violative dell’art. 117 Cost.; che la Commissione europea ha avviato una specifica procedura di infrazione comunitaria sul rinnovo automatico delle concessioni; che al caso di specie si deve applicare la direttiva 12 dicembre 2006 n. 123 06/123/CE; che la norma in questione deve essere disapplicata; che comunque la concessione non poteva essere rinnovata perché la gestione del complesso demaniale, a seguito del decesso del capostipite, viene effettuata da una società in accomandita semplice e perché era stata concessa da altra Amministrazione.

Il Comune e la società "Lido San Giovanni" si sono costituiti rispettivamente con atti del 7 e del 13 luglio 2010.

Con ricorso per motivi aggiunti, depositato in segreteria il 14 luglio 2010, il ricorrente ha impugnato il provvedimento del 12 luglio 210 del comune di Gallipoli con il quale è stata rigettata la domanda di concessione sessennale del compendio demaniale in questione, presentata dalla S. sas, sulla circostanza che "è oggetto della concessione demaniale marittima n. 22/2004 rilasciata dalla locale Capitaneria di porto in favore della Lido San Giovanni…", proponendo i seguenti motivi: 1. Violazione del Trattato UE e della normativa nonché dei principi comunitari e degli artt. 3, 10, 41 e 97 Cost., anche in riferimento al d.l. 194/2009, convertito con modificazioni con legge 25/2009. Violazione del principio di affidamento. 2. Eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e sviamento. 3. Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale delle disposizioni sopra richiamate per violazione del combinato disposto degli artt. 3, 10, 41 e 97 Cost.

Il ricorrente ha ribadito i motivi già dedotti nel ricorso originario.

Con memoria del 15 luglio 2010 il ricorrente ha ribadito che l’art. 1, comma 8, della l. 25/2010 deve essere disapplicato perché in contrasto con i principi del diritto comunitario.

La Lido San Giovanni, con memoria del 17 luglio 2010, ha eccepito anzitutto l’inammissibilità del ricorso originario per difetto di interesse della ricorrente al momento in cui lo stesso è stato proposto, con conseguente inammissibilità pure dei motivi aggiunti.

Nel merito è stato rilevato: che la norma in questione non è contraria alla normativa comunitaria stante il suo carattere transitorio; che la Commissione europea non contesta il termine finale della proroga ma il rinvio all’art. 3, comma 4 bis, d.l. 5 ottobre 1993 n. 400 che potrebbe, in ipotesi di mancata emanazione della nuova disciplina, reintrodurre il principio della rinnovazione automatica della concessione in essere.

La Regione si è costituita con memoria del 19 luglio 2010, con la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse del ricorrente e l’inammissibilità dell’impugnativa della circolare che non ha natura provvedimentale.

Nel merito è stato dedotto in ordine alla legittimità della circolare impugnata.

Con memoria del 19 luglio 2010, la Lido San Giovanni ha controdedotto in ordine alla memoria della ricorrente del 15 luglio 2010.

Il Comune si è costituito nel ricorso per motivi aggiunti il 20 luglio 2010 e con memoria di pari data ha ribadito che il provvedimento impugnato si è limitato ad applicare il d.l. 30 dicembre 2009, n. 194.

È stato poi rilevato che non risulta essere stata avviata alcuna procedura di infrazione contro lo Stato italiano a seguito dell’adozione della legge su citata, che costituisce lo strumento diretto a evitare la conclusione negativa della precedente procedura di infrazione. Con riferimento poi alla dedotta mancata comunicazione di avvio del procedimento, il Comune ha rilevato che il provvedimento impugnato ha carattere vincolato, e quindi soccorre l’applicazione dell’art. 21 octies l. 241/1990.

Questo Tribunale, con ordinanza n. 543 del 21 luglio 2010 ha respinto la richiesta cautelare, ordinanza poi riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza 4763/2010, resa all’udienza dell’8 ottobre 2010.

La Lido san Giovanni ha proposto controricorso incidentale, notificato il 30 settembre 2009, avverso il provvedimento di rigetto della domanda di concessione presentata dalla S. sas, per i seguente motivi: Eccesso di potere. Erroneità nel presupposto. Violazione art. 6 reg. cod. nav.

Deduce la Lido San Giovanni che la domanda presentata dalla S. sas è priva dell’indicazione della durata della concessione richiesta.

Con intervento ad opponendum del 16 dicembre 2010 si è costituito il SIB – Sindacato Italiano Balneare.

