Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-03-2011) 18-04-2011, n. 15579 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, il Gip del Tribunale di Reggio Calabria dichiarava non doversi procedere, perchè il fatto non costituisce reato, nei confronti di C.D., per il delitto di calunnia in danno di R.E.G., accusato di averlo minacciato di morte durante lo svolgimento di un’udienza svolta innanzi al giudice di pace di Villa San Giovanni.

2. Ricorre il R. e premesso che egli era stato assolto con formula piena e non ai sensi del cpv dell’art. 530 c.p. dal delitto di minaccia in danno del C., non avendo mai pronunciato le parole "ti ammazzo" e non avendolo mai aggredito con pugni, come esposto nella calunniosa denuncia da costui presentata, si duole della illogicità della motivazione adottata dal Gup, che non ha tenuto conto del complesso unitario delle acquisizioni probatorie, focalizzando la sua attenzione su singole frasi della testimonianza resa dall’allora Pubblico Ministero di udienza e non sul senso complessivo della dichiarazione; con il secondo motivo sottolinea che la pronuncia viola la regola del decidere di cui all’art. 425 c.p.p., dato che era necessario il vaglio dibattimentale per superare il dubbio nascente dalle asserite contraddizioni della prova.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è da dichiarare inammissibile.

2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono incentrati sulla rivalutazione del materiale raccolto ed in particolare sulla credibilità del teste escusso e sulla valutazione in senso positivo al ricorrente della testimonianza, che offrirebbe piena contezza della falsità delle accuse mosse dal C..

3. E’ da ribadire che il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere può avere per oggetto solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutare gli elementi acquisiti dal pubblico ministero e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico seguito nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti (dal pubblico ministero e attraverso l’eventuale attività di integrazione probatoria) e non anche la valutazione di tali elementi, che condurrebbe a un giudizio di merito inibito in questa sede (Cass. sez. 5, 13 febbraio 2008 n. 14253, Piras).

4. Il ricorso non tiene conto di tale principio, ed in difformità di quella che è la regola del decidere imposta dall’art. 425 c.p.p., che affida al giudice per l’udienza preliminare la valutazione del giudizio prognostico sugli sviluppi dibattimentali, contesta solo formalmente con il secondo motivo l’erroneità della decisione sotto tale profilo, ma imposta le sue censure su dati di merito, segnalando gli errori valutativi in cui sarebbe incorso il giudice, previa rivalutazione di tutte le sequenze degli accertamenti condotti in danno dell’indagato e segnalazione delle circostanze di fatto che ne configuravano la condotta di calunnia.

5. Tali censure non possono, dunque, essere esaminate in questa sede di legittimità, cui è demandato il controllo non della fondatezza della tesi di accusa, ma del corretto ragionamento prognostico seguito dal giudice dell’udienza preliminare, che ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione.

6. Peraltro, il giudicante, nel caso in esame, sì è attenuto a tale regola del giudizio, giacchè ha esposto, dopo aver esaminato tutte le risultanze probatorie in atti, con motivazione congrua e esente da salti illogici o manifeste aporie, le ragioni della insussistenza del delitto ascritto al C., ed ha espresso il giudizio prognostico di immodificabilità del quadro probatorio acquisito, poichè comunque le circostanze in cui si era verificato il conflitto tra il C. ed il R. ed in specie la sicura alterazione di quest’ultimo, nel corso della udienza tenuta innanzi al giudice di pace, avevano incidenza decisiva sull’elemento intenzionale della contestata calunnia. Infatti, la cristallizzata animosità tra le parti, fondata su elementi di fatto, condizionava ragionevolmente la consapevolezza del denunciante circa l’innocenza dell’accusato.

7. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del R. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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