T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 520 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 23.10.2008 e depositato in data 31.10.2008, la ricorrente "H. spa" (già "A.U. spa") premetteva di essere titolare della licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili di terza generazione, secondo lo standard UMTS, e per l’installazione della relativa rete sul territorio italiano, rilasciata con Delibera n. 2/01/CONS del 10 gennaio 2001 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 6, comma 6, lett. c) del D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, a seguito del pagamento di una somma pari a lire 6.300 miliardi.

Precisava che, in ottemperanza agli obblighi previsti dal capitolato d’oneri della licenza, era tenuta ad installare, su tutto il territorio nazionale, una rete radiomobile (assistita dalla dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza ai sensi dell’art. 4, comma 3, l. n. 249 del 1997), con specifici obblighi di copertura da garantire entro precisi termini, pena l’applicazione di sanzioni, suscettibili di poter comportare anche la revoca della licenza stessa.

Evidenziava, nel contempo, che, pur non essendo titolare di licenza per l’installazione di una rete di telefonia mobile GSM, era tenuta, nella sua qualità di gestore "entrante", ad effettuare ingenti investimenti per installare "ex novo" le stazioni radio base, necessarie per fornire il servizio di telefonia mobile UMTS nel territorio nazionale, a differenza dei gestori già operanti, i quali beneficerebbero di economie di scala, derivanti dai preesistenti impianti della rete di telefonia mobile GSM.

Con il presente ricorso, lamentava che, nell’ambito del procedimento avviato a seguito della presentazione della propria domanda di istallazione di un impianto per la costruzione di una Stazione Radio Base, secondo il modello previsto dal D. Lgs 16 settembre 2003, n. 259, il Comune di Corigliano Calabro adottava l’epigrafata nota, con cui sospendeva i termini della D.I.A, con la motivazione secondo cui, ai sensi dell’art. 93 delle N.T.A., gli impianti radioelettrici potrebbero essere realizzati soltanto ad una distanza minima di 500 metri dal nucleo urbano, secondo un predisponendo "Piano per la localizzazione degli impianti’, nonché ai sensi dell’unico articolo della legge n. 1902 del 3 novembre 1952 e s.m.i., in tema di "Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione dei piani regolatori".

Evidenziava che, comunque, in data 19.09.2008, riceveva la comunicazione della Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (A.R.P.A.C.A.L.), attestante la conformità della D.I.A. e la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 e D.C.P.M 8 luglio 2003.

A sostegno del proprio ricorso, deduceva:

1) Violazione e falsa applicazione della legge con riguardo alla L. 1902 del 1952 e s.m.i. – in tema di urbanistica e misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione dei piani regolatori – alla materia delle telecomunicazioni; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, e, in particolare, per difetto di motivazione, carenza dei presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento nella’aver adottato il Comune un potere di sospensione che non gli è riconosciuto;

La nota impugnata sarebbe stata adottata nell’esercizio di un "potere di sospensionè non previsto nel "Codice delle comunicazionì e del tutto estraneo alle esigenze di "accelerazionè e "semplificazionè amministrativa, poste dal legislatore delegato a fondamento della nuova ed esclusiva disciplina di settore (articolo 4, 3° comma, lett. a), del D. Lgvo n. 259/03; art. 41 della leggedelega n. 166/2002). Inoltre, sarebbe stato chiesto dal Comune il parere di un soggetto (l’ASUR) estraneo allo schema procedimentale tipico previsto dal D. L.gvo n. 259/2003.

Il potere di sospensione triennale di cui all’unico articolo della legge n. 1902 del 1952 sarebbe del tutto inapplicabile al caso di specie.

2) incompetenza del Comune a disciplinare, in via autonoma, la compatibilità delle emissioni elettromagnetiche con la tutela della salute umana; incompetenza del Comune a regolamentare la localizzazione degli impianti di telefonia mobile; violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento agli articoli 3, 4, 5, 8 e 9, legge n. 36/2001; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, e, in particolare, per difetto di motivazione, carenza dei presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento;

Gli atti impugnati contrasterebbero con il riparto di competenze, delineato dalla "legge quadro" n. 36/2001, che avrebbe sottratto alla competenza comunale la disciplina delle materia relativa alla compatibilità delle emissioni elettromagnetiche con la tutela della salute umana ed alla localizzazione degli impianti. L’imposizione di un divieto "generalizzato" alla realizzazione di impianti radio base eccederebbe i limiti della potestà regolamentare del Comune e violerebbe apertamente il "criteriò della "possibile localizzazione alternativa", a parità di efficacia nella erogazione del servizio telefonico).