A seguito di un’istanza di esecuzione di ordinanza cautelare il Consiglio di Stato, con ordinanza 472, resa nella camera di consiglio del 17 dicembre 2010, ha dichiarato che "in esecuzione dell’ordinanza in esame l’Amministrazione dovrà considerare sospesi gli effetti della proroga della concessione a suo tempo rilasciata alla Società Lido S. Giovanni".

Con memoria del 23 dicembre 2010 il ricorrente, dopo aver esposto i fatti oggetto della presente controversia, ha insistito sulle proprie deduzioni.

Il Comune, con memoria conclusiva del 23 dicembre 2010, ha ribadito che il provvedimento di proroga impugnato si è limitato a fare applicazione del contenuto della disposizione di legge statale e che non risulta alcuna specifica procedura di infrazione contro lo Stato italiano.

Con memoria del 23 dicembre 2010 la Lido San Giovanni ha insistito sull’inammissibilità del ricorso originario perché la domanda di concessione demaniale presentata il 30 dicembre 2003 era, al momento della proposizione del ricorso, già stata rigettata dal Comune con provvedimento del 25 febbraio 2010 è perché la domanda di concessione del 18 giugno 2010 è contestuale alla proposizione del ricorso. È stato poi rilevato: che la domanda della S. sas è priva dell’elemento essenziale della data di durata della concessione; che la stessa domanda non poteva essere accolta perché l’albergo, la cui gestione costituisce l’oggetto imprenditoriale della S. sas, è stato sottoposto a pignoramento esattoriale e che nella procedura immobiliare risulta essere stata anche fissata la vendita.

La SIB, con memoria del 24 dicembre 2010 ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché l’eventuale accoglimento dello stesso non soddisferebbe l’interesse del ricorrente in quanto la sua domanda di concessione del 18 giugno 2010 difetta dell’elemento essenziale della durata della concessione. Nel merito, ha rilevato che la normativa contestata dal ricorrente non è violativa dei principi comunitari ma è stata emanata proprio allo scopo di adeguarsi progressivamente alla normativa comunitaria.

La Lido S. Giovanni, con memoria del 28 dicembre 2010, ha ribadito le proprie deduzioni.

La ricorrente, con memoria di replica del 3 gennaio 2011, ha eccepito, anzitutto, l’inammissibilità dell’intervento del SIB perché l’atto notificato non contiene le ragioni su cui si fonda e perché non è esplicitato quale sia l’interesse che lo legittimi a intervenire. Con riferimento alla sua legittimazione ad agire, il ricorrente ha rilevato che la stessa si fonda sul fatto di essere operatore del settore e che comunque il rigetto della domanda cautelare resa nel ricorso RG 569/2010 si fonda sulla intervenuta proroga della concessione alla Lido S. Giovanni. Sulla sua legittimazione a proporre motivi aggiunti, il ricorrente ha rilevato che questi hanno ad oggetto provvedimenti autonomi e comunque la legittimazione trae origine sempre dall’essere operatore del settore. Inoltre, ha dedotto che non ha alcun rilievo l’eventualità che il ricorrente perda nel prosieguo il possesso dei requisiti richiesti per ottenere la concessione. Nel merito sostiene che i principi comunitari di cui si chiede l’applicazione sono dotati di effetto diretto e che il giudice deve disapplicare la normativa nazionale contrastante con i principi comunitari

La Lido S. Giovanni, con memoria di replica del 5 gennaio 2011, ha dedotto che, se le direttive comunitarie in materia di appalti si ritenessero applicabili anche alla materia delle concessioni, la ricorrente non avrebbe interesse al ricorso perché i principi richiamati richiedono la correntezza tributaria quale requisito soggettivo di partecipazione alla comparazione. La controinteressata ha poi insistito sulla carenza di legittimazione ad agire della ricorrente. Nel merito ha insistito sulle proprie deduzioni.

La SIB, con memoria del 5 gennaio 2011, ha ribadito l’infondatezza della domanda di disapplicazione formulata dalla ricorrente.

Con atto del 17 febbraio 2011 si è costituito l’avv. Quinto, in aggiunta agli avv.ti Muscatello, Dore e Leccisi, per il ricorrente.

Il Comune, con memoria conclusiva del 18 febbraio 2011, ha ribadito le proprie conclusioni.

