Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 18-04-2011, n. 15550 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Genova, con sentenza del 25 febbraio 2010, ha confermato, per quanto d’interesse del presente procedimento, la sentenza del Giudice di pace di Genova del 20 gennaio 2009 che aveva condannato P.P. alla pena di Euro 400 di multa per il delitto di lesioni personali in danno della sorella P.A. M..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore, lamentandone l’erroneità sull’unico punto della mancata concessione dell’esimente della legittima difesa.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

2. In primo luogo, l’odierno unico motivo di doglianza è stato già esaminato e disatteso dal Giudice di secondo grado con motivazione pienamente logica ed ispirata ai principi in tema di scriminante della legittima difesa.

Pienamente condivisibile è, infatti, la motivazione per il diniego della concessione dell’esimente basata sull’intento reciprocamente offensivo delle condotte delle sorelle P..

La Corte territoriale, dunque, ha correttamente applicato il risalente insegnamento per il quale: "le lesioni volontarie reciproche tra due contendenti non implicano necessariamente che uno di essi abbia agito in stato di legittima difesa" (v. Cass. Sez. 5, 15 gennaio 1982 n. 4016) esimente che non ricorre se i contendenti si sono lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione" (v. più di recente Cass. Sez. 5, 24 giugno 2008 n. 31633).

A ciò si aggiunga come il Giudice di legittimità sia chiamato, esclusivamente, a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente.

Al Giudice di legittimità resta, inoltre, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

Orbene, nel caso di specie, non si ravvisa alcuna manifesta illogicità nella motivazione del Giudice del merito, avendo, da un lato, il giudicante perfettamente risposto alle asserzioni defensionali dell’imputato ed avendo, d’altra parte, applicato la pacifica interpretazione della giurisprudenza di legittimità sul punto della legittima difesa che non può applicarsi nell’ipotesi, come quella sottoposta all’esame di questa Corte, di condotte reciprocamente offensive tra i vari contendenti dell’episodio criminoso.

3. Il ricorso va, in definitiva, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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