3) difetto assoluto di motivazione e di istruttoria: illegittimità per violazione e falsa applicazione di legge con riguardo all’articolo 3, legge n. 241/1990; articolo 1, legge n. 443/2001; articolo 2, del D.P.R. n. 318/1997; articolo 4, legge n. 249/1997; articoli 86 e seguenti, decreto legislativo n. 259/2003; per eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, in particolare per difetto di motivazione, carenza dei presupposti, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza.

La nota impugnata difetterebbe di idonea motivazione e non darebbe conto di risultanze acquisite attraverso un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua congruità rispetto al fine perseguito, soprattutto se si considera che le esigenze di tutela dell’ambiente e della salute sarebbero pienamente assicurate dai poteri di "controllo" e di "intervento", assegnati alla Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, nell’ambito dello "schema procedimentale" previsto.

Dopo aver formulato domanda di risarcimento danni, concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Non si costituiva l’intimata amministrazione comunale per resistere al presente ricorso.

Con memoria depositata in data 23.1.2011, la ricorrente società insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Vengono impugnati: a) la nota del Comune di Corigliano (Settore Uso e Assetto del Territorio) (prot. 27399) di sospensione alla Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) per istallazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici con potenza = a 20W, sito in località l’Inzita (detta anche "Insiti") nel Comune di Corigliano Calabro (foglio 89, particella 203219), trasmessa in data 12.07.2008, a seguito dell’istanza, presentata dalla ricorrente "H. spa" (già "A.U. s.p.a."), per l’installazione di un impianto per la costruzione di una Stazione Radio Base, secondo il modello previsto dal D.lgs 259/2003, fondata sulla motivazione secondo cui, ai sensi dell’art. 93 delle N.T.A. al PRG, gli impianti radioelettrici potrebbero essere realizzati soltanto ad una distanza minima di 500 metri dal nucleo urbano, secondo un predisponendo "Piano per la localizzazione degli impianti’, nonché ai sensi dell’unico articolo della legge n. 1902 del 3 novembre 1952 in tema di "Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione dei piani regolatori", oltre b) gli altri atti epigrafati connessi.

2. Possono essere esaminati congiuntamente tutti i profili di gravame svolti, giacchè richiedono la disamina delle medesime questioni.

Con il primo motivo, la ricorrente società deduce che la nota impugnata sarebbe stata adottata nell’esercizio di un "potere di sospensionè non previsto nel "Codice delle comunicazionì e del tutto estraneo alle esigenze di "accelerazionè e "semplificazionè amministrativa, poste dal legislatore delegato a fondamento della disciplina di settore (articolo 4, 3° comma, lett. a), del D. Lgvo n. 259/03; art. 41 della leggedelega n. 166/2002) e, inoltre, che, nella specie, sarebbe stato chiesto dal Comune il parere di un soggetto (l’ASUR) estraneo allo schema procedimentale tipico previsto dal D. Lgvo n. 259/2003.

Con il secondo motivo, deduce che gli atti impugnati contrasterebbero con il riparto di competenze, delineato dalla "legge quadro" n. 36/2001, che avrebbe sottratto alla competenza comunale la disciplina delle materia relativa alla compatibilità delle emissioni elettromagnetiche con la tutela della salute umana ed alla localizzazione degli impianti. Inoltre, l’imposizione di un divieto "generalizzato" alla realizzazione di impianti radio base eccederebbe i limiti della potestà regolamentare del Comune e violerebbe apertamente il "criteriò della "possibile localizzazione alternativa" (a parità di efficacia nella erogazione del servizio telefonico).

Con il termo motivo, deduce che la nota impugnata difetterebbe di idonea motivazione e non darebbe conto di risultanze acquisite attraverso un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua congruità rispetto al fine perseguito, soprattutto se si considera che le esigenze di tutela dell’ambiente e della salute sarebbero pienamente assicurate dai poteri di "controllo" e di "intervento", assegnati alla Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, nell’ambito dello "schema procedimentale" previsto.

