Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-07-2011, n. 15259 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente depositato, C.A., impugnava il decreto della Corte d’Appello di Napoli del 27-05-2008, che aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di somma in suo favore, quale equa riparazione del danno morale per irragionevole durata di procedimento, in punto durata del procedimento, determinazione del quantum, mancato riconoscimento di un bonus, liquidazione delle spese giudiziali.

Resiste con controricorso il Ministero.
Motivi della decisione

Va precisato che, per giurisprudenza consolidata, e secondo il chiaro disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, ai fini dell’equa riparazione, deve tenersi conto del solo periodo di tempo, in cui la durata del giudizio ha ecceduto il termine ragionevole (tra le altre, da ultimo, Cass. n. 10415 del 2009).

Giurisprudenza altrettanto consolidata esclude la possibilità di determinazione di un bonus, non previsto dalla L. n. 89 del 2001 (per tutte, Cass. n. 16289 del 2009).

Il Giudice a quo ha altresì correttamente considerato il periodo di ragionevole durata del procedimento, quello eccedente, e ha determinato il danno morale in conformità ai parametri CEDU e alla giurisprudenza di questa Corte (Euro 4.050,00; procedimento presupposto davanti al TAR: settembre 2000 pendente alla data del deposito del ricorso marzo 2008; durata ragionevole: 3 anni).

I motivi relativi alle questioni sopraindicate vanno rigettati.

In ordine alle spese, il ricorrente, con un motivo, sostiene l’applicabilità delle tariffe previste per i procedimenti contenziosi, con un altro, lamenta violazione dell’art. 6 par. 1 CEDU: i motivi sono inammissibili per inadeguatezza dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c., in quanto si configurano come interrogativi circolari, tautologie, senza alcun riferimento alla fattispecie concreta (tra le altre, Cass. S.u. n. 28536 del 2008).

Altrettanto inammissibili, altri motivi che sulle medesime questioni sollevano vizi di motivazione, in quanto privi di una specifica sintesi, omologa al quesito di diritto, tale da individuare esattamente il fatto controverso e la sua rilevanza ai fini decisori (tra le altre, Cass. N. 2694 del 2008).

Con altro motivo, il ricorrente lamenta insufficiente liquidazione delle spese. Anche tale motivo appare inammissibile, per non autosufficienza. Il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere la sua nota spese, indicando esattamente quanto gli sarebbe spettato rispetto alla liquidazione del primo giudice, dunque quale era il pregiudizio occorso. Egli si è limitato ad indicare astrattamente voci di tariffe professionali, senza riferimenti specifici all’attività svolta.( al riguardo Cass. N. 9098 del 2010; Cass. N. 14744 del 2007;

n. 17059 del 2007).

Va conclusivamente rigettato il ricorso.

Il tenore della decisione richiede che le spese del presente giudizio siano poste a carico ricorrente.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 600,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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