Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-12-2010) 15-04-2011, n. 15390

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14/4/2010, la Corte di appello di Catania, confermava la sentenza del Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Paternò, in data 2/3/2001, che aveva condannato G. G. alla pena di mesi uno di reclusione ed L. 400.000 di multa per il reato di ricettazione di un assegno circolare.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.

Quanto al primo motivo, deduce violazione di norme procedurali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione in relazione agli artt. 516 e 522 c.p..

Al riguardo si duole della mancata correlazione fra l’imputazione contestata e la sentenza in quanto, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, era emerso che l’assegno circolare in questione non era provento di furto, bensì era stato smarrito dal possessore originario, R.M..

Quanto al secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 648 c.p. e vizio della motivazione. In proposito si duole che la Corte territoriale non abbia preso in considerazione le giustificazioni in ordine al possesso dell’assegno fornite dall’imputato, il quale aveva dichiarato di averlo ricevuto dalla propria madre, addenta alla cassa nel panificio di famiglia, la quale lo aveva ricevuto da un cliente, non identificato, che aveva acquistato un ingente quantitativo di pane, in occasione della festività di San Giuseppe, durante la quale a (OMISSIS) vi era la tradizione di imbandire enormi tavolate votive a cui partecipavano migliaia di persone.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Quanto al primo motivo la censura è destituita di fondamento.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti: "In tema di correlazione tra l’imputazione e la sentenza, si ha mutamento del fatto quando la fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge subisca una radicale trasformazione nei suoi tratti essenziali, tanto da realizzare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale fra contestazione e sentenza, perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione non sussiste se l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 36003 del 14/06/2004 Ud. (dep. 07/09/2004) Rv. 229756).

Nel caso di specie, peraltro, non vi è stato neanche formalmente un mutamento dell’imputazione dal momento che l’imputato tratto a giudizio per rispondere della ricettazione di uno specifico assegno circolare è stato condannato per la ricettazione del medesimo assegno. La circostanza che il reato presupposto della ricettazione fosse il furto ovvero l’appropriazione indebita di oggetti smarriti è irrilevante dal punto di vista della contestazione e dell’esercizio del diritto alla difesa dell’imputato.

Quanto al secondo motivo, le censure sono parimenti manifestamente infondate. n punto di diritto è sufficiente rilevare che la sussistenza dell’elemento soggettivo nel reato di ricettazione (vale a dire la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa) può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato e dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. Sez. 2, n. 2436, Ud. 27/02/1997, Rv.

207313; Sez. 2, n. 9861, Ud. 18/04/2000, Rv. 216778; Sez. 2, n. 11764 Ud. 20/01/2003, Rv. 223901; Sez. 2, n. 16949 Ud. 27/02/2003, Rv.

224634; Sez. 2, n. 25756 Ud. 11/06/2008, Rv. 241458).

Del resto, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite: "l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12433 del 26/11/2009 Ud. (dep. 30/03/2010) Rv.

246324).

Nel caso di specie la Corte ha desunto la prova dell’elemento soggettivo da una valutazione di inattendibilità delle giustificazioni del possesso fornite dall’imputato. Rispetto a tale giudizio che si fonda sull’apprezzamento delle circostanze del fatto, non sarebbe concepibile un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici di merito.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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