T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 13-04-2011, n. 615 Associazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Le associazioni ricorrenti:

– premessi alcuni cenni sulle finalità perseguite per statuto e sulle ragioni della scelta di ricorrere avanti al Tar per contestare la decisione del MATTM di escludere, dalla procedura di VIA, il progetto di S. di incrementare la massima capacità produttiva di dicloroetano (DCE) dell’impianto DL 1 / 2 di Porto Marghera; e

premessi cenni ulteriori sul "ciclo del cloro" del Petrolchimico di Porto Marghera, hanno impugnato la pronuncia, non nota all’epoca del ricorso introduttivo, di esclusione dalla VIA del progetto di incremento, alla massima capacità produttiva (da 100.00 t. / anno, a 170.000 t. / anno di DCE) dell’impianto DL 1 / 2 ubicato nel complesso petrolchimico di Porto Marghera.

Le ricorrenti affermano, in particolare, che:

l’incremento di produttività previsto dal progetto, anche se non vi fossero interventi di modifica fisica dell’impianto, implica che ci si trovi in presenza di una modifica sostanziale alle caratteristiche dell’impianto stesso, con la conseguenza che la modifica suddetta avrebbe dovuto essere assoggettata a VIA;

– dall’attuazione dell’intervento previsto nel progetto deriva un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, in base a quanto dispongono il DPCM 27 dicembre 1988 e la Direttiva 85/337. Il progetto comporta modifiche significative all’impianto in argomento. L’assoggettamento a VIA di una modifica di un’opera che rientra nella categoria delle opere sottoposte a VIA presuppone semplicemente che il progetto determini una modifica sostanziale a talune delle caratteristiche dell’opera, e ciò indipendentemente dalla sussistenza, o meno, di possibili effetti ambientali derivanti da tali modifiche;

l’assoggettamento a VIA sussiste ogni qual volta occorra valutare il possibile verificarsi di effetti sull’ambiente derivanti da modifiche progettuali;

anche se il passaggio dagli attuali 100 kt/anno di DCE alla massima capacità tecnicamente sostenibile di circa 170 kt/anno non richiede alcuna modifica di opere né di tecnologia, ma comporta solamente un incremento del consumo e dell’utilizzo di materiali, ciò nondimeno appare configurabile una modifica sostanziale delle caratteristiche progettuali, e quindi un’opera sostanzialmente diversa da quella precedente, con conseguente assoggettamento a procedura di VIA.

Le ricorrenti hanno presentato al Tar una istanza istruttoria volta a fare acquisire agli atti del giudizio, dal MATTM, gli atti, i provvedimenti e i documenti del procedimento. E" stata emanata l’ord. pres. istr. n. 32/08, in adempimento della quale il MATTM ha depositato in giudizio gli atti e i documenti richiesti.

Nel giugno del 2008 le ricorrenti hanno presentato motivi aggiunti avverso il parere n. 940 del 28 giugno 2007 della Commissione VIA presso il MATTM, parere con il quale si è ritenuto che non sussistano fattori che possano causare ripercussioni sull’ambiente tali da rendere necessaria la procedura di VIA di cui all’art. 6 della l. n. 349/86 per il progetto "de quo", a condizione che vengano rispettate le prescrizioni elencate a pagina 22 del parere medesimo (con determinazione dirigenziale della DSA del MATTM in data 9 luglio 2007, di recepimento del parere n. 940/07, il progetto verrà escluso dall’assoggettamento a VIA).

Con atto di motivi aggiunti notificato nel giugno del 2008 le ricorrenti hanno dedotto sei motivi, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili. In particolare, è stato dedotto il vizio di carenza di presupposti, sottolineando che il MATTM avrebbe seguito una procedura inapplicabile al caso concreto. Le modifiche sostanziali dell’opera avrebbero dovuto comportare l’assoggettamento obbligatorio della stessa alla procedura di VIA. Anche a non voler ritenere l’intervento in parola assoggettabile a VIA statale, lo stesso avrebbe dovuto essere sottoposto a VIA regionale, e ciò ai sensi dell’art. 1, comma 3, del d.P.R. 12 aprile 1996, e dell’art. 3, comma 1, lett. e) della l. reg. n. 10/99.

Le ricorrenti sottolineano, poi, che le linee 1 / 2 dell’impianto DL sono entrate in esercizio negli anni Novanta senza che mai fossero state sottoposte a procedura di VIA, quantunque sin dal 1989, anno di entrata in vigore della normativa, vi fosse un obbligo esplicito in questo senso stabilito dall’art. 1, comma 1, del DPCM n. 377/88 anche per gli impianti chimici integrati (lett. f), e dal comma 2 della disposizione medesima per le modifiche degli stessi. Ogni raffronto, quantitativo e qualitativo, operato dal provvedimento impugnato e relativo all’utilizzo delle sostanze, al consumo di risorse e alle emissioni chimiche e fisiche in atmosfera, nel suolo e nell’acqua, tra l’attuale stato produttivo dell’impianto e il progetto del futuro assetto produttivo, è privo di termini di riferimento acquisiti "secundum legem", poiché effettuato su un impianto mai prima sottoposto alla VIA, alla sottoposizione alla quale era ed è obbligato. Appare dunque impropria -proseguono le ricorrenti- ogni comparazione rispetto a una situazione industriale precedente che mai ha formato oggetto della prescritta VIA. Proprio per questa ragione è illegittimo il giudizio di esclusione del MATTM formulato sulla base di una verifica eseguita in assenza dei presupposti ai quali avrebbe dovuto fare riferimento: proprio perché si tratta di impianto che sin dalla sua realizzazione non fu reso oggetto della obbligatoria procedura di VIA, a maggior ragione, oggi, il MATTM avrebbe dovuto pronunciarsi per l’assoggettamento alla procedura di VIA dell’intervento di modifica.

