Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-03-2011) 18-04-2011, n. 15548 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 26 ottobre 2009, in parziale riforma della sentenza del GIP presso il Tribunale di Sondrio del 18 ottobre 2005 ha ridotto la pena a carico di F. E., per quanto d’interesse del presente processo, per i reati di turbativa della regolarità di un pubblico servizio e di minacce, queste ultime in danno di S.P..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore lamentando, la contraddittorietà e mancanza di motivazione in ordine all’affermazione della propria penale responsabilità per i due reati dianzi evidenziati nonchè la mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alla chiesta integrazione dell’elaborato peritale del consulente d’ufficio e alla audizione del proprio perito di parte. E’ stata, inoltre, richiesta l’applicazione dell’indulto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, all’evidenza, inammissibile per un duplice ordine di motivi.

2. In primo luogo perchè il ricorrente non si discosta grandemente da quanto già ha formato oggetto dei motivi di appello che sono stati disattesi dalla Corte territoriale.

Il Giudice a quo ha già logicamente motivato, rispondendo alle doglianze dell’odierno ricorrente, sulla sussistenza dei reati di turbativa di un pubblico servizio e di minacce (v. pagina 21 della motivazione), sulla non necessità della integrazione dell’elaborato peritale del consulente d’ufficio e dell’audizione del perito di parte (v. pagine 21-22 della motivazione).

3. In secondo luogo, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. 6, 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. 5, 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

4. Anche il motivo, vertente sull’omessa assunzione di prova decisiva, è infondato.

La motivazione della sentenza di merito deve trattare solo le prove controverse e decisive, sicchè è decisiva la prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza perchè ne intacca la sua struttura portante.

Pertanto, il riferimento a specifici atti del processo nel motivo di ricorso assume rilevanza solo se dimostri che il Giudice abbia trascurato di esaminare fatti decisivi ai fini del giudizio, nel senso che se fossero stati convenientemente valutati avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha chiaramente e logicamente espresso il proprio convincimento in merito all’ultroneità delle chieste integrazioni probatorie che non avrebbero, in ogni caso, determinato un diverso esito del processo.

5. Quanto, infine, alla richiesta di applicazione dell’indulto, è noto che il ricorso per Cassazione avverso la mancata applicazione dell’indulto è ammissibile soltanto quando il Giudice abbia esplicitamente escluso l’applicazione del beneficio e non anche quando abbia – come nel caso in esame – omesso di pronunciarsi non essendovi stata neppure richiesta dell’interessato, dovendo in tale ipotesi l’eventuale applicazione di detto beneficio essere riservata al Giudice dell’esecuzione (v. da ultimo Cass. Sez. 5, 22 ottobre 2009 n. 43262).

6. L’inammissibilità del ricorso determina, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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