T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 13-04-2011, n. 614 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il Questore di Venezia ha emesso il decreto in epigrafe visti gli articoli 11 e 43 del TULPS, approvato con r. d. n. 773 del 1931. In base alle norme suindicate la licenza di porto di fucile per uso di caccia può essere revocata a chi non dà affidamento di non abusare delle armi.

A giustificazione della disposta revoca il Questore ha richiamato in particolare la comunicazione di notizia di reato datata 29.11.2000 della Polizia di Frontiera di Trieste, relativa alla violazione degli articoli 20 bis, comma 2, e 16, della l. n. 110/75. Il deferimento del C. all’Autorità giudiziaria riguardava un fatto di omessa custodia di fucile per uso caccia (per i particolari dell’episodio si rinvia al rapporto della Prefettura di Venezia del 9 gennaio 2002 e alla relazione della Questura di Venezia del 23 aprile 2001, in atti). A sostegno della decisione assunta il Questore ha affermato che a causa del comportamento descritto è venuto meno il requisito della "completa affidabilità", indispensabile nel settore delle armi. Nella motivazione del decreto si specifica che il mantenimento del titolo di polizia rappresenterebbe un potenziale pericolo per i primari interessi dell’ordine e della sicurezza pubblica, preminenti e superiori a quello individuale, consistente in una mera attività ricreativa".

Il C. ha proposto ricorso gerarchico avverso il decreto del Questore deducendo violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione e inadeguatezza.

Con decreto prefettizio in data 12 giugno 2001 il ricorso amministrativo è stato respinto. Nella motivazione del provvedimento si evidenzia che la Questura non ha valutato l’episodio sotto l’aspetto giudiziario, la cui competenza, peraltro, è di un’altra autorità pubblica, ma l’ha considerato per la inequivocabile carenza di affidabilità del comportamento che dallo stesso emerge. Il Prefetto soggiunge che il C., "nella circostanza, ha deliberatamente abbandonato il proprio fucile -sebbene occultato e smontato- in un’area accessibile a chiunque e priva di qualsiasi mezzo di custodia adeguato, onde proseguire il viaggio intrapreso". Il succitato comportamento non è stato improntato alla necessaria prudenza e diligenza e la condotta del ricorrente non può ritenersi, in prospettiva futura, consona a quella cui deve ispirarsi il titolare di un’autorizzazione in materia di armi.

Il ricorrente ha avversato i decreti sopra riassunti deducendo con un’unica, articolata censura, violazione di legge ed eccesso di potere e osservando, in particolare, di essere stato solo indagato senza avere riportato alcuna condanna a pena restrittiva della libertà personale, e che nel caso di specie non sussiste alcuno dei presupposti legittimanti l’adozione di un provvedimento di revoca. In particolare, l’apprezzamento sulla carenza di affidabilità nel comportamento appare immotivato e ingiusto.

L’Amministrazione dell’interno, benché ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Con ordinanza collegiale n. 34 del 2011 la sezione ha richiesto alla Prefettura – UTG di Venezia di depositare in segreteria, entro il 10 febbraio 2011, una concisa relazione sui fatti di causa, corredata degli atti e dei documenti del procedimento che si è concluso con l’impugnato decreto prefettizio, e di acquisire e trasmettere copia della sentenza pronunciata dal Tribunale di Trieste nei confronti del ricorrente.

La Prefettura ha ottemperato alla predetta ordinanza, depositando la documentazione richiesta in data 3.2.2011.

La Prefettura ha trasmesso, tra l’altro, le sentenze emesse nei confronti del C., dalle quali risulta che:

– in relazione al reato p. e p. dall’art. 16 della l. n. 110/75, con riferimento all’art. 17 T.U.L.P.S. (esportazione fuori del territorio nazionale di munizioni per arma comune da sparo, in assenza della prescritta autorizzazione) il Tribunale di Trieste in data 9.7.2004 ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta oblazione;

– in merito al reato p. e p. dall’art. 20bis della l. n. 110/75, il Tribunale di Trieste ha pronunciato, in data 16.11.2005, sentenza di condanna alla pena di mesi due di arresto, poi sostituiti con la corrispondente sanzione pecuniaria di Euro 2.280,00 di multa.

2.- Il ricorso è infondato e va respinto.

In merito al rilievo difensivo secondo cui il C. si è visto revocare la licenza di porto di fucile per uso caccia "risultando solo indagato e senza avere riportato condanna a pena restrittiva della libertà", sulla non necessarietà dell’accertamento della responsabilità penale per giustificare la revoca dei provvedimenti in materia di armi la giurisprudenza della sezione ha costantemente affermato (v., di recente, le sentenze nn. 6043/2010, 3610/09, 2752/09 e 2750/09) che "in materia di autorizzazioni a portare e a detenere armi l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, correlato anche alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti;