Le ricorrenti soggiungono che in modo illegittimo la Commissione VIA statale e la DSA del MATTM hanno individuato, tra gli elementi non ostativi all’esclusione dalla procedura di VIA, la concomitante esistenza della procedura di rilascio dell’AIA, avente a oggetto l’impianto DL 1 / 2, procedura disciplinata dal d. lgs. n. 59 / 05.

E" stata, infine, rilevata la inosservanza della normativa, di cui all’art. 23 del d. lgs. n. 334/99 e all’art. 6, comma 9, della l. n. 349/86, dettata per la informativa e la partecipazione del pubblico.

S. si è costituita e, dopo avere premesso che l’impianto DL 1 / 2 per la produzione DCE si inserisce nell’ambito di un unico assetto produttivo, quello del "ciclo integrato del cloro" di Porto Marghera, e che la richiesta di utilizzare la piena capacità produttiva degli impianti è direttamente collegata alla modifica del ciclo produttivo del cloro determinata, nel 2006, dalla fermata del ciclo di produzione del TDI; e avere illustrato il ciclo del cloro, l’evoluzione dell’assetto impiantistico e altri aspetti tecnico -giuridici, fino alla procedura di autorizzazione all’incremento della capacità produttiva (v. memoria S. 6 novembre 2009, da pag. 1 a pag. 21), ha eccepito, in rito:

la inammissibilità del ricorso a causa della mancata indicazione del provvedimento impugnato;

la inammissibilità dei motivi aggiunti per tardività;

la inammissibilità del giudizio per carenza di legittimazione e interesse in capo a entrambe le associazioni ricorrenti (v. memoria citata, da pag. 24 a pag. 30).

Nel merito, Syyndial ha rilevato la infondatezza della pretesa avversaria, concludendo per il rigetto del giudizio (da pag. 30 a pag. 49).

Con memoria integrativa datata 13 dicembre 2010 S., dopo avere rammentato che il 12 novembre 2009 il MATTM ha rilasciato, alla società, l’AIA, con prescrizioni, per l’esercizio dell’impianto DL 1 / 2 dello stabilimento di Porto Marghera (nell’AIA viene dato atto dell’avvenuto rispetto delle prescrizioni nn. 3 e 5 impartite con il parere n. 940/07 -v. doc. 26 fasc. S., pag. 40), e che l’AIA non è stata impugnata dalle associazioni ricorrenti, ha ipotizzato che le ricorrenti, avendo omesso di impugnare l’AIA, abbiano prestato acquiescenza al provvedimento che autorizza l’esercizio dell’impianto. Sotto questo profilo, sostiene la difesa di S., si può eccepire la inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, di tutti i motivi proposti dalle ricorrenti.

Si è costituito in giudizio il MATTM, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato.

L’Avvocatura ha controdedotto concludendo per il rigetto del ricorso.

Il giudizio è stato interrotto e quindi riassunto.

S. ha depositato in giudizio il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale (AIA), relativo all’impianto DL 1 / 2, rilasciato dal MATTM il 12 novembre 2009.

Con memoria depositata in prossimità della udienza di discussione la difesa delle ricorrenti ha affermato di avere inteso impugnare anche il provvedimento di AIA intervenuto il 12 novembre 2009 per l’impianto DL 1 / 2.

Dopo avere rilevato le differenze tra procedura di VIA e procedura di AIA, la difesa delle ricorrenti ha sottolineato che la procedura di AIA, culminata con il rilascio dell’autorizzazione del 12 novembre 2009, non può sostituirsi alla procedura venuta a mancare con il provvedimento di esclusione dalla VIA.

Di qui la infondatezza dell’eccezione di inammissibilità ("recte", di improcedibilità) del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dalla difesa di S. in considerazione della mancata impugnazione dell’AIA. Nessuna postuma "capacità sanatoria" dell’impugnata verifica di esclusione dalla VIA può essere attribuita a un provvedimento di AIA destinato a un altro scopo.

All’udienza del 19 gennaio 2011 -nel corso della quale la difesa di S. ha, tra l’altro, fatto presente l’omessa impugnazione, da parte delle ricorrenti, del Protocollo d’intesa del 14 dicembre 2006- il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

2.Considerata la infondatezza del ricorso nel merito, il Collegio può fare a meno di prendere posizione sulle eccezioni in rito sollevate dalla difesa di S..

