Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-12-2010) 15-04-2011, n. 15401

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 27 luglio 2010, il Tribunale di Lecce, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di S. D., indagata per i reati di associazione per delinquere ed usura, confermava l’ordinanza del Gip di Lecce, emessa in data 2 luglio 2010, con la quale era stata applicata alla prevenuta la misura cautelare della custodia in carcere.

Il Tribunale, premesse alcune considerazioni in diritto, rilevava che nell’ordinanza impugnata il Gip aveva fornito una congrua motivazione in ordine agli elementi costitutivi dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 416 c.p., unitamente ad una adeguata argomentazione atta a delineare i gravi indizi di colpevolezza a carico di ciascun associato. Osservava, quindi, che dalle risultanze investigative, fondate sulle dichiarazioni rese dalle numerose vittima di usura ed estorsione, sui servizi di osservazione effettuati dalla Polizia Giudiziaria, sui risultati delle captazioni e sulle consulenze contabili in atti, emergevano gli elementi costitutivi del sodalizio criminoso ed i ruoli svolti dai singoli sodali. In particolare gli indagati S.A., F.F. e D. L. figuravano come organizzatori e dirigenti del sodalizio, mentre S.D. e S.M. figuravano come i principali collaboratori del fratello S.A., coadiuvandolo continuamente nella gestione dei prestiti. Quanto alla posizione di S.D., il Tribunale osservava che la sua organica partecipazione al sodalizio associativo emergeva innanzitutto da alcune conversazioni telefoniche captate sulla utenza in uso a S.A. dalle quali si desumeva una programmazione e piena condivisione, fra i due, di alcune fattispecie di pattuizione usuraia. L’organico inserimento della S. nel sodalizio criminoso risultava, inoltre, confermata da numerose deposizioni delle vittime dell’attività usuraia, in particolare dalle dichiarazioni di F.M..

Sulla scorta di tali elementi probatori il Tribunale riteneva pienamente integrata la soglia della gravità degli indizi posti a base del provvedimento cautelare, tanto per il reato associativo, quanto per i singoli episodi di usura contestati ai capi B) e C) ed L) ed M). Quanto ai reati di cui ai capi B) e C), la condotta usuraia della S. si concretava nel mettere a disposizione del fratello A. numerosi assegni tratti sul c/c bancario della società Toys s.r.l. di cui la S. è amministratore unico.

In proposito il Tribunale richiamava le dichiarazioni rese da D. P.D..

Quanto ai reati di cui ai capi L) ed M), il Tribunale richiamava le dichiarazioni rese da Fa.Ma., il quale aveva dato precise indicazioni in ordine alle modalità con le quali si svolgeva il finanziamento usuraio tramite operazioni di cambio di assegni postdatati, due dei quali erano stati consegnati personalmente a S.D.. Le dichiarazioni del Fa. risultavano riscontrate dagli accertamenti di P.G. in ordine alla movimentazione degli assegni e, con riferimento alla posizione di S. D., da alcune conversazioni telefoniche intercettate. Infine il Tribunale osservava che il quadro di gravità indiziaria, come sopra delineato, non veniva scalfito dalle giustificazioni addotte dalla S. nell’interrogatorio svoltosi, ai sensi dell’art. 294 c.p.p., l’8/7/2010 nel corso del quale l’indagata aveva fornito spiegazioni fumose, generiche ed incomprensibili. Dovevano essere respinte anche le giustificazioni addotte con l’istanza di riesame che puntava ad un’altra ricostruzione dei fatti in virtù della quale la S. assumeva la veste di beneficiario di prestiti anzichè di erogatrice di finanziamenti usurai.

Quanto alla pericolosità sociale, il Tribunale la ravvisava nel pericolo concreto di reiterazione di analoghi reati indicando la ramificazione della struttura associativa, la documentata pluralità dei canali di illecito finanziamento a fini usurari, la sistematicità delle condotte di usura ed estorsione e la sicura collocazione delle stesse in un più vasto contesto delinquenziale organizzato come elementi significativi del concreto pericolo di reiterazione di analoghe condotte delittuose e dell’elevata pericolosità sociale dei loro autori.

Concludeva, quindi, il Tribunale che la misura custodiale appariva proporzionata alla gravità dei fatti e l’unica idonea a recidere del tutto i legami con gli altri partecipi e dunque a salvaguardare le esigenze di cautela sociale.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagata, per mezzo del suo difensore di fiducia deducendo mancanza e manifesta illogicità della motivazione sia in relazione alla sussistenza del quadro di gravità indiziaria, sia in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari.

Con una corposa memoria, la difesa ricorrente solleva una serie di contestazioni specifiche nel merito della vicenda presa in considerazione dal Tribunale del riesame.

