Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-04-2011, n. 2326 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società in epigrafe indicata è titolare di un diritto di comodato d’uso di un fabbricato destinato a struttura di servizio della balneazione, sito in Comune di La Maddalena, in località Abbatoggia, ubicato nella fascia costiera dei 150 metri dal mare, per il quale vennero rilasciate in capo ai proprietari,nel 1990, rispettivamente nei mesi di aprile e di ottobre, due concessioni edilizie, l’una, di sanatoria e l’altra, per lavori di ristrutturazione e cambio di destinazione d’uso da residenza a struttura di servizio alla balneazione.

Con domanda prot. n.2811 del 5 marzo 2007 la Società chiedeva il rilascio di concessione per il completamento del manufatto "ad uso struttura di servizio alla balneazione" e il Comune di La Maddalena, dopo gli esiti della relativa istruttoria che evidenziavano una non conformità urbanisticoedilizia del progettato intervento di completamento, tale da far considerare il fabbricato abusivo, con provvedimento dirigenziale prot. n.5372 del 9/4/2008 rigettava l’anzidetta istanza.

Quindi, con ordinanza n.13 del 14 luglio 2008 il Dirigente dell’Area Tecnica ingiungeva la demolizione delle opere edilizie ritenute abusivamente eseguite e il ripristino dello stato dei luoghi.

La Società interessata ha impugnato innanzi al TAR per la Sardegna con ricorso introduttivo il provvedimento di diniego della chiesta concessione edilizia per opere di completamento nonchè con successivi motivi aggiunti il provvedimento ripristinatorio e l’adito giudice con sentenza n.2067/2008 ha rigettato entrambe le impugnative, ritenendole infondate.

Insorge avverso tale sentenza la Società A., deducendo con l’appello all’esame, a sostegno della erroneità di detta decisione, una serie di doglianze riassumibili sotto i seguenti tre motivi

1. Violazione ed errata applicazione dell’art.31 del dpr n.380/2001; eccesso di potere sotto il profilo della totale erroneità dei presupposti, totale illogicità, contraddittorietà e incongruità della motivazione;

2. Violazione dell’art.34 del DPR 6/6/2001 n.380, degli artt.7,8 3e 10 della legge n.241/90 e dei principi generali in tema di buon andamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere per mancanza di specifica istruttoria, mancanza di motivazione, perplessità del contenuto dispositivo (censure riferite specificatamente all’ordinanza di demolizione);

3. Violazione e falsa applicazione dell’art.3 della legge n.241/90 e degli artt.31 e 33 del DPR n.380/2001; eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà e sviamento di potere.

All’udienza pubblica del 25 febbraio 2011 la causa viene trattenuta in decisione
Motivi della decisione

L’appello si appalesa parzialmente fondato, nei sensi e limiti che si va ad illustrare, dovendo, in particolare, le statuizioni del primo giudice essere in parte confermate ed in altra parte, invece, riformate.

Si ritiene utile ai fini di una esatta comprensione della vicenda effettuare delle integrazioni in punto di fatto, richiamando in particolare alcuni atti sia di iniziativa della parte appellante sia del Comune di La Maddalena che hanno una loro significativa rilevanza nella vicenda all’esame.

In aggiunta a quanto già sopra esposto, la Società A. con domanda del 20 gennaio 2006 chiedeva al Comune il rilascio di concessione edilizia per ristrutturazione e cambiamento di destinazione d’uso da casa di civile abitazione a struttura di servizio alla balneazione, con proroga della concessione edilizia del 22/10/1999 e l’Amministrazione con nota del 19 gennaio 2007 rigettava tale richiesta sulla scorta del parere sfavorevole reso dalla Commissione edilizia comunale nella seduta del 18 dicembre 2006, sul rilievo che il progetto prevedeva interventi in ampliamento determinanti incremento volumetrico e di superficie coperta non consentiti. Peraltro nella la stessa nota si comunicava che la CEC aveva espresso parere favorevole per il completamento del manufatto originario, "fermo restando il rispetto dei volumi e delle superfici coperte di cui alla concessione edilizia n.655/95 del 22/10/1999".