2.1.- Va solo premesso, in rito, sul rilievo di parte ricorrente in base al quale con il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, risalenti, si noti, all’ottobre del 2007 e al giugno del 2008, si sarebbe inteso impugnare anche il provvedimento di AIA intervenuto il 12 novembre 2009, per l’impianto DL 1 / 2, trattandosi di provvedimento implicitamente compreso nella formula di impugnazione "tutti gli atti presupposti, antecedenti, contestuali e conseguenti o comunque connessi, anche non conosciuti"; in merito al rilievo su esposto, si diceva, il Collegio ritiene che non possa rientrare, nel presente giudizio, come oggetto di impugnazione, l’AIA del 12 novembre 2009, menzionata, per la prima volta, nella memoria di replica delle ricorrenti del 29 dicembre 2010. Infatti, secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, nei ricorsi giurisdizionali la formula (di stile) secondo la quale devono intendersi impugnati anche gli atti presupposti, connessi e conseguenti al provvedimento o ai provvedimenti gravati in via principale, non è sufficiente a far ricomprendere nell’oggetto del ricorso anche gli atti non espressamente indicati (Cons. St., V, nn. 80/11 e 6018/04; IV, 2389/07)

"Ciò costituisce del resto puntuale applicazione dei fondamentali principi del processo (anche di quello amministrativo) tesi a garantire il diritto di difesa e il pieno contraddittorio tra le parti, secondo quanto postulato dagli articoli 24 e 111 della Costituzione, dovendo assicurarsi a tutte le parti processuali, e nel caso di specie alle parti intimate, la effettiva possibilità di svolgere le proprie adeguate difese, il che presuppone necessariamente la esatta individuazione e la non equivoca indicazione dei provvedimenti impugnati, oltre che la conoscenza anche dei vizi di cui gli stessi sono affetti, condizioni che non ricorrono nella ricordata formula di stile, non potendo ragionevolmente addossarsi alle parti l’onere di stabilire se, oltre gli atti espressamente impugnati, ve ne siano anche altri (impugnati implicitamente) e quali essi siano, e di intuirne anche gli eventuali vizi" (così CdS, 80/11 cit.).

2.2.Chiarito quindi, in via preliminare, che il provvedimento di AIA esula dal presente giudizio, va rilevato adesso che, come si è anticipato in maniera dettagliata sopra, al punto 1., a sostegno della domanda di annullamento della decisione con la quale il MATTM ha disposto di escludere dall’assoggettamento a procedura di VIA il progetto di utilizzazione piena della capacità produttiva dell’impianto DL 1 / 2 vi è il rilievo per cui, in sintesi, il suddetto, pieno utilizzo costituirebbe una modifica sostanziale dell’opera, con ripercussioni negative sull’ambiente e conseguente ricaduta tra gli interventi di cui all’art. 1, comma 2, secondo periodo, del DPCM n. 377/88, in relazione all’art. 1, comma 1, lett. f) -"impianti chimici integrati", del decreto medesimo. Le caratteristiche dell’opera modificata sarebbero infatti diverse dalle caratteristiche dell’opera precedente.

A questo riguardo il Collegio, per una illustrazione completa della vicenda nella quale si inserisce l’atto impugnato, intende prima di tutto richiamare le premesse in fatto di S., sul ciclo del cloro, di cui ai punti 1. e seguenti della memoria in data 6 novembre 2009 (v., in particolare, da pag. 5 a pag. 21), sottolineando, in particolare, con la difesa di S.:

che la richiesta di S. di utilizzare la piena capacità produttiva degli impianti è direttamente collegata alla modifica del ciclo produttivo del cloro determinata nel 2006 dalla fermata del ciclo di produzione del TDI (toluendisocianato);

che nel Protocollo di Intesa del 14 dicembre 2006 S. si impegnava ad assicurare il massimo della produzione dell’impianto DL 1 e DL 2 passando dagli attuali 100 kt/anno alla massima capacità tecnicamente sostenibile, pari a circa 170 kt/anno, evitando gli impatti che sarebbero potuti derivare da una integrazione del DCE dall’esterno via nave;

che tale assetto, di massima capacità produttiva tecnicamente sostenibile, non comportava alcun intervento di modifica impiantistica né di ampliamento dell’impianto medesimo, essendo l’impianto nato tecnicamente dimensionato per la capacità produttiva prevista dal Protocollo, alla quale si poteva giungere attraverso la semplice variazione quantitativa dei fluidi in ingresso all’impianto;

che il pieno utilizzo della capacità produttiva dell’impianto DL 1/2 consentiva di compensare l’aumentato fabbisogno di DCE per via della chiusura degli impianti TDI e di ridurne così l’approvvigionamento dall’esterno;

che, sotto il profilo degli impatti ambientali, l’incremento della capacità produttiva delle linee DL1 e DL2 avrebbe consentito di concentrare all’interno dello stabilimento di Porto Marghera la produzione di DCE e di ridurre sia gli impatti legati al trasporto via nave del DCE, sia quelli legati al successivo stoccaggio del DCE trasportato;

che, al termine dell’istruttoria svolta, la Commissione VIA presso il MATTM, con motivazione assai articolata, ha ritenuto insussistenti fattori che possano causare ripercussioni sull’ambiente tali da rendere necessaria la procedura di VIA di cui all’art. 6 della l. n. 349/86 per il progetto in questione, a condizione che vengano rispettate le prescrizioni elencate a pagina 22 del parere medesimo. In particolare, nella parte conclusiva del parere la Commissione VIA ha osservato: "che il progetto di utilizzo della massima capacità produttiva dell’impianto DL 1/2 non comporta, di fatto, significativi elementi di carico ambientale aggiuntivo rispetto alla situazione attuale, così come risultante dalle analisi fornite dal proponente in relazione alle singole componenti ambientali; che, viceversa, la riduzione del trasporto via nave del DCE dal sito di Assemini consente sia il miglioramento del quadro emissivo complessivamente connesso al ciclo del DCE stesso, sia la riduzione degli impatti associati al transito delle navi nel delicato ambito della Laguna di Venezia e delle relative aree protette, sia, infine, pur difficilmente quantificabile, una diminuzione del rischio connesso alle operazioni di trasporto, scarico, trasferimento e stoccaggio del DCE; che, ancorché l’impianto DL1/2 non sia stato sottoposto in precedenza a procedura di VIA, non si ravvisano elementi ostativi alla esclusione dell’intervento in esame da tale procedura, sia per i motivi sopra detti, sia perché l’impianto è attualmente oggetto di concomitante procedura di rilascio dell’AIA, nell’ambito della quale potranno essere eventualmente evidenziati ulteriori elementi connessi alle caratteristiche dell’impianto esistente, e quindi anche prescritti interventi aggiuntivi di adeguamento ambientale" (pag. 21 del parere n. 940/07).

