Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2011) 18-04-2011, n. 15560 Bancarotta fraudolenta Bancarotta semplice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione Z.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 12 aprile 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado (emessa nel 2008), affermativa della sua responsabilità in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Il reato era stato contestato al ricorrente quale presidente del c.d.a. della Industria Filtri sud spa, dichiarata fallita il 1 luglio 1996, ed era configurato come tenuta irregolare delle scritture contabili consistita nel depositare nella procedura fallimentare il libro giornale e il registro Iva mancanti di una serie di fogli e segnatamente di quello finale nel quale si appone la vidimazione, nonchè nell’omesso deposito di scritture contabili a supporto di quelle contabili.

Deduce il vizio di motivazione per la mancata argomentazione, da parte dei giudici, circa la fraudolenza della condotta ascritta.

In primo luogo i giudici erano caduti nell’errore, evidente dalla lettura della sentenza, di ritenere che il libro giornale non fosse stato affatto depositato, mentre era pacifico, anche dalla imputazione, che il mancato deposito aveva riguardato solo alcuni fogli di esso.

In secondo luogo le irregolarità riscontrate non erano state tali da comportare la impossibilità di ricostruzione degli affari della società, come sottolineato anche dal curatore M..

In realtà si era trattato di una condotta semmai soltanto superficiale del prevenuto e tale quindi da integrare gli estremi dalla bancarotta semplice, quantomeno come ipotesi valida al pari di quella accreditata e quindi, essendo più favorevole da applicare al prevenuto.

Alla stessa conclusione era già pervenuto il M.llo V. della GdF la cui valutazione dei fatti era stata del tutto pretermessa dalla Corte di merito.

Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte osserva che la differenza tra la bancarotta fraudolenta documentale prevista dall’art. 216, comma 1, n. 2, L. Fall., e quella semplice prevista dall’art. 217, comma 2, stessa legge consiste nell’elemento psicologico che, nel primo caso, viene individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore e, nel secondo caso, dal dolo o indifferentemente dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta, rispettivamente, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture.

Si esclude viceversa che detta differenza possa ravvisarsi nell’elemento oggettivo, dal momento che entrambe le fattispecie puniscono sia la condotta di omessa tenuta dei libri sociali che quella di irregolare tenuta degli stessi (Sez. 5, Sentenza n. 6769 del 18/10/2005 Ud. (dep. 23/02/2006) Rv. 233997).

In aggiunta si è segnalato come il reato di bancarotta semplice, previsto dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217 capoverso, sia un reato di pericolo, che si realizza per la mera possibilità che l’omissione, l’incompletezza o l’irregolarità della tenuta dei libri pregiudichi l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice, a nulla rilevando che, in concreto, non vi sia stato, a causa della mancanza o dell’insufficienza della prova documentale, pericolo di sottrazione di attivo (Rv. 137639). In conclusione, a fronte dell’accertamento di una tenuta irregolare dei libri e delle scritture contabili obbligatorie l’indagine del giudice deve essere diretta a verificare tutti i segnali indicativi della idoneità di una simile situazione a rendere oggettivamente impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari ed altresì, in capo all’agente, la consapevolezza e volontà della situazione medesima oppure la ravvisabilità di soli profili di negligenza o di dolo rapportato però alla specifica configurazione della bancarotta semplice (v. rv 234228): reato che, come è noto, è punibile a titolo tanto di dolo quanto di colpa, come appare desumibile dalla struttura della norma incriminatrice la quale, nel punire l’imprenditore che non tenga o tenga irregolarmente le prescritte scritture sociali e contabili, non prevede come necessaria ai fini della sussistenza dell’illecito la deliberata volontà di violare le disposizioni vigenti in materia e/o di arrecare pregiudizio ai creditori (Rv. 228701).

Nel caso di specie la Corte di appello si è limitata ad affermare che la fraudolenza della condotta deriverebbe dalla tenuta incompleta delle scritture a causa della mancanza della pagina ove doveva essere apposta la vidimazione attestante la regolare tenuta.

Un simile accertamento, nel contesto di un processo nel quale non risultano neppure appurate distrazioni fraudolente che potrebbero valere a orientare il senso della irregolarità contabile accertata, consente la qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 217 L. Fall., direttamente ad opera di questa Corte che, nella sua istituzionale funzione regolatrice del diritto, può attribuire alla fattispecie concreta una definizione giuridica diversa.

Basta osservare, sul punto, che l’omissione accertata, eminentemente incentrata sulla regolarità formale delle scritture, non risulta correlabile, dal punto di vista sia soggettivo ma anche oggettivo, ad una consapevole idoneità del contenuto delle scritture stesse a costituire valido supporto per la finalità ricostruttiva degli affari, propria della azione del curatore.

Il reato ex art. 217 L. Fall., consumato nel 1996, è però prescritto, pur tenendo conto dei 2 anni e 4 mesi di sospensione del relativo decorso.
P.Q.M.

Qualificato il fatto ai sensi dell’art. 217 L. fall., annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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