Il ricorrente, con memoria del 21 febbraio 2011, ha insistito sulla legittimazione, rilevando che l’interesse è quello a una corretta esplicazione del confronto concorrenziale tra aspiranti alla medesima concessione demaniale. In particolare, ha rilevato che l’art. 17 l.r. 17/2006 non è di ostacolo all’esame delle domande avanzate dalla S. sas, perché la legge citata permette il rinnovo della concessione anche a un diverso soggetto. Sulla dedotta inammissibilità dei motivi aggiunti ha rilevato che la stessa spinola sas ha richiamato, nella propria domanda per il rilascio di una concessione sessennale, la legislazione vigente. Il ricorrente poi, sulle proprie condizioni economiche finanziarie, ha rilevato che il pignoramento richiamato dalla controinteressata non riguarda la società S. Hotel e ha evidenziato che è stato depositato un certificato del Tribunale di Lecce dove si attesta che nei confronti della S. Hotel non ci sono procedure esecutive. Nel merito ha ribadito le proprie argomentazioni.

La Lido S. Giovanni, con memoria del 2 febbraio 2011, ha ribadito che l’infondatezza del ricorso n. 569/2010 determina l’improcedibilità del ricorso in esame. Inoltre, ha rilevato che la legittimazione non discende dall’essere operatore del settore ma dalla presentazione di una domanda di concessione;ribadisce che,se il ricorso n. 569/210 verrà rigettato, la S. sas non ha presentato alcuna domanda di concessione compatibile con l’art. 17 l.r. 17/2006 prima della scadenza della precedente concessione.

Il ricorrente, con memoria del 26 febbraio 2011, ha precisato che sia la S. che la Lido S. Giovanni hanno presentato domanda per la concessione demaniale (la prima in data 18 giugno 2010, mentre la Lido in data 13 marzo e 13 aprile 2010) e che la domanda della Lido non è stata valutata con la comparazione. L’interesse della ricorrente è, quindi, sia quello volto alla conclusione del procedimento avviato con la domanda del 2003, sia quello a una comparazione prodromica alla concessione del compendio demaniale in questione.

Co memoria del 26 febbraio 2011, la Lido S. Giovanni ha rilevato che la stessa aveva manifestato, con due diverse domande, interesse al rinnovo della concessione, mentre la S. non aveva presentato alcuna domanda concorrente e, per il resto, ha ribadito le proprie considerazioni.

Nella pubblica udienza del 9 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Ha carattere preliminare l’eccezione di difetto di legittimazione attiva.

L’eccezione è infondata perché, a prescindere dalla verifica della legittimità della domanda per la concessione del bene presentata dalla S. sas (domanda rigettata con provvedimento impugnato) e dalla posteriorità di una successiva domanda rispetto alla proroga impugnata col presente ricorso, deve riconoscersi l’interesse al ricorso per il solo fatto che il ricorrente è operatore del settore.

Infatti, l’impresa operante in un determinato settore economico è titolare di un interesse qualificato e tutelato a contestare la scelta dell’Amministrazione di non indire una gara per la concessione del bene, giacché può essere azionato in sede giurisdizionale l’interesse a che l’Amministrazione, in ossequio alle previsioni normative interne e comunitarie, indica una procedura ad evidenza pubblica, alla quale il ricorrente sia ammesso a partecipare in condizioni di parità con gli altri operatori economici.

Con riferimento poi alla situazione economica del ricorrente, è da rilevare che questa non può essere oggetto di esame nel presente giudizio, perché la valutazione dei requisiti, anche economici, dei singoli concorrenti spetta all’Amministrazione in sede di rilascio della concessione.

È da aggiungere inoltre che la S. Hotel ha depositato la documentazione dalla quale emerge che non è soggetta ad alcuna procedura esecutiva.

2. Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità dell’intervento del SIB.

In primo luogo, il SIB ha depositato in giudizio il proprio statuto,dal quale emerge che tra gli scopi del sindacato vi è quello di assumere la difesa della categoria;inoltre, l’atto di intervento deve essere considerato conforme alla previsione normativa.

Infatti, l’atto di intervento deve essere integrato dalla memoria, che è stata depositata il 24 dicembre 2010, e quindi nei termini per garantire il diritto di difesa.

3. Il ricorrente, nel contestare la proroga della concessione rilasciata alla Lido S. Giovanni, ha censurato il comma 18 dell’art. 1 del d.l. 30 dicembre 2009 n. 194, convertito dalla l. 26 febbraio 2010 n. 25, che, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia di concessioni demaniali, ha abrogato il comma 2 dell’art. 37 del codice della navigazione, che prevedeva il diritto di insistenza, e ha stabilito che il termine di durata delle concessioni in essere "alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data".

3.1. La necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata determinata dall’apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.

Si tratta della procedura d’infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime alle previsioni della "direttiva servizi", meglio conosciuta come direttiva Bolkenstein (direttiva 123/2006/CE). La Direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla Rappresentanza permanente presso la CE al Dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva rilevato che la preferenza accordata dall’articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all’articolo 43 del trattato che istituisce la Comunità europea, era in contrasto con l’articolo 12 della "direttiva servizi", di conseguenza aveva invitato le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere, entro il termine del 31 dicembre 2009, l’ordinamento italiano conforme a quello comunitario.

Nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turisticoricreative, con il comma 18 dell’articolo 1 d.l. 194/2009, è stata disposta l’abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 37 del Codice della navigazione, e la proroga delle concessioni in essere sino al 31 dicembre 2015.

Con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate.

In particolare la Commissione ha notato che la citata legge di conversione n. 25 del 2010 contiene all’articolo 1, comma 18, un rinvio all’articolo 01, comma 2 del decretolegge n. 400 del 1993, reintroducendo sostanzialmente la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni.

3.2.il ricorrente ritiene che l’art.1, comma 18, d.l. 194/2009,, prorogando automaticamente le concessioni in essere, sia in contrasto con gli artt. 43 e ss., 86 CE (ora 49 e ss. e 106 TFUE) e con gli artt. 3, 10, 41, 97 e 117 Cost., e chiede quindi la disapplicazione della normativa nazionale, ritenuta in contrasto con i principi comunitari, o comunque la rimessione della questione al Giudice Europeo o, in subordine, alla Corte costituzionale.

3.3. In sostanza, si tratta di stabilire se il termine di sei anni, con cui il legislatore ha prorogato le concessioni in essere, sia in contrasto con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento, o, al contrario costituisca l’introduzione di un legittimo regime transitorio.

La Corte costituzionale ha più volte ritenuto che, nel dettare norme transitorie, il legislatore gode della più ampia discrezionalità, con l’unico limite costituito dal rispetto del principio di ragionevolezza (cfr. sentenze 30 luglio 2008 n. 309, 6 luglio 2004 n. 219, 31 luglio 2002 n. 413

168 del 1985, n. 136 del 1991 e n. 378 del 1994).

Nel caso in esame, il termine di sei anni è stato stabilito per consentire l’introduzione di una nuova disciplina della materia conforme ai principi comunitari e, a parere del Collegio, non esorbita dalla sfera della discrezionalità legislativa.

Infatti, il termine di sei anni coincide con la durata minima delle concessioni, e sotto questo profilo costituisce un’ultima proroga, la cui ragione può essere individuata nella necessità di far rientrare dagli investimenti gli operatori che avevano comunque fatto affidamento sulla precedente legislazione in materia di diritto di insistenza, dando loro il tempo necessario all’ammortamento delle spese sostenute.

In sostanza, il legislatore ha effettuato un contemperamento degli interessi coinvolti, operando un adeguamento ai principi comunitari senza pregiudicare gli interessi degli operatori del settore.

È da rilevare in proposito che la Corte costituzionale ha già avuto modo di ritenere corretta la predisposizione di una disciplina transitoria "per impedire una serie di ostacoli operativi e concorsuali con rischi – connessi all’immobilizzo di ogni acquisizione di mercato – per il successivo reinserimento e quindi per la sopravvivenza di categorie di imprese esistenti e legittimamente operanti" (Corte. Cost., 31 luglio 2002, n. 413).

Pertanto, deve ritenersi che non è manifestamente irragionevole un regime transitorio che, nel regolare l’esaurimento delle situazioni preesistenti,formatesi in base a un regime all’epoca valido, indichi un termine di sei anni per l’adeguamento ai principi comunitari.

3.4. Non contrastano con questa soluzione le sentenze della corte costituzionale citate dalla ricorrente perché ambedue riguardano fattispecie non assimilabile a quella di specie.

Infatti, con la sentenza n. 180 del 2010, si è censurata la disposizione regionale che prorogava le concessioni per venti anni, e quindi per un termine ben maggiore, mentre con la sentenza n, 233 del 2010 si è censurata la disposizione regionale che concedeva la proroga a soggetti "non in possesso dei requisiti di legge".

3.5. La legittimità dell’operato del legislatore è poi confermata dai documenti depositati in giudizio dai quali si evince che la Commissione europea, con la lettera di messa in mora complementare del 10 maggio 2010, ha censurato solo il fatto che in sede di conversione sia stato mantenuto in vigore il richiamo dell’art. 1,comma 18, del d.l. n.194 del 2009 all’art. 03,comma 4 bis, del d.l. 5 ottobre 1993 n. 400,norma che a sua volta fa salve le disposizioni dell’art. 01,comma 2,fra le quali è ricompreso il rinnovo automatico della concessioni alla scadenza e per un ulteriore sessennio; nulla è stato eccepito sulla proroga sino al 2015.

4. Per questi motivi il ricorso deve essere respinto. Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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