Veniva poi inoltrata in data 5 marzo 2007 all’anzidetto Comune, da parte della Società A., domanda, datata 26 febbraio 2007, di completamento di struttura di servizio alla balneazione e al riguardo l’Amministrazione, con nota del 22 ottobre2007, comunicava il parere sospensivo della commissione edilizia in ragione della rilevata discordanza tra lo stato dei luoghi di cui al progetto approvato e lo stato dei luoghi previsto nel progetto di completamento (diversità delle quote di giacitura), con l’invito alla richiedente di produrre elaborati integrativi, che venivano trasmessi all’Ente locale. in data 22 novembre 2007.

Interveniva, quindi, dopo l’invio dell’avviso di cui all’art.10 bis della legge n.241/90, il provvedimento datato 9 aprile 2008 con cui il Comune, sul presupposto della rilevata discordanza delle quote di giacitura del fabbricato nella comparazione tra lo stato di progetto a suo tempo approvato e lo stato di progetto di cui all’ istanza di concessione di completamento, comunicava il rigetto della domanda presentata il 5 marzo 2007, non senza far presente che le difformità delle opere realizzate dovevano far considerare il fabbricato come abusivo.

Con successivo provvedimento del 14 luglio 2007 il Comune di La Maddalena, sulla scorta dell’opposto diniego testè illustrato, si determinava a sanzionare l’abuso suindicato, con l’ordine di demolizione del fabbricato e di ripristino dello stato dei luoghi.

Tanto utilmente precisato, l’ Amministrazione, con le assunte determinazioni, muove in concreto alla Società un addebito ben preciso, costituito dalla difformità (rispetto a quanto a suo tempo autorizzato con la concessione edilizia in sanatoria del 19 aprile del 1999, come recepita dalla successiva concessione del 22 ottobre 1999) consistente nell’avvenuto posizionamento di una parte dell’edificio ad una quota più alta rispetto al piano di giacitura del restante fabbricato e tale rilievo risulta accertato in modo esatto e del pari correttamente contestato alla parte interessata.

Invero, in sede di istruttoria della richiesta progettuale di completamento delle opere edilizie è emersa una discrasia in ordine allo stato di fatto del fabbricato, lì dove, in particolare, è stata riscontrata una quota di piano, quella corrispondente al corpo di fabbrica più vicino alla spiaggia più alta rispetto al resto del fabbricato, il che induce ragionevolmente a ritenere come in concreto siano state realizzate su tale diverso piano di posa delle modifiche edilizie non contemplate dagli atti di autorizzazione.

Parte appellante, con i mezzi d’impugnazione qui fatti valere e che per ragioni di logica connessione tra i medesimi vengono congiuntamente esaminati, sostiene che lo stato di fatto del fabbricato originario corrisponde esattamente a quello della attuale situazione, ma tale assunto non è suffragato da idonei mezzi di prova, e, soprattutto, risulta smentito dai dati e notizie fornite dalla stessa Società in sede di produzione integrativa documentale.

Invero, nella relazione tecnica del novembre del 2007 inoltrata a seguito degli incombenti istruttori disposti dalla Commissione allo scopo di dissipare le perplessità suscitate in tale Organo proprio dalla riscontrata discrasia dello stato dei luoghi, si afferma che il progetto di completamento costituisce un accertamento di conformità al progetto approvato dalla concessione edilizia del 22 ottobre 1999, dandosi atto, quanto allo stato di fatto, che il corpo di fabbrica più vicino alla spiaggia è stato realizzato ad una quota di 50 cm in più rispetto al resto del fabbricato.

Nella specie, dunque, le "nuove" progettate opere di completamento vengono ad atteggiarsi come una sorta di variante che interviene a ridurre o comunque a ridistribuire la volumetria costituita dall’ambiente sopraelevato (pag.4 della citata relazione), ma se è così, è del tutto evidente che quella parte di fabbricato realizzata alla quota superiore (30cm) rispetto alla (diversa) quota di giacitura del restante sedime, si pone al di fuori delle opere edilizie autorizzate e perciò stesso è da qualificarsi come abusiva.