– più in particolare, considerata la finalità preventiva dei provvedimenti concernenti le armi, per giustificare l’adozione dei provvedimenti medesimi non è richiesto un comprovato abuso ma è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità di polizia circa la possibilità dell’abuso delle armi medesime. In altre parole, per revocare una licenza in materia di armi, o per vietare la detenzione di armi, non occorre un oggettivo e accertato abuso, essendo sufficiente una erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto (v. anche Cons. St., VI, n. 4487/06 e Tar Calabria -Catanzaro, I, n. 254/10, ivi rif.);

– sempre in considerazione della finalità preventivo -cautelare dei provvedimenti suddetti, gli stessi non sono necessariamente collegati a un’accertata responsabilità di carattere penale ma costituiscono il risultato di un apprezzamento amministrativo di distinta natura e di diversa portata, e possono assumere a presupposto, quali indici rivelatori della capacità di abuso, fatti ed episodi indipendenti dall’attivazione di procedimenti penali riferiti a reati contestualmente ravvisabili, avuto riguardo al momento della emanazione del provvedimento lesivo. Detto altrimenti, nella prospettiva secondo cui, per giustificare divieti come quello in esame, non occorre un accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che l’interessato non dia affidamento di non abusare delle armi medesime, per sorreggere un divieto ex art. 39 TULPS (ma la stessa cosa vale anche per un diniego o una revoca di licenza di porto di fucile per uso caccia, arg. ex articoli 11 e 43/C) TULPS -n. d. est.) bastano singoli episodi, anche privi di rilievo penale, purché l’apprezzamento della pubblica autorità non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo".

Tanto premesso in termini generali in merito alla non necessarietà dell’accertamento della responsabilità in sede penale per sorreggere un provvedimento di revoca di porto di fucile per uso caccia (che, si noti, attiene a un interesse individuale di carattere ricreativo), la questione da risolvere si sposta adesso sull’apprezzamento in ordine alla sufficienza della motivazione, e alla ragionevolezza, tenuto anche conto della documentazione depositata in giudizio, del giudizio di "non affidabilità" formulato, dall’autorità di pubblica sicurezza, nei provvedimenti impugnati, a carico dell’odierno ricorrente.

A questo proposito il Collegio è dell’avviso che la valutazione fatta dapprima dalla Questura e, successivamente, confermata dalla Prefettura, non sia implausibile e sia stata motivata in modo sufficiente, anche considerando che:

– la notizia di reato è stata trasmessa alla Procura della Repubblica dalla stessa autorità di pubblica sicurezza che aveva provveduto, a seguito delle indicazioni fornite dallo stesso C., a recuperare il fucile da caccia occultato nei pressi del confine di Stato;

– in merito al reato di esportazione fuori del territorio nazionale di munizioni per arma comune da sparo, in assenza della prescritta autorizzazione, l’odierno ricorrente ha sostanzialmente ammesso la propria responsabilità, pagando la somma richiesta per l’oblazione del reato, dopo di che è intervenuta sentenza di n. d. p. per intervenuta oblazione;

– in relazione all’altro reato il C. è stato condannato dal Tribunale di Trieste. Nella sentenza si legge che ai fini della sussistenza del reato di cui al citato art. 20 bis, comma 2, della l. n. 110/75 è sufficiente la semplice omissione delle cautele, e non è necessario l’effettivo impossessamento delle armi da parte di una delle persone indicate nel primo comma della stessa norma. Il Tribunale, in base alle risultanze in fatto sintetizzate a pag. 3 sent., è pervenuto ad affermare la responsabilità penale del C. per avere abbandonato un fucile da caccia tra arbusti e tavole di legno nei pressi del confine trascurando di adoperare le cautele necessarie per impedire che potessero impossessarsi agevolmente dell’arma alcune delle persone indicate nel primo comma del citato art. 20;

indipendentemente dall’esito giudiziario della vicenda, resta il fatto che il fucile, sebbene occultato e smontato, è stato deliberatamente abbandonato in un’area accessibile a chiunque e non protetta, il che denota un comportamento non improntato alla indispensabile prudenza.

Dall’esame degli atti del procedimento emergono insomma in maniera adeguata le ragioni dell’apprezzamento di inaffidabilità posto a sostegno dell’impugnata revoca, avuto riguardo alla credibilità, corroborata dall’esito del processo penale, della ricostruzione dell’episodio del 28 gennaio 2000. L’apprezzamento della pubblica autorità, oltre a essere motivato in modo congruo e a essere collegato a un fatto specifico, non appare viziato sotto il profilo della irragionevolezza. Diversamente da quanto sembra ritenere il ricorrente, nel decidere di revocare la licenza il Questore si è fondato su una "qualificata segnalazione" di condotta idonea a far dubitare, anche per indizi, della permanenza dei requisiti di affidabilità richiesti dal TULPS, come prevede la circ. min. 9 maggio 2003.

Il comportamento segnalato nella notizia di reato della Polizia di frontiera di Trieste è stato legittimamente ritenuto sufficiente per poter formulare ragionevoli dubbi su una possibile sopravvenuta carenza di affidabilità nell’uso delle armi da parte del C..

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Non si fa luogo a pronuncia sulle spese, dato che l’Amministrazione dell’interno non si è costituita.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *