T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 13-04-2011, n. 611 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Il Prefetto di Rovigo ha emesso il decreto in epigrafe ai sensi dell’art. 39 del TULPS, approvato con r. d. n. 773 del 1931, secondo il quale "il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne".

Nelle premesse del decreto il Prefetto richiama una nota del 20 febbraio 2009 con la quale la Questura di Rovigo:

ha comunicato che, in seguito al deferimento del F. all’A. G. per le ipotesi di reato di lesioni personali e ingiurie (articoli 582 e 594 cod. pen.) in danno di terzi, il 7 febbraio 2009 è stata disposta la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia, e respinta l’istanza di rilascio della carta europea di arma da fuoco con il ritiro delle armi detenute eseguito, in via cautelare, lo stesso 20 febbraio; e

ha proposto al Prefetto di vietare la detenzione di armi al F., "non più affidabile sotto il profilo del non abuso delle armi".

Il Prefetto, inoltre:

dà atto dell’avvenuta comunicazione dell’avvio del procedimento e della presentazione, da parte del F., di una memoria procedimentale, con richiesta di archiviazione, motivatamente ritenuta non accoglibile; e

soggiunge che con nota del 18 aprile 2009 la Questura di Rovigo ha espresso l’avviso che gli elementi di valutazione indicati sono comunque sufficienti per sostenere che il F. non sia in possesso del requisito della piena affidabilità previsto dagli articoli 11 e 43 del TULPS evidenziando, poi, che a carico del F. sono stati emessi, nel 2004 e nel 2008, due decreti penali di condanna rispettivamente per molestie alle persone e per guida in stato di ebbrezza: di qui la conferma della inaffidabilità ai fini della detenzione delle armi.

Avverso e per l’annullamento del decreto sopra riassunto il ricorrente ha dedotto: 1) nullità del decreto per omessa notifica; 2) violazione degli articoli 7, 8 e 10 della l. n. 241/90; 3) violazione degli articoli 11, 39 e 43 del TULPS ed eccesso di potere per insufficiente approfondimento nel merito dei fatti contestati; e 4) eccesso di potere per valutazione erronea ed illogicità della motivazione del provvedimento.

Per quanto riguarda, in particolare, la censura sub 3), e in merito all’episodio avvenuto il 12 aprile 2008 all’interno del locale discobar "Brivido" sito in Porto Viro – s. s. 309 Romea, il F. ha osservato:

che nell’occasione non era in possesso di armi e che non vi è alcuna connessione tra il fatto in questione e la capacità di abusare delle armi. Non si vede pertanto ove sia il presupposto della capacità di abuso;

che la Questura non ha verificato il fatto mediante i necessari approfondimenti, tenuto anche conto dell’esistenza di seri -e motivati- dubbi sull’attendibilità della denunciante. Inoltre, in data 5 agosto 2009 la Pagliarini ha rimesso la querela per i fatti su esposti, la remissione di querela è stata accettata dal F., il reato è estinto e i fatti stessi non potranno essere presi in considerazione. Il ricorrente deposita inoltre quattro dichiarazioni, aventi data successiva a quella del decreto impugnato, tranne una, dirette a discolpare il F.;

di essere un soggetto affidabile, e ciò per numerose ragioni, che sono elencate a pagina 7 ric.;

che, quanto al decreto penale di condanna per molestie, decorsi due anni la pena si estingue, come pure ogni altro effetto penale della condanna;

che in occasione dell’episodio, del 3 giugno 2008, relativo alla guida in stato di ebbrezza, non era in possesso di armi. In ogni caso si è trattato di un fatto isolato, privo di qualsiasi collegamento con l’affidabilità sotto il profilo dell’uso delle armi.

Resiste l’Amministrazione dell’interno.

Con istanza di prelievo depositata in data 8 novembre 2010 il legale del F. ha fatto presente:

che con sentenza n. 2750/10 il Tar ha respinto il ricorso proposto contro la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia ma che con la sentenza stessa il ricorrente è stato invitato a sottoporre alla Questura una istanza di riesame dell’affare alla luce dei fatti avvenuti dopo l’adozione del provvedimento impugnato (il ricorrente intende riferirsi alla intervenuta remissione della querela e alla condotta del F. di rispetto scrupoloso del protocollo previsto per coloro ai quali è stata contestata la violazione dell’art. 186 cod. strad. -guida in stato di ebbrezza). La stessa Avvocatura dello Stato, con una nota difensiva depositata in prossimità dell’udienza di trattazione del giudizio nel merito, ha riconosciuto che la sopravvenuta remissione della querela, pur non determinando in via retroattiva l’illegittimità dell’atto, abilita l’interessato a chiedere una rivalutazione delle decisioni.

2.1.In via preliminare va evidenziata la infondatezza della censura di illegittimità sub 1), proposta con riferimento alla omessa notifica del provvedimento impugnato (il decreto del Prefetto è stato infatti notificato al legale del F., avv. Antonella Raimondi). La censura va disattesa in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo dato che il F. è comunque venuto a conoscenza del provvedimento impugnato e ha ugualmente potuto esercitare il proprio diritto di difesa in giudizio.