Ne deriva che correttamente l’Amministrazione ha negato, con il primo dei provvedimenti qui in discussione, la chiesta autorizzazione al completamento, proprio perché l’adeguamento che la società intende effettuare comporta il ripristino di un situazione edilizia che, per una porzione (il corpo di fabbrica sopraelevato) non è conforme alla normativa urbanisticoedilizia, in quanto si protende in zona in cui non è consentita alcuna trasformazione dei luoghi, in ragione della vigenza di un vincolo di in edificabilità assoluta, qual’è quello apposto lungo le coste (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2008, n.2010).

Né vale, obiettare, come fa l’appellante, che nella specie la volumetria complessiva rimane invariata, anzi diminuirebbe, non essendo idonea, invero, tale circostanza a smentire l’esistenza della rilevata difformità.

Qui, infatti non viene in rilievo l’entità di cubatura realizzabile, quanto, piuttosto, la diversa distribuzione della volumetria assentibile unitamente alla differente altezza e altresì alla diversificata sagoma dell’edificio complessivamente considerato e non v’è dubbio che l’opera edilizia così configurata, in ragione della sua parte realizzata sul piano di posa più elevato, costituisce alterazione dello stato dei luoghi, perciò stesso non consentita.

Nondimeno, va osservato che nella specie se da un lato l’Amministrazione ha correttamente rilevato e contestato, l’esistenza della discrasia dello stato dei luoghi (quanto alla sussistenza dei presupposti tecniciamministrativi dell’abuso) e la correlata non assentibilità della chiesta autorizzazione al completamento, dall’altro lato non ha altrettanto correttamente calibrato le conseguenze di tale riscontrata non conformità urbanisticoedilizia, dal momento che ha dedotto, come pare di capire, l’abusività dell’intero fabbricato, con riferimento cioè alle opere edilizie integralmente realizzate.

Ora, pare al Collegio come dallo svolgimento dei fatti sopra riportati e dalla esatta applicazione ed interpretazione del regime giuridico afferente lo jus aedificandi in concreto esercitato, venga in rilievo l’esistenza di un situazione di abusivismo parziale, con riferimento al manufatto realizzato (indebitamente) alla superiore quota (30 cm) rispetto a quella di "normale" giacitura del restantete fabbricato e che quindi non si possa affermare (come erroneamente) fatto dal Comune l’esistenza di una situazione edilizia integralmente abusiva.

D’altra parte la stessa Commissione edilizia, a suo tempo, in sede di esame dell’istanza di completamento, nella seduta del 27/11/2005 (come fatto rilevare con nota comunale del 19 gennaio 2007) esprimeva pare favorevole al completamento dell’originario manufatto da intendersi, quest’ultimo, quello "depurato" dell’ambiente volumetrico posizionato alla superiore quota di cm. 30 rispetto al resto del fabbricato.

In definitiva, allora, il provvedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione all’esecuzione delle opere completamento di che trattasi è stato correttamente adottato, ma si appalesa non esatto nella parte in cui considera come abusivo l’intero fabbricato, rivelandosi sul punto tale determinazione in contraddizione con precedenti divisamenti dello stesso Comune in base ai quali pure è stata riconosciuta la legittimità di una parte dell’edificio. Su tale aspetto il giudice di prime cure non assume una esplicita statuizione, avallando di fatto il rilievo operato dal Comune, sicchè, in parte qua, le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, si appalesano erronee.

Ne deriva, altresì che il consequenziale provvedimento sanzionatorio costituito dall’adottata ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, si rivela illegittimo, lì dove le misure sanzionatorie sono state irrogate in relazione alle opere edilizie nella loro integralità e non con riferimento al solo manufatto, quello più volte menzionato (quello, per intenderci realizzato, sine tutulo, ad una diversa quota) e va perciò annullato, dovendosi peraltro, fare salvi, ben s’intende, le ulteriori determinazioni da assumersi da parte del Comune di La Maddalena.

In forza delle suesposte considerazioni l’appello va in parte respinto e, in altra parte, nei sensi e limiti sopra evidenziati, accolto.

Sussistono, in ragione dell’esito della vertenza e della specificità della vicenda, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie, in parte qua, il ricorso di primo grado e i proposti motivi aggiunti.

Spese e competenze del doppio grado del giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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