Pertanto, la Commissione VIA ha concluso ritenendo "che non sussistano fattori che possano causare ripercussioni sull’ambiente tali da rendere necessaria la procedura di VIA di cui all’art. 6 della legge 349/86 per il progetto di incremento alla massima capacità produttiva dell’impianto DL 1/2 della società S., ubicato nel complesso petrolchimico di Porto Marghera (VE), a condizione che vengano rispettate le prescrizioni più sotto elencate" (v. pag. 22 par. cit.), prescrizioni relative: a) al monitoraggio delle emissioni sonore nei tre mesi successivi all’avvio dell’esercizio alla massima capacità produttiva, in conformità con le indicazioni del DM 16.3.98; b) alla presentazione, prima dell’entrata in esercizio, di uno studio volto a verificare la possibilità di convogliamento e riduzione delle emissioni diffuse, salvo diverse disposizioni date in sede di AIA; c) alla trasmissione, al termine di ogni anno di esercizio, al Ministero e all’ARPAV di un rapporto dettagliato contenente i dati relativi alle emissioni, ai prelievi idrici, agli scarichi e ai rifiuti prodotti, alle attivazioni in emergenza del camino 159; d) all’aggiornamento dello "Studio di Sicurezza Integrato d’Area di Porto Marghera" ai sensi dell’art. 8, comma 7, lettera c), del D.Lgs. n. 334/99.

Con determinazione dirigenziale della DSA del MATTM in data 9 luglio 2007, di recepimento del parere n. 940/07, il progetto è stato escluso dall’assoggettamento a VIA.

Ciò posto si ritiene significativo rimarcare, ripercorrendo il percorso difensivo di S. e condividendolo, che:

S. ha sottoposto a procedura di verifica il potenziamento della capacità produttiva dell’impianto DL1/2, ai sensi dell’art. 10 (Modifiche di uno stabilimento), comma 2, lettera c) del d. lgs. n. 334/99, il quale prevede che "il gestore deve, secondo le procedure e i termini fissati nel decreto di cui al comma 1 (…) comunicare la modifica all’autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale, che si deve pronunciare entro un mese, ai fini della verifica di assoggettabilità alla procedura prevista per tale valutazione";

l’istruttoria è stata regolarmente condotta dalla Commissione VIA attraverso l’esame di tutta la documentazione tecnica presentata dalla società, compresa quella prodotta in risposta alla richieste di integrazione, e si è svolta in modo approfondito, dettagliato e ampiamente motivato, come si ricava dalla lettura del parere n. 940/07;

– in particolare la Commissione dà atto che l’aumento di produzione dell’impianto DL 1/2 di S. si inserisce nel quadro degli impegni assunti dalla Società in sede di accordi programmatici e procedimentali con l’Amministrazione e in un’ottica di gestione unitaria ed integrata dell’intero ciclo del cloro, sottolineando che "l’intervento proposto si inserisce nel piano di riassetto del ciclo integrato cloro/dicloroetano/cloruro di vinile del sito multi societario di Porto Marghera, conseguente alla fermata definitiva degli impianti TDI" e che l’istanza per l’incremento della capacità produttiva degli impianti DL1/2 è stata presentata "nell’ottica della gestione integrata del sito e sulla base degli accordi intercorsi (come più sotto descritti)" (cfr. pag. 2 par. cit.);

nel parere si precisa poi in modo congruo, che la valutazione del progetto ai fini dell’assoggettabilità a VIA deve tener conto del contesto complessivo del ciclo integrato del cloro, in quanto "ancorchè direttamente connesso alle esigenze produttive della società Ineos Vinyls (ed in particolare dell’impianto CVM/PVC (CV2223/CV2425), si ritiene che il progetto non possa essere svincolato, nelle sue finalità, da quelle complessive del ciclo del cloro, così come sancito anche dal Protocollo di Intesa del 14/12/2006 e che quindi è in questa ottica che devono essere valutate le motivazioni del progetto stesso, che diversamente si riferirebbero all’efficienza del processo produttivo di un singolo impianto" (cfr. pag. 3);

la Commissione ha preso atto poi che l’intervento in sé non comporta modifiche all’assetto dell’impianto, ma solo l’adozione di misure di natura gestionale, osservando che "l’incremento non comporterà modifiche impiantistiche, ma soltanto un maggior utilizzo di cloro e di etilene, provenienti da altri impianti del polo petrolchimico di Porto Marghera" (cfr. fine pag. 2 par.);

più in dettaglio, la Commissione ha esaminato la possibile incidenza del nuovo assetto sulle varie componenti ambientali coinvolte dal processo produttivo, osservando in particolare che:

le emissioni in atmosfera connesse all’esercizio dell’impianto "post operam" "non subiranno sostanziali variazioni" (cfr. pagine 14 e 15);