Innanzitutto la ricorrente si duole che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe manifestamente viziata nella misura in cui non ha vagliato le innumerevoli emergenze difensive riportate nella richiesta di riesame e corroborate da idonea documentazione che il Tribunale ha omesso di esaminare.

Al riguardo contesta le osservazioni riportate nella parte finale dell’ordinanza (fol.15) con le quali il Tribunale ha respinto la ricostruzione dei fatti fornita dalla difesa con la richiesta di riesame, osservando che tale motivazione, non corrispondente a "veridico storico", è palesemente illogica nella misura in cui non ha dato rilevanza alla analitica descrizione di tutte le fattispecie richiamate nei capi di imputazione.

Ribadisce quindi la tesi già avanzata con l’istanza di riesame che ciascuna operazione, ascritta a S.D. non sarebbe rappresentativa di una attività di finanziamento compiuta dalla stessa, ovvero dalla Toys s.r.L nei confronti dei terzi bensì, al contrario, bensì ciascuna operazione di "scambio-assegni" sarebbe indicativa di un finanziamento proprio nei confronti della Toys s.r.L, teso a creare la provvista necessaria per onorare i pagamenti in scadenza.

Quanto al reato associativo, la ricorrente contesta la sussistenza del quadro di gravità indiziaria, rilevando che lo stesso si fonda esclusivamente sulla captazione di conversazioni telefoniche intervenute con il fratello A., considerato a capo dell’associazione criminosa. Tali conversazioni, tuttavia, lungi dal palesare traffici usurari sarebbero riconducibili alle pratiche commerciali di finanziamento della Toys s.r.l. Sopra richiamate.

Pertanto le conclusioni assunte dal Tribunale in punto di gravità indiziaria non si fonderebbero su una quadro di gravi indizi, ma su un solo elemento fattuale, del quale era stata data una lettura "forzosa" ed in palese contraddizione rispetto alle stesse premesse investigative. La ricorrente quindi contesta l’interpretazione delle captazioni telefoniche ed il valore indiziante delle dichiarazioni rese da D.P.D. e da F.M.. Con riferimento ai reati di cui ai capi B) e C), la ricorrente contesta il valore indiziante della circostanza di aver provveduto all’incasso di due dei quattro assegni che il suocero di D.P.D. aveva dato al genero per soddisfare le pretese usurarie dei suoi aguzzini. Con riferimento ai reati di cui ai capi L) ed M), fa ricorrente contesta il valore indiziante della circostanza di aver provveduto all’incasso di due assegni rilasciati dal F. in favore del socio M.D..

Con riferimento ai reati di cui ai capi W ed X, la ricorrente contesta che possa configurarsi la condotta usuraria nella circostanza relativa all’assegno di Euro 6.000,00 che la stessa aveva dato a D.P.D..

La ricorrente inoltre si duole della ricostruzione del suo ruolo e della sua figura delineata nelle ordinanze impugnate ed eccepisce che tale ricostruzione appare palesemente smentita dal grave stato di predecozione in cui versa la Toys s.r.l., affetta da una grave esposizione debitoria nei confronti di UNICREDIT, dalla cui attività la S. ed il di lei coniuge traggono l’unica fonte di sostentamento. Sotto il profilo procedurale la ricorrente eccepisce la nullità dell’ordinanza del riesame per omessa valutazione della violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2 ter con riferimento alla posizione dei prevenuti S.A. e S.M..

Infine la ricorrente contesta la motivazione in punto di esigenze cautelari ed eccepisce l’assoluta mancanza di attuali e concrete esigenze cautelari, ai sensi dell’art. 274 c.p.p..

In particolare eccepisce che, non essendo emerso dalle indagini alcun ulteriore fatto reato posteriormente al maggio 2009, il rischio delle reiterazione di fattispecie criminose risulta escluso dall’esito delle indagini in atti.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Con riferimento al vizio di motivazione si ricorda che le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.

In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^, 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone).

Alla luce di tali principi il ricorso della S. deve come premesso, essere dichiarato inammissibile.

La ricorrente, in sostanza, si duole che la decisione impugnata sarebbe caratterizzata da una motivazione apparente ed illogica nella delibazione degli elementi di prova in atti, in particolare in punto di convergenza delle propalazioni dei diversi dichiaranti.

Tali obiezioni non possono essere condivise. In realtà nel caso di specie la motivazione del giudice del riesame appare specifica e priva di vizi logico-giuridici e complessivamente coerente, in punto di diritto, con gli insegnamenti di questa Corte in tema di governo della prova.

Nel caso di specie il provvedimento impugnato ha correttamente delineato il quadro della gravità indiziaria, che deriva dalle emergenze specificamente indicate.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà della ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagata trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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