Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2011) 18-04-2011, n. 15559

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione R.M. avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari in data 9 aprile 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado, affermativa della sua responsabilità in ordine al reato di furto aggravato in appartamento commesso il (OMISSIS).

La sentenza di primo grado era stata emessa invero il 7 ottobre 1993 dal Pretore di Cagliari che aveva anche concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti. Peraltro l’estratto contumaciale della sentenza era stato notificato al difensore, data la irreperibilità dell’imputato il quale però, in seguito, su istanza del difensore, aveva ottenuto la restituzione nel termine per impugnare (ordinanza del 10 luglio 2008).

Deduce la estinzione della pena che sarebbe maturata per effetto del decorso del termine di anni dieci dalla definitività della sentenza di condanna, ancora prima della ordinanza di restituzione nel termine per impugnare.

La sentenza sarebbe cioè divenuta irrevocabile nel 1994, dopo la regolare notificazione dell’estratto al difensore e già l’ordinanza di restituzione nel termine era stata emessa senza che sussistesse più in capo allo Stato all’interesse alla esecuzione della condanna.

La restituzione nel termine, in sostanza, essendo stata concessa non per un vizio procedurale nella formazione del titolo esecutivo ma per la mancata conoscenza della condanna da parte dell’imputato, non dovrebbe produrre, per l’imputato che ha beneficiato della restituzione, effetti più sfavorevoli di quelli che si sarebbero prodotti in assenza della restituzione stessa: e cioè la estinzione della pena ex art. 172 c.p., commi 1 e 4, per il trascorrere di dieci anni dalla definitività del titolo.

Il ricorso è infondato.

La sentenza di condanna di primo grado emessa nei confronti dell’imputato rimasto contumace è stata notificata, per estratto, al difensore dell’imputato irreperibile.

Si legge in sentenza che tale incombente venne espletato il 9 febbraio 1994 con la conseguenza che, decorso inutilmente il termine per impugnare, la sentenza dovrebbe formalmente essere divenuta irrevocabile nello stesso 1994.

Se questa fosse la completa ricostruzione della vicenda processuale, dalla data della irrevocabilità della sentenza ed in mancanza di concreta esecuzione del titolo, sarebbe cominciato a decorrere il termine, non inferiore a dieci anni, previsto dall’art. 172 c.p., comma 4 per la estinzione della pena del delitto. Il termine sarebbe interamente decorso nel 2004 con la conseguenza che il giudice della esecuzione, a norma dell’art. 676 c.p.p., commi 1 e 3, avrebbe potuto essere investito della questione per poi decidere, in presenza di tutti gli ulteriori requisiti, per la eventuale estinzione della pena.

Senonchè la parte ha proposto istanza di restituzione nel termine per impugnare nel 2008, conseguendo il provvedimento richiesto ed innescando, con il conseguente gravame, il giudizio di appello che si è concluso con la sentenza oggi in ricorso: sentenza, che, e bene ricordarlo, ha deciso per il rigetto dell’appello (incentrato sul trattamento sanzionatorio) escludendo altresì che potesse ritenersi decorso il termine di prescrizione del reato in base al precetto dell’art. 175 c.p.p., comma 8. Ciò posto viene all’evidenza che, con la avvenuta restituzione nel termine per impugnare, sono stati fatti cessare tutti gli effetti determinati dalla scadenza, all’epoca, del medesimo termine, come del resto prescrive espressamente l’art. 175 c.p.p., comma 7, sia pure con riferimento allo specifico effetto della esecuzione di pena.

Essendo stato rimosso il giudicato, cioè, sono automaticamente caducati anche gli ulteriori effetti a questo connessi come ad esempio – in mancanza di esecuzione- il decorso del tempo per la prescrizione della pena di cui sopra. La sovraordinazione del giudizio di secondo grado e dei suoi effetti al verificarsi delle conseguenze connesse al mancato esercizio – all’epoca – del potere di impugnazione, emerge in maniera chiara anche dalla assoluta illogicità di sistema, propria della richiesta della difesa: questa ha richiesto infatti il riconoscimento di un effetto connesso al mancato esercizio del potere di impugnazione nel 1994 e al formale verificarsi, nel 2004, delle condizioni per il consolidamento del giudicato; ha trascurato però di considerare che proprio il potere di impugnazione non esercitato le è stato restituito su sua richiesta con la conseguenza che non può oggi sollecitare la declaratoria di prescrizione della pena, connessa all’omessa impugnazione e al decorso del tempo, quando l’esercizio del potere di gravame – chiesto e riottenuto – ha dato luogo ad una pronuncia che, a termini dell’art. 175 c.p.p., comma 8 si sottrae addirittura alla rilevazione della prescrizione del reato per il tempo nelle more decorso.

Semmai, il disposto dell’art. 175, comma 8, che vieta di tenere conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo trascorso tra la notifica della sentenza contumaciale e la notificazione della ordinanza di restituzione nel termine, costituisce un argomento in più per ritenere che la restituzione avviene con effetto ex tunc, ricostituendosi la situazione processuale esistente al momento,n cui l’interessato viene restituito.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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