la componente atmosferica (qualità dell’aria) non subisce variazioni negative rispetto alla situazione "ante operam" e anzi "il quadro emissivo risulta nell’insieme migliorativo" (cfr. pagine 17 e 18);

nella situazione "post operam" non sono previsti aumenti significativi dell’utilizzo di energia elettrica e di vapore (cfr. pag. 16);

la componente ambiente idrico (qualità del corpo idrico ricettore) non subisce variazioni negative rispetto alla situazione "ante operam" e "anzi la riduzione del traffico di navi in aree particolarmente delicate, e soggette a tutela, quali quelle della Laguna, comporterà sicuri benefici ambientali per l’ambiente lagunare stesso" (cfr. pag. 19);

la componente suolo e sottosuolo non subisce variazioni negative rispetto alla situazione "ante operam" (cfr. pag. 19);

le componenti vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi non subiscono nessuna variazione significativa rispetto alla situazione "ante operam" (cfr. pagine 19 e 20);

con riferimento alla componente rumore "non si attendono effetti sostanziali sul clima acustico" (cfr. pag. 20);

nella situazione "post operam" non sono previste variazioni significative dei reflui acquosi inviati a trattamento presso l’impianto CS30 né variazioni delle tipologie di rifiuto prodotte (cfr. pagine 16 e 17);

nella situazione "post operam" non vengono a mutare le emissioni degli impianti di trattamento delle emissioni gassose (CS28) e di trattamento delle acque reflue (CS30pag. 13);

a fronte dell’incremento della produzione di DCE "si determinerà una riduzione del trasporto via nave" e una conseguente diminuzione del relativo impatto sull’ambiente (cfr. pag. 17);

a seguito della riduzione del trasporto via nave è prevista anche "una riduzione dei rifiuti prodotti in connessione con tale trasporto, consistenti essenzialmente nei carboni attivi a servizio dello sfiato del serbatoio di stoccaggio del DCE" (cfr. pag. 17);

alla luce dei dati emersi la Commissione ha concluso che l’utilizzo della massima capacità produttiva dell’impianto DL1/2 "non comporta, di fatto, significativi elementi di carico ambientale aggiuntivo rispetto alla situazione attuale";

come detto sopra la Commissione, "in conclusione" (v. pag. 21 par.), ha espresso l’avviso che l’utilizzo della piena capacità produttiva dell’impianto DL1/2 per integrare la riduzione del DCE determinata dalla fermata dell’impianto TDI finisca con l’avere ripercussioni positive e migliorative rispetto alle condizioni attuali. Nel parere si evidenzia (v. pag. 25):

sia il miglioramento del quadro emissivo complessivamente connesso al ciclo del DCE;

sia la riduzione degli impatti associati al transito delle navi nel delicato ambito della Laguna di Venezia;

sia, infine, pur difficilmente quantificabile, una diminuzione del rischio connesso alle operazioni di trasporto, scarico, trasferimento e stoccaggio del DCE.

Alla luce delle considerazioni formulate nel parere impugnato, all’esito di una analisi oggettivamente assai approfondita, e diversamente da ciò che affermano le associazioni ricorrenti:

l’intervento previsto non comporta la realizzazione di "un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente" (art. 1, comma 2, del DPCM n. 377/88), non determinando alcuna modifica dell’impianto e delle sue dimensioni;

come accertato dalla Commissione VIA, la modifica programmata non determina, di fatto, ripercussioni negative sull’ambiente tali da rendere necessaria la sottoposizione del progetto alla procedura di VIA, comportando, invece, un "miglioramento del quadro emissivo complessivamente connesso al ciclo del DCE"(par. cit., pag. 21), ferma l’osservanza delle prescrizioni enumerate a pagina 22;

– la variazione prevista è finalizzata a consentire l’utilizzo dell’impianto nella sua effettiva piena capacità produttiva, come stabilito nel Protocollo di Intesa del 14 dicembre 2006. Il progetto sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA riguarda infatti l’incremento della capacità produttiva dell’impianto sino a raggiungere la massima capacità tecnicamente sostenibile di 170 Kt/anno. Come rammentano le difese di MATTM e S., l’impianto DL 1 / 2 era stato progettato sin dall’origine e tecnicamente dimensionato per raggiungere proprio la capacità produttiva richiesta di 170 Kt / anno, e l’esercizio dell’impianto con portate inferiori alla capacità produttiva non era affatto correlato all’effettiva capacità tecnica dello stesso.

Per raggiungere la piena capacità di esercizio non occorrono modifiche né ampliamenti dell’impianto, e nemmeno l’ingresso di nuovi preparati o sostanze, ma soltanto un incremento delle materie prime utilizzate per la produzione, come chiaramente documentato nella relazione tecnica integrativa presentata da S. (doc. 18 fasc. S.).

Posto dunque che l’incremento della produzione di DCE non configura, di per sé, una modifica sostanziale dell’impianto, il Collegio ritiene che in modo corretto l’Amministrazione, al termine di un’istruttoria eseguita avendo riguardo alle finalità complessive del ciclo del cloro, e tenuto anche conto della fermata del ciclo di produzione del TDI, abbia preso la decisione di escludere la necessità di ricorrere alla procedura di VIA.