2.2.- Vanno respinte anche le censure "centrali" della controversia, vale a dire i motivi sub 3) e 4), sopra sintetizzati al p. 1.. A questo proposito, il Collegio non ha che da fare richiamo alle considerazioni svolte dalla sezione con la sentenza -di rigetto- n. 2750/09 pronunciata sul ricorso proposto contro il decreto del Questore di sospensione di licenza di porto di fucile per uso caccia. Va rilevato, in via preliminare e generale, che, ai sensi dell’art. 39 del R. D. 18 giugno 1931, n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne. Parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. La disciplina sopra ricordata concorre alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da un indebito uso e dalla inosservanza degli obblighi di custodia, nonché dalla commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa. In questa materia l’autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, correlato anche alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti. I provvedimenti di autorizzazione alla detenzione e al porto d" armi postulano, quindi, che il beneficiario di essi sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata alla puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, oltre che delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati. I provvedimenti negativi, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando, in capo all’amministrazione, l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime. In altre parole, per giustificare l’adozione di un divieto ex art. 39 cit. è sufficiente un plausibile e motivato convincimento dell’autorità prefettizia circa la prevedibilità o comunque la possibilità dell’abuso delle armi medesime. Sempre in considerazione della finalità preventivo -cautelare dei provvedimenti suddetti, gli stessi non sono necessariamente collegati a un’accertata responsabilità di carattere penale ma costituiscono il risultato di un apprezzamento amministrativo di distinta natura e di diversa portata, e possono assumere a presupposto, quali indici rivelatori della non affidabilità di non abuso delle armi, fatti ed episodi indipendenti dall’attivazione di procedimenti penali riferiti a reati contestualmente ravvisabili, avuto riguardo al momento della emanazione del provvedimento lesivo. In questa prospettiva, la sopravvenuta remissione di una querela (che costituisce condizione di procedibilità dell’azione penale, prova ne sia che se nel corso del processo penale viene rimessa la querela il giudice pronuncia una sentenza di non doversi procedere (art. 529 c.p.p.) e non una sentenza di assoluzione (art. 530 c.p.p.), senza esprimere quindi alcuna decisione sulla sussistenza o meno del fatto, che rimane impregiudicata); la remissione di una querela, si diceva, poiché opera sul piano della procedibilità in sede penale ma non elide di certo il fatto nei suoi aspetti materiali e non influisce quindi sulla discrezionalità dell’Amministrazione, che resta ampia (Tar Liguria, nn. 854/09, 253/08 e 56/07), può ritenersi ininfluente ai fini della verifica di legittimità del provvedimento finale negativo, avuto riguardo, lo si ripete, al momento della adozione dell’atto lesivo. Provvedimenti come quello impugnato si fondano su apprezzamenti distinti e autonomi rispetto al sindacato posto in essere dal giudice penale. Ciò non esclude, tuttavia, che una remissione di querela successiva all’atto impugnato possa assumere rilievo per giustificare una istanza di riesame dell’atto medesimo fondata su fatti sopravvenuti. In altre parole, la P. A. ben può porre a fondamento di provvedimenti in materia di armi fatti oggetto di querela rimessa, a condizione che i fatti indicati nella querela trovino dei riscontri e appaiano ragionevolmente in grado di incidere sulla affidabilità del soggetto interessato quanto al corretto uso delle armi. Con riferimento al caso in esame, dalla lettura del decreto impugnato e degli atti del procedimento emergono in maniera adeguata le ragioni dell’apprezzamento di inaffidabilità posto a sostegno dell’impugnato divieto ex art. 39, avuto riguardo, lo si ripete, al momento della adozione del decreto. L’apprezzamento del Prefetto, oltre a essere motivato in maniera congrua e ad apparire collegato a un fatto specifico, non è viziato sotto il profilo della irragionevolezza. Il fatto indicato nella querela che, come si è già detto, trova riscontro nel referto medico prodotto in giudizio, è stato legittimamente ritenuto sufficiente per poter formulare dubbi su un possibile abuso delle armi da parte del richiedente. In particolare, l’autorità emanante ha fatto riferimento, in modo non irrazionale, a un comportamento idoneo a far dubitare di un pieno autocontrollo del F.; a una condotta, cioè, in grado di incidere in modo negativo, avendo riguardo al momento della adozione dell’atto lesivo, sulla affidabilità circa il corretto uso delle armi. Le considerazioni su esposte hanno carattere decisivo ai fini della reiezione delle censure nn. 3) e 4). Tuttavia vale aggiungere, quanto all’episodio del 3 giugno 2008 di guida in stato di ebbrezza alcolica (1,46 g. / lt., ossia circa tre volte il tasso alcolico consentito dalla normativa vigente per poter condurre un veicolo a motore -cfr. nota Commissariato P. S. di Porto Tolle 1° dicembre 2008), che se occorre dare atto che quando lo stato di ebbrezza alcolica è occasionale o isolato lo stesso non può costituire, di norma, ragione sufficiente per ritenere che un soggetto non dia affidamento di non abusare delle armi (v., da ultimo, Tar Veneto, III, sent. n. 444/11 sulla insufficienza di un singolo, isolato episodio di guida in stato di ebbrezza per giustificare una revoca di licenza di porto di fucile per uso caccia), d’altra parte non può escludersi che un tasso alcolico assai elevato, come è accaduto nel caso in esame, possa influire sull’autocontrollo della persona. Anche qui, peraltro, il F. potrà chiedere un riesame della situazione segnalando all’UTG di essersi sottoposto, con esito positivo, a tutti gli esami e i controlli fissati dalla commissione patenti, tanto che il documento di guida gli è stato restituito (v. doc. 24 e 25 fasc. ric.).

