Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 18-04-2011, n. 15551

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Pesaro, con la sentenza 12 gennaio 2010 ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Pesaro del 20 febbraio 2009 con la quale A.E. era stata condannata per il delitto di ingiuria nei confronti di M.L..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore, lamentando la manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all’accertata responsabilità penale della sua assistita nonchè l’eccessività della pena inflitta.

Risulta, inoltre, depositata prima dell’udienza memoria difensiva nell’interesse dell’imputata con la quale, oltre ad una questione in rito circa la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza alla ricorrente personalmente, viene chiesta l’applicazione dell’intervenuta prescrizione nonchè dell’indulto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

2. In rito deve osservarsi come, contrariamente a quanto sostenuto nella memoria difensiva, non sia necessaria alcuna notifica alla ricorrente personalmente allorquando la stessa sia difesa da avvocato di fiducia domiciliatario e come il reato non sia prescritto, da un lato, perchè il decreto di citazione a giudizio avanti il Giudice di pace, avente effetto interruttivo, fu notificato entro i cinque anni del termine prescrizionale allora vigente e, d’altra parte, l’emissione della sentenza di condanna in prime cure dopo l’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 renda applicabili i nuovi termini prescrizionali, di anni sette e mesi sei a decorrere dalla data di commissione del reato il (OMISSIS), con scadenza pertanto degli stessi alla data del 23 marzo 2011. 3. Quanto al merito effettivo, con riferimento alla fattispecie sottoposta a questa Corte, si osserva come le doglianze avanzate dalla ricorrente configurino una diversa valutazione dei fatti sulla scorta di una non consentita rilettura delle acquisite risultanze istruttorie, con particolare riferimento alle deposizioni testimoniali T.R., S.G. e T. G. che questa Corte non può evidentemente compiere non ravvisandosi neppure una "manifesta" illogicità della motivazione dell’impugnata sentenza.

Lo stesso può affermarsi relativamente al capo della condanna relativo alla quantificazione della pena che può essere sindacata avanti questi Giudici di legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a quelli edittali ovvero in maniera illogica.

La determinazione in concreto della pena, infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva.

Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 c.p. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello.

Quanto, infine, alla richiesta di applicazione dell’indulto, è noto che il ricorso per Cassazione avverso la mancata applicazione dell’indulto sia ammissibile soltanto quando il Giudice abbia esplicitamente escluso l’applicazione del beneficio e non anche quando abbia omesso di pronunciarsi non essendovi stata neppure richiesta dell’interessato, dovendo in tale ipotesi l’eventuale applicazione di detto beneficio essere riservata al Giudice dell’esecuzione (v. da ultimo Cass. Sez. 5, 22 ottobre 2009 n. 43262).

Nella specie la difesa della ricorrente ha addirittura dimenticato che la pena inflitta dal Giudice di primo grado risulti già interamente condonata (v. pagine 1 e 2 dell’impugnata sentenza).

4. La ricorrente, a cagione del rigetto del ricorso deve essere, infine, condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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