Non appaiono infatti individuabili notevoli ripercussioni negative sull’ambiente derivanti da modifiche o estensioni dell’opera. Secondo quanto detto sopra, le ripercussioni sull’ambiente appaiono, semmai, attenuative (si è già visto che l’incremento della produzione di DCE consentirà una drastica riduzione del trasporto dello stesso DCE via nave -v. pag. 15 parere), e in ogni caso l’utilizzazione della piena capacità produttiva non appare tale da aggravare in modo sensibile il contesto ambientale. Del resto, la normativa comunitaria subordina la doverosità di una nuova verifica di VIA soltanto alla accertata compromissione dei valori ambientali, derivante dalle modifiche apportate. La direttiva 97/11/CE, che ha modificato la precedente direttiva 85/337/CEE, prevede l’obbligo di effettuare una nuova verifica di compatibilità ambientale per le intervenute modifiche dell’opera, già sottoposta a VIA, (art. 4, 2° comma) solo nel caso di "modifiche o estensioni di progetti dì cui all’allegato I o all’allegato II già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente". Inoltre, non sembra inutile soggiungere, anche se si tratta di disposizione non applicabile, "ratione temporis", alla controversia odierna, che la verifica di assoggettabilità è "attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se progetti possono avere un impatto significativo e negativo sull’ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto" (art. 5, lett. m), del d. lgs. n. 152/06, come modificato dall’art. 2 del d. lgs. n. 128/10).

In assenza, dunque, di tali requisiti, e soprattutto di una incidenza negativa dell’intervento sul territorio, in modo legittimo il MATTM ha escluso il progetto dalla procedura di VIA.

La rilevata violazione dell’obbligo di assoggettare a VIA il progetto "de quo", quindi, non sussiste.

S. ha osservato la procedura prevista dall’art. 10/ C) del d. lgs. n. 334/99.

La valutazione dell’impatto ambientale non costituisce, del resto, un mero giudizio tecnico, suscettibile, in quanto tale, di essere verificato sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo (Cons. St., VI, nn. 2851/06 e 548/04); apprezzamento che il giudice amministrativo può sottoporre a sindacato soltanto qualora risulti evidente lo sconfinamento dal potere discrezionale riconosciuto all’amministrazione. Il che non si è verificato nel caso in esame, dato che la decisione di non assoggettare l’intervento alla procedura di VIA è stata presa all’esito di una istruttoria assai approfondita condotta dagli organi tecnici competenti e deliberata dal MATTM con provvedimento ampiamente motivato ed immune da vizi.

Circa la censura, formulata nel ricorso, e ripetuta nei motivi aggiunti, secondo la quale "il pronunciamento di esclusione… implica il non assoggettamento a valutazione di impatto ambientale dell’intero impianto DL 1/2 Dicloroetano, esso pure obbligato a valutazione ai sensi del D.P.C.M. 377/1988, art. 1, comma 1, lettera f, sopra citato; obbligo, questo, in vigore dal 6 gennaio 1989 e, a quanto noto, non ancora ottemperato" (pag. 16 del ricorso; in questi termini v. anche pagine 1516 dei motivi aggiunti), il Collegio aderisce alla tesi difensiva di S. per la quale, in sostanza, le ricorrenti contestano, oggi, non già l’illegittimità del mancato assoggettamento alla VIA delle "modifiche" progettate, ma l’esistenza stessa e la legittimità della attivazione dell’impianto fin dal suo assetto originario. La inammissibilità della censura deriva dal fatto che si tratta di questione estranea all’oggetto del presente giudizio, incentrato sulla asserita illegittimità della decisione di escludere dalla procedura di VIA il progetto di utilizzare la piena capacità produttiva dell’impianto DL 1 / 2.

Correttamente infatti S. rimarca che l’impianto è stato costruito ed è entrato in esercizio, nell’attuale assetto, in virtù di decreti e provvedimenti ormai consolidati, che non possono più essere messi in discussione, a distanza di anni.

Quanto poi al rilievo -invero formalistico- secondo cui l’esatta corrispondenza tra il testo del provvedimento finale del MATTM (la comunicazione degli esiti della verifica) e il parere reso dalla Commissione VIA avrebbe in sostanza trasformato la Commissione nell’organo "deliberativo" (e non soltanto consultivo) riducendo la DSA del MATTM a un mero soggetto "comunicatore" di un atto disposto da altri, va osservato che:

la DSA del MATTM ha assegnato alla Commissione VIA statale l’istruttoria tecnica relativa all’intervento in esame, in conformità con le previsioni di legge in materia;

al termine dell’istruttoria la Commissione ha ritenuto non assoggettabile alla procedura di VIA l’utilizzo della piena capacità produttiva dell’impianto DL1/2, per le ragioni ampiamente illustrate nel parere n. 940/07;

il Direttore Generale ha recepito integralmente le valutazioni della Commissione e ha comunicato gli esiti della verifica con proprio decreto, dal medesimo sottoscritto, alla S., e ad altri soggetti;

legittimamente la DSA del MATTM, "autorità competente" ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 334/99 ad assumere le determinazioni concernenti l’assoggettabilità alla procedura di VIA di modifiche di progetti di impianti, ha recepito le approfondite valutazioni tecniche formulate dalla Commissione e le ha riportate in modo testuale nel provvedimento conclusivo del procedimento.

Nessuna "confusione di competenze e attribuzioni" appare dunque individuabile nel caso in questione.

Con la seconda censura dell’atto di motivi aggiunti le ricorrenti sostengono che la valutazione effettuata dalla Commissione VIA avrebbe seguito il modulo procedimentale proprio della verifica di esclusione laddove, invece, la Commissione avrebbe dovuto aderire al (diverso) modulo procedimentale della verifica di assoggettabilità.

La tesi prospettata è infondata, dovendosi avere riguardo alla sostanza del potere esercitato e della procedura posta in essere.

In questa prospettiva è possibile trarre utili elementi interpretativi -indipendentemente dalla diretta applicazione delle norme sotto indicate al caso di specie- dagli articoli 1, comma 6, e 10, comma 1, del d.P.R. 12 aprile 1996 (che ha introdotto la verifica di assoggettabilità, sia pure con riferimento alle opere elencate nell’allegato B del medesimo decreto), la quale ultima disposizione prevede che la verifica è finalizzata ad "individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente"; e dall’art. 7 della legge regionale Veneto n. 10/99 il quale prevede la procedura di verifica dell’assoggettabilità alla VIA regionale dei progetti elencati negli allegati definendo tale fase preliminare (v. art. 7) come la verifica richiesta dal soggetto proponente "al fine di stabilire se l’impatto sull’ambiente, in relazione alle caratteristiche del progetto, comporta la necessità dello svolgimento della procedura di valutazione di impatto ambientale". Alla richiesta deve essere allegata la descrizione del progetto e una relazione con i dati necessari per individuare e valutare i possibili impatti sotto il profilo ambientale e territoriale (art. 7, comma 3, l. reg. cit.).

Inoltre, nel d. lgs. n. 152/06, come modificato dal decreto n. 4/08 e da decreti successivi, la verifica di assoggettabilità è definita come "la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi o progetti possono avere un impatto significativo sull’ambiente". All’art. 20 del d. lgs. n. 152/06 -Verifica di assoggettabilità,, dopo avere previsto che tale verifica si applica anche ai progetti elencati nell’allegato II del testo unico (ovvero ai progetti di competenza statale), viene previsto che "se il progetto non ha impatti negativi o significativi sull’ambiente l’autorità competente dispone l’esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni".

Merita adesione la tesi difensiva della S. secondo la quale si fa discendere, dalla verifica (negativa) di "assoggettabilità", il provvedimento di "esclusione" dalla relativa procedura, e ciò a dimostrazione del fatto che le due espressioni non individuano due modelli procedimentali "sostanzialmente differenti", ma si riferiscono invece al medesimo procedimento.

Di qui l’erroneità del punto di partenza interpretativo fatto proprio dalle ricorrenti e la infondatezza della censura per la quale sarebbe stata seguita la procedura di verifica dell’esclusione e non quella di verifica dell’assoggettabilità.

La verifica di assoggettabilità di un progetto alla procedura di VIA implica e richiede che il progetto sottoposto a verifica sia considerato nelle sue componenti tecniche e nelle sue potenziali ripercussioni sull’ambiente e si concluda, nel caso di assenza di impatti ambientali significativi o in mancanza di modifiche sostanziali, con un provvedimento che ne disponga la non assoggettabilità o l’esclusione.

Quanto al profilo di censura -subordinato- secondo cui, una volta esclusa l’assoggettabilità alla VIA statale, la Commissione e la DSA del MATTM avrebbero dovuto attestare l’assoggettamento del progetto alla VIA regionale ai sensi sia dell’art. 1, comma 3, del DPR 12 aprile 1996, sia dell’art. 3, comma 1, lett. e), della L. R. Veneto n. 10/99 (v. pag. 10 dei motivi aggiunti), va osservato, con la difesa di S., che:

la suddivisione delle competenze in materia di VIA tra Stato e Regioni è disciplinata dal legislatore statale nel senso di individuare con precisione, attraverso l’indicazione dei parametri e delle caratteristiche degli impianti, le tipologie di interventi sottoposte all’una o all’altra procedura (e competenza) in materia di VIA (statale o regionale), senza che tra l’una e l’altra possa sussistere un rapporto di sussidiarietà;

con il DPR 12 aprile 1996 il Governo, a ciò delegato con la legge comunitaria 22 febbraio 1994, n. 146 -art. 40, ha adottato l’"atto di indirizzo e di coordinamento relativo alle condizioni, criteri e norme tecniche per l’applicazione della procedura d’impatto ambientale" da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano relativamente ai progetti inclusi nell’allegato II della direttiva del consiglio 85/337/CEE;

con riferimento ai suddetti progetti il DPR prevede specifici criteri di identificazione individuando due elenchi: i progetti indicati nell’allegato A comprendono tipologie progettuali assoggettate a VIA esclusivamente in ragione delle proprie caratteristiche qualiquantitative; i progetti di cui all’allegato B comprendono le tipologie progettuali sottoposte a VIA in relazione al loro sito di ubicazione (opere ricadenti in aree naturali protette);

l’art. 1 precisa, però, che resta ferma la competenza statale per quegli impianti di cui agli allegati A e B "sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale nell’ambito della competenza del Ministero dell’ambiente" e per le modifiche di progetti già sottoposti a valutazione da parte del Ministero (v. commi 10 e 11 dell’art. 1);

restano inoltre riservati alla competenza statale i progetti previsti all’allegato I della direttiva 85/337/CEE (cfr. art. 4, paragrafo 1, Dir.), non compresi tra quelli ai quali fa riferimento il DPR del 1996 (che espressamente riguarda i progetti di cui all’allegato II della direttiva -cfr. art. 4, paragrafo 2, Dir.). I progetti di cui all’allegato I della direttiva sono quelli enumerati all’art. 1 del DPCM 10 agosto 1988, n. 377 (successivamente modificato con DPR 11 febbraio 1998), tra i quali ricadono, appunto, anche quelli relativi agli impianti chimici integrati (v. lett. f);