2.3.- Quanto infine alla violazione degli articoli 7, 8 e 10 della l. n. 241/90, rilevata sull’assunto che nell’avviso di avvio del procedimento in data 2 marzo 2009 la Prefettura ha contestato al F. il venire meno del requisito dell’affidabilità richiamando in via esclusiva l’avvenuto deferimento all’A. G. per i reati di cui agli articoli 582 e 594 cod. pen., mentre (solo) nel provvedimento finale (v. pag. 3) il Prefetto ha contestato al F. altre due circostanze di rilievo ai fini della inaffidabilità, vale a dire due decreti penali di condanna, uno per molestie e l’altro per guida in stato di ebbrezza, il Collegio osserva quanto segue:

– da una analisi approfondita del decreto impugnato emerge che il divieto di detenere armi e munizioni si fonda, essenzialmente, sul deferimento del F. all’A. G. per lesioni personali e ingiurie. Alle pagine 2 e 3 del decreto il Prefetto, in modo non irragionevole (v. "infra", p. 2.3.), classifica il deferimento anzidetto come una "qualificata segnalazione di evento o condotta che possa far dubitare, anche per indizi, della permanenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla norma" (cfr. circ. min. 10 maggio 2003 n. 557). In questo contesto il richiamo, contenuto a pagina 3 dell’atto impugnato, ai decreti penali di condanna per molestie alle persone e per guida in stato di ebbrezza, decreti che la Questura di Rovigo ha segnalato alla Prefettura con nota del 18 aprile 2009, appare tutt’altro che decisivo al fine di accertare la legittimità del provvedimento in epigrafe, essendo i riferimenti suddetti stati fatti solo per rafforzare la motivazione del divieto il quale si regge, invece, come detto, in maniera autonoma, sul significativo episodio del 12 aprile 2008. Detto altrimenti, il richiamo ai decreti penali di condanna costituisce elemento aggiuntivo rispetto al nucleo fondamentale della motivazione, che riguarda "l’episodio della discoteca";

appare ipotizzabile, effettivamente, una non piena coerenza tra la motivazione del provvedimento finale annunciata con l’avviso di avvio del procedimento ("risulta che la S. V. è stata deferita all’A. G. per i reati di cui agli articoli 582 e 594 cod. pen….e che, in relazione a detta circostanza, la Questura ha disposto la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia…", anche se è corretto aggiungere che nel decreto di sospensione della licenza si rammentava che il F., il 3 giugno 2008, era stato sorpreso alla guida della propria autovettura in stato di ebbrezza alcolica e per tale reato deferito all’A. G.), e la motivazione addotta a sostegno del decreto, contraddistinta da un richiamo in senso "rafforzativo" ai decreti penali di condanna, i quali non erano stati menzionati in modo esplicito nell’avviso di avvio;

tuttavia è vero anche che nel caso in esame può trovare applicazione l’art. 21 -octies, comma 2, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, aggiunto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, il quale ha stabilito che "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Il legislatore ha inteso far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali nei casi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell’amministrazione. Nel caso in esame, da un lato giova ripetere che il contraddittorio in sede procedimentale sul deferimento all’A. G. per lesioni personali e ingiurie è stato pieno; dall’altro, secondo ogni verosimiglianza, una partecipazione del F. al procedimento estesa anche alla questione del decreto penale di condanna per molestie non avrebbe potuto incidere sul contenuto finale del provvedimento. Su quest’ultimo aspetto va precisato che l’estinzione del reato prevista dall’art. 460, comma 5, c. p. p. riguarda ogni effetto penale ma, a parte che l’effetto estintivo del reato va dichiarato dal giudice, come avviene per la riabilitazione, mentre nella specie non risulta emessa alcuna pronuncia giudiziale, l’estinzione anzidetta non elimina il fatto storico rilevante che continua a esistere e a produrre tutti quegli effetti giuridici che non sono rimossi dal beneficio estintivo (cfr. Cons. St. n. 5973/09).

Il ricorso va dunque respinto ma il ricorrente potrà chiedere all’Amministrazione di riesaminare le proprie decisioni, alla luce delle circostanze sopravvenute dopo l’adozione del decreto. Ci si riferisce, in particolare, alla intervenuta remissione della querela e al fatto che il F. risulta essersi sottoposto con esito positivo, a tutti gli esami e ai controlli fissati dalla commissione patenti, tanto che il documento di guida gli è stato restituito (v. doc. 24 e 25 fasc. ric.).

Le spese vanno compensate, tenuto conto delle peculiarità della vicenda.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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