Il cosiddetto "Codice delle Comunicazioni Elettroniche", approvato con D. Lgs. 1.8.2003, n. 259, con gli artt. 86, 87 e 88, con riferimento alle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, affronta i molteplici profili di interesse pubblico coinvolti e prevede lo svolgimento di apposite conferenze di servizi, per un adeguato coordinamento di tali interessi, con finale rilascio – in forma espressa o tacita – di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione, in coerenza con i criteri – rilevanti anche sul piano comunitario – di semplificazione amministrativa, mediante la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, pur senza cancellare l’incidenza delle installazioni stesse sotto il profilo urbanisticoedilizio, tenuto conto della concreta consistenza dell’intervento e senza esclusione di eventuali conseguenze penali, connesse ad ipotesi di abusivismo, ex art. 44 D.P.R. n. 380/01 (cfr. in tal senso Corte Cost. 28.3.2006, n. 259; Corte Cost. 18.5.2006, ord. n. 203).

L’art. 86, comma 3, del precitato D.Lg.vo n. 259/2003 stabilisce che tutte le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui anche gli impianti di telefonia mobile, "sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, DPR n. 380/2001, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori".

Il D.Lgs. 6.6.2001 n. 378 (Testo Unico dell’Edilizia), con l’art. 3, comma 1°, lett. e. 3) ed e. 4) prescrive, per "l’installazione di torri e tralicci per impianti radioricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione" – espressamente catalogata come intervento di nuova costruzione – il permesso di costruire, introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione edilizia, ai sensi del successivo art. 10, comma 1.

L’art. 87 del suddetto D. Lgvo n. 259/2003 richiede, per il caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, la mera " denuncia di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all’allegato n. 13", conformemente alla suddetta "ratio acceleratoria", desumibile anche dai criteri di delega contenuti nell’art. 41 della legge n. 166/2002,.

Appare, quindi, coerente con i principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario ritenere che, per effetto della disciplina sopravvenuta di cui all’art. 87 D.Lg.vo n. 259/2003, sia stato implicitamente abrogato per incompatibilità l’art. 3, comma 1, lett. e. 3) ed e. 4) del DPR n. 380/2001, nella parte in cui qualifica gli impianti di telecomunicazioni come "nuova costruzione", richiedenti, ai sensi del successivo art. 10 DPR n. 380/2001, il previo rilascio del permesso di costruire (conf.: Cons. Stato. Sez. VI, sent. n. 5044 del 17.10.2008; Cons. Stato Sez. VI: sent. n. 3534 del 15.6.2006; sent. n. 4000 del 26.7.2005; sent. n. 100 del 21.1.2005; TAR Napoli Sez. VII sent. n. 2702 del 22.3.2007; TAR Lecce Sez. II sent. n. 4279 del 22.8.2006).

Invero, l’espressa assimilazione normativa fra le stazioni radio base e le opere di urbanizzazione primaria, statuita dall’art. 86, comma 3, del D.Lg.vo n. 259/2003 rende l’installazione di tali manufatti compatibile con qualunque destinazione di zona ed assoggettata alle sole prescrizioni di cui all’art. 87 D.Lg.vo n. 259/2003 e non anche alle previsioni generali di cui all’art. 3 D.P.R. n. 380/2001.

Pertanto, come correttamente rilevato dalla ricorrente, l’art. 87 del D.Lg.vo n. 259/2003 (nel caso che occupa trova applicazione la disciplina anteriore all’entrata in vigore dell’art. 87 bis, nel testo introdotto dall’art. 5 bis del D. L. 25.3.2010 n. 40) delinea un procedimento per il caso in cui l’impianto radio base abbia potenza in singola antenna superiore ai 20 Watt, per il quale il gestore di telefonia mobile deve chiedere "autorizzazione alla installazione", ed un procedimento semplificato per il caso in cui la predetta potenza sia uguale o inferiore ai 20 Watt, per il quale si richiede la mera "denuncia di inizio attività", trasmessa alle amministrazioni competenti (Comune e Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale).

E" questo secondo il procedimento pacificamente applicato al caso che occupa.

Secondo il quadro emergente della giurisprudenza costituzionale, è consentito alle regioni ed ai comuni, ciascuno per la sua competenza, introdurre criteri localizzativi degli impianti de quibus, nell’ambito della funzione di definizione degli "obiettivi di qualità", consistenti in criteri localizzativi, di cui all’art. 3, comma 1, lettera d, ed all’art. 8, comma 1, lettera e, e comma 6 della legge quadro, mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione (Corte Cost.: 7.10. 2003 n. 307; 7.11.2003, n. 331; 28 marzo 2006, n. 129).

