Cons. Stato Sez. III, Sent., 14-04-2011, n. 2334 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società M. C. s.r.l., in proprio e quale capogruppo di un’Ati con altre imprese, è stata esclusa dalla procedura di gara indetta dal Provveditorato per le OO.PP. della Toscana e dell’Umbria per l’affidamento dei lavori di restauro ed adeguamento funzionale della "Villa Salviati" in Firenze, dopo che in precedenza ne era risultata aggiudicataria provvisoria.

L’esclusione, disposta con atto del Provveditore per le OO.PP. del 7.3.2008, è stata motivata in ragione sia di alcuni precedenti penali non dichiarati in sede di gara, sia dell’informativa interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Napoli nei confronti proprio della M. C. s.r.l.

Proposto ricorso avverso tale provvedimento, integrato da motivi aggiunti recanti l’impugnazione anche della citata informativa nonché della nuova aggiudicazione disposta in favore del C. E., con sentenza n. 6457 del 2010 il Tar per la Toscana, sez. II, confermando le precedenti pronunce cautelari in primo ed in secondo grado, ha respinto le censure concernenti le omesse dichiarazioni sui precedenti penali ed ha ritenuto inammissibili quelle relative all’informativa prefettizia.

Le società ricorrenti hanno proposto il presente appello chiedendo la riforma della sentenza sulla base di quattro motivi, il primo dei quali è volto a contestare la gravità dei decreti penali non dichiarati in gara ed i restanti tre sono rivolti a confutare la legittimità dell’informativa prefettizia sottolineando, tra l’altro, come la stessa sia stata già annullata dal Tar Campania con sentenza n. 8887/2009.

Si sono costituiti solo formalmente i Ministeri delle Infrastrutture e dei trasporti e dell’Interno.

All’udienza pubblica dell’8.4.2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

1. Osserva in premessa il Collegio come l’esclusione, e la conseguente decadenza dall’aggiudicazione provvisoria, disposta nei confronti delle società appellanti, sia stata giustificata dalla stazione appaltante sulla base di un duplice ordine di motivi: da un lato, la difformità tra quanto dichiarato e quanto accertato in sede di controllo in ordine ai requisiti di moralità ex art. 38 lett. c) del D.lgs. 163/2006; dall’altro, l’esistenza di un’informativa interdittiva adottata dalla Prefettura di Napoli.

2. Quanto al primo profilo in contestazione, il Provveditorato ha accertato l’esistenza di alcuni decreti penali di condanna risalenti agli anni "90 emessi nei confronti del direttore tecnico della M. C., dell’amministratore unico della mandante N. Costruzioni, nonché dell’amministratore unico e direttore tecnico della mandante Elettromeccanica – in due casi per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni e sulla sicurezza dei lavoratori ed in un terzo caso per furto continuato – qualificando quindi la dichiarazione resa in sede di gara come non veritiera e, in applicazione dell’art. 75 del D.P.R. 445/2000 in combinato disposto con l’art. 38 comma 2 del D.lgs. 163/2006, ne ha disposto l’esclusione dalla procedura.

Ciò posto, ad onta delle censure dedotte con il primo motivo di appello in merito a tale profilo, deve sottolinearsi come, nel caso in esame, sia dirimente la circostanza che la legge di gara (segnatamente il modello B della domanda di partecipazione, allegato al bando) imponesse ai concorrenti, a pena di esclusione, di dichiarare qualunque condanna penale a loro carico, anche se non definitiva, riservandosi espressamente la stazione appaltante "di valutare se il reato commesso precluda o meno la partecipazione all’appalto", e prevedendo che la mancata (o l’incompleta) presentazione di tale dichiarazione avrebbe comportato l’esclusione dalla gara (per un precedente in termini assai recente v. Cons. St., V, n. 1800/2011).

Sulla base di tale premessa – incontestata l’omessa dichiarazione dei decreti penali sopra richiamati – reputa quindi il Collegio che legittimamente la stazione appaltante abbia disposto l’esclusione delle società appellanti, una volta accertata in sede di verifica l’esistenza di tali condanne penali definitive. Con l’ulteriore precisazione che l’esatta individuazione di tali precedenti, nella motivazione del provvedimento impugnato (cfr. a pag. 3, l’ultimo considerato), recava anche un giudizio di loro rilevanza e pertinenza – trattandosi come ricordato, in due casi, di violazioni di norme antinfortunistiche sul lavoro di non secondaria rilevanza e di potenziale allarme sociale – con la procedura di gara in oggetto.

Non può rilevare in senso contrario, ad onta di quanto dedotto dalle appellanti:

– né il decorso del termine ex art. 460, comma 5, c.p.p., in assenza di una formale pronuncia di estinzione dei reati, sul rilievo che la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di per sé non sia da sola sufficiente ad esonerare dall’obbligo dichiarativo fino a quando, a richiesta dell’interessato, non intervenga la pronuncia accertativa dell’estinzione (Cons. St., V, n. 6006/2009; VI, n. 4243/2010);

– né l’esito assolutorio del giudizio penale originato dalla vicenda qui in esame, relativamente al reato di falsità ideologica ex art. 483 c.p., sul rilievo che la pronuncia non è stata resa in seguito a dibattimento, ma in sede di giudizio abbreviato, e tenuto conto dell’autonomia e della specificità dell’accertamento della responsabilità penale che, come noto, presuppone standard probatori assai elevati ("oltre ogni ragionevole dubbio") e la coscienza e volontà del fatto commesso.

3. Quanto ai restanti motivi di gravame, tutti incentrati sull’informativa prefettizia, reputa il Collegio di condividere l’osservazione del Giudice di primo grado sulla limitata rilevanza di tale informativa a giustificazione del provvedimento di esclusione, in quanto tale atto è stato motivato prevalentemente in ragione delle omesse dichiarazioni delle condanne penali. Con la conseguenza che, anche accogliendo le censure dedotte all’indirizzo dell’informativa, l’esclusione conserverebbe pur sempre la sua (parte essenziale di) legittimità (nel senso che, ove un provvedimento si fondi su di un duplice profilo motivazionale, ciascuno sufficiente a sostenerne il dispositivo, l’accertata infondatezza delle censure mosse ad uno dei due profili esonera il giudicante dall’onere di esaminare le censure residue v. Tar Lazio, Roma, IIter, n. 26067/2010).

4. Si aggiunga che medio tempore, come documentato in atti, l’informativa prefettizia, impugnata anche dinanzi al Tar Campania, è stata annullata da tale Giudice e che la sentenza 29.12.2009 n. 8887, ove confermata in appello (l’istanza di sospensione è stata respinta, sicché la sentenza è esecutiva), renderebbe l’impugnazione proposta in questa sede avverso il medesimo atto comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ovvero cessata materia del contendere, oltre che per divieto del bis in idem.

5. In conclusione, per tali ragioni, l’appello va respinto e, per l’effetto, la sentenza deve essere interamente confermata.

6. Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite, anche in considerazione della richiamata sentenza n. 8887/2009 del Tar Campania e della costituzione solamente formale delle Amministrazioni.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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