la Regione Veneto, nell’approvare una propria legge in materia di VIA (v. l. reg. n. 10/99), ha recepito le indicazioni e i criteri dettati dal legislatore statale con il precedente DPR 12 aprile 1996, prevedendo anch’essa tipologie e caratteristiche dei progetti assoggettati alla VIA regionale. Ma la fattispecie "de qua" non ricade nel campo di applicazione della l. reg. n. 10/99, trattandosi di progetto da assoggettare, sussistendone i presupposti, a procedura di VIA statale (conf., sulla ripartizione dei progetti, e delle relative competenze in materia di VIA, tra la sede statale e le disposizioni di leggi regionali, l’art. 7, commi 3 e 4, del t. u. n. 152/06, come modificato dal d. lgs. n. 4/08, con conseguente insussistenza di una competenza regionale, in tema di VIA, sussidiaria rispetto a quella statale e che consenta di sottoporre a una nuova VIA, da parte della Regione, un intervento o una modifica di un impianto che abbia già formato oggetto di esame da parte della competente autorità statale. E nella specie la Commissione VIA, al termine dell’istruttoria tecnica effettuata, ha escluso che l’intervento "de quo" fosse da sottoporre alla procedura di VIA (statale) per le ragioni di carattere "sostanziale" ampiamente illustrate nel parere.

Quanto al terzo motivo aggiunto, sul fatto che l’incremento della capacità produttiva non costituisce, di per sé, una modifica sostanziale dell’opera, con ogni conseguenza di legge sull’assoggettamento obbligatorio alla procedura di VIA ai sensi dell’art. 1, comma 2, del DPCM n. 377/88 -vale a dire sul "cuore della questione"- si è detto sopra, nella prima parte del p. 2.2..

Sul quarto motivo appare sufficiente ribadire l’inammissibilità della censura atteso che l’impianto è stato costruito ed è entrato in esercizio, nell’attuale assetto, in virtù di decreti e provvedimenti ormai consolidati, che non possono più essere rimessi in discussione, a distanza di anni.

Con il quinto motivo aggiunto viene rimarcata l’attuale pendenza della procedura di AIA (che, iniziata nell’aprile del 2007, si concluderà nel novembre del 2009 con un provvedimento positivo di AIA con prescrizioni), e il parere della Commissione VIA viene fatto oggetto di critica nella parte in cui, a pagina 21, è espresso l’avviso secondo cui non vi sono elementi ostativi a escludere l’intervento dalla procedura di VIA (anche) perché l’impianto è attualmente oggetto di concomitante procedura, appunto, di AIA, "nell’ambito della quale potranno essere evidenziati ulteriori elementi connessi alle caratteristiche dell’impianto esistente, e quindi anche prescritti interventi aggiuntivi di adeguamento ambientale".

Si sostiene poi che in modo illegittimo viene rimandata alla procedura di rilascio dell’AIA la decisione circa "ulteriori elementi connessi alle caratteristiche dell’impianto esistente, e quindi anche prescritti interventi aggiuntivi di adeguamento ambientale".

La censura va respinta per la decisiva ragione che il riferimento sopra trascritto non appare determinante ai fini dell’accertamento di legittimità del giudizio formulato, essendo stato fatto solo per rafforzare la motivazione della decisione che è fondata, invece, in primo luogo, sulla assenza di ripercussioni negative per l’ambiente.

Detto altrimenti, il riferimento alla concomitante procedura di rilascio dell’AIA costituisce elemento valutativo e motivazionale aggiuntivo a sostegno della decisione dell’Amministrazione sulla non necessità di sottoporre il progetto a VIA.

Appare evidente che non c’è stato nessun intento di "delegare" o di "rinviare" ad altra sede le valutazioni proprie della procedura di VIA, valutazioni eseguite dalla Commissione con il parere n. 940/07.

Va infine esaminato e deciso il sesto motivo aggiunto, concernente inosservanza della normativa dettata per l’informativa e partecipazione del pubblico, ovvero dell’art. 23 del d. lgs. n. 334/99 e dell’art. 6, comma 9, della l. n. 349/86, disposizioni le quali – rispettivamente -stabiliscono che (art. 23 cit.) "la popolazione interessata deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere nei casi di:… b) modifiche di cui all’articolo 10", in presenza del presupposto indicato nel medesimo art. 23, e per le opere soggette a valutazione di impatto ambientale viene sancito il diritto di qualsiasi cittadino all’informazione e alla consultazione, cui si collega il diritto di questi soggetti ad esprimere istanze, osservazioni o pareri a riguardo (v. pag. 18 motivi aggiunti). Dagli atti di causa non risultano espletati tali obblighi per l’intervento in questione.

La censura va respinta giacchè, a parte il fatto che il sopra menzionato art. 23 collega l’informazione alla popolazione interessata alla condizione che "le modifiche di cui all’art. 10" siano assoggettate alle disposizioni in materia di pianificazione del territorio previste dal decreto n. 334/99, condizione che le ricorrenti non comprovano sia avvenuta, resta il fatto che, in base alla formulazione delle norme, l’attivazione di meccanismi di informazione e partecipazione appare subordinata all’esito positivo della procedura di verifica dell’assoggettabilità, ossia presuppone l’avvio in concreto della procedura di VIA.

In conclusione, ricorso e motivi aggiunti possono essere respinti.

Le spese di lite vanno compensate, avuto riguardo alle tematiche dibattute e alla complessità della controversia sia in fatto sia in diritto.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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