Coerentemente, vanno considerati criteri localizzativi (legittimi, ancorché espressi "in negativo") i divieti di installazione su ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido, siccome riferiti a specifici edifici, mentre vanno ritenute limitazioni alla localizzazione (vietate) i criteri distanziali generici ed eterogenei, quali la prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storicoartistici o individuati come edifici di pregio storicoarchitettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi.

Ritiene, quindi, il Collegio, alla stregua dei superiori principi che il Comune di Corigliano Calabro ben può dotarsi di un Piano o di un Regolamento di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, ex art. 8, comma 6, L. n. 36/2001 e art. 5 L.R. n. 30/2000, purchè finalizzato a consentire il completamento della rete cellulare e l’efficace copertura di tale servizio su tutto il territorio comunale e non a porre inammissibili limitazioni di localizzazione.

Invero, alla stregua dei superiori principi, nella specie, il Comune non poteva giustificare la sospensione della procedura edilizia decisa con la nota gravata, in attesa di un futuro piano di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, finendo siffatto operato con il risolversi in un illegittimo arresto "sine die", in contrasto proprio con le esigenze di speditezza propria di tale settore, che oggi hanno trovato testuale riscontro nell’art. 87 del D.L.gs n. 259 del 2003 (ex plurimis (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. II, 9816/2007, TAR Campania, Sez. VII, 29.5.2006, n. 6199; TAR Abruzzo, 15.6.2006, n. 420; TAR Puglia, Sez. Lecce, 3.11.2006, n. 5142).

Sotto altro aspetto, ritiene il Collegio che, in assenza dei presupposti per l’applicazione di una misura di salvaguardia (adozione di una variante allo strumento urbanistico), un provvedimento di sospensione della valutazione dell’istanza del privato va considerato illegittimo per violazione del "principio di tipicità" degli atti amministrativi, che non consente che un qualsiasi procedimento possa essere sospeso se una norma non prevede il relativo potere (conf.: Tar Piemonte, Torino, sez. I, 2441/2005).

Va, infine, precisato che la detta sospensione non poteva neanche essere giustificata in riferimento alle esigenze di tutela della salute della popolazione del Comune, atteso che, ai sensi dell’art. 4 della L. 22.2.2001 n. 36, la materia della salute pubblica inerente all’esposizione ai campi elettromagnetici è riservata alla competenza dello Stato e non del comune (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 20.12.2002 n. 7274).

Invero, nella specie, le accertate violazioni di legge e discrasie rispetto al paradigma procedimentale previsto dalla legge si traducono anche in un deficit motivazionale ed istruttorio, considerato, in particolare che, nella specie, era intervenuta la comunicazione del 19.09.2008 dell’ Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (A.R.P.A.C.A.L.), attestante la conformità della D.I.A. e la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 e D.C.P.M 8 luglio 2003.

In definitiva, il ricorso si appalesa fondato e va accolto e, per l’effetto, vanno annullati, per quanto di interesse, gli impugnati provvedimenti.

3. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, il Collegio rileva che, in applicazione del principio generale fissato dall’art. 2967 c.c., il ricorrente è tenuto a comprovare in modo rigoroso l’esistenza del danno che assume aver subito, non potendo invocare il cosiddetto "principio acquisitivo", in quanto attinente allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti dell’onere della prova (conf.: TAR Liguria Genova, Sez II, 21 ottobre 2009, n. 2914).

Invero, l’assolvimento di tale onere, assume importanza fondamentale perché il diritto entra nel processo attraverso le prove, ma queste ultime devono avere ad oggetto fatti circostanziati, con la conseguenza che, se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., per fornire la prova del danno subito e della sua entità, non può comunque prescindersi dalla necessità di allegare circostanze di fatto precise a dimostrazione della pretesa, atteso che il potere del giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte interessata dall’obbligo di offrire al giudice gli elementi probatori circa la sussistenza del danno, esaurendosi il suo apprezzamento equitativo nella necessità di colmare lacune inevitabili nella determinazione del preciso ammontare del danno (conf. Cass., 19 marzo 1991, n. 2934).

Pertanto, nella fattispecie in esame, non avendo la ricorrente società fornito alcuna prova né in ordine al danno subito e né in merito alla quantificazione dello stesso, la domanda va rigettata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla, per quanto di interesse, gli impugnati provvedimenti.

Condanna il Comune di Corigliano Calabro al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, che liquida, complessivamente e forfettariamente, in Euro. 1000 (euro mille), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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