T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 519

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 23.5.2008 e depositato in data 6.6.2008, la ricorrente società premetteva che, con Decreto di G. R. n. 1487 del 15.2.2002, aveva ottenuto, con riferimento alla località "Barbio" del Comune di Verbicaro (Cs), la concessione decennale per lo sfruttamento delle acque minerali, denominata " L.F.D.P.", il cui contratto accessivo, con l’art. 3, punto 2, prevedeva l’obbligo, a carico della parte concessionaria, di "realizzare gli impianti di utilizzazione dell’acqua minerale entro due anni dalla notifica del presente decreto".

Precisava che il permesso di costruire n. 1 del 2003, successivamente ottenuto per la realizzazione dei lavori inerenti l’insediamento produttivo, veniva annullato con sentenza di questa Sezione 27.1.2004 n. 148 poi gravata in sede di appello.

Esponeva che, al Decreto di G. R. n. 1107 del 2005, contenente la diffida ad adempiere agli obblighi previsti con il precitato art. 3, punto 2, a pena della comminatoria di decadenza della concessione già rilasciata, rispondeva con la nota del 13.4.2005, con cui rappresentava l’impossibilità di eseguire i lavori di costruzione a causa del "factum principis", costituito dal contenzioso pendente.

Con il presente ricorso, lamentava che la Provincia di Cosenza, con l’impugnato provvedimento, dichiarava la decadenza della concessione a causa della mancata esecuzione dei lavori di realizzazione degli impianti per la captazione delle acque minerali, in ottemperanza alla diffida prot. 1107/05 della Regione Calabria.

A sostegno del proprio gravame, deduceva:

1) violazione e falsa applicazione RD 1443/1927 e ss.mm.- Violazione e falsa applicazione legge regionale Calabria n. 34/02- Violazione e falsa applicazione del D. Lgvo n. 112/98- Eccesso di potere – incompetenza assoluta- difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;

La Provincia di Cosenza non sarebbe competente ad emanare l’impugnato provvedimento, ricadente nella sfera di attribuzione della Regione Calabria, che, infatti, aveva rilasciato il titolo concessorio con atto prot. 1487 del giorno 8.2.2002.

2) violazione e falsa applicazione RD 1443/1927 e ss.mm. – Violazione e falsa applicazione legge regionale Calabria n. 34/02- Violazione e falsa applicazione del D. Lgvo 112/98- Eccesso di potere – incompetenza assoluta- difetto assoluto di istruttoria e di motivazione.

Non si sarebbe tenuto conto delle circostanze impeditive, rappresentate con la nota della ricorrente società del 13.4.2005 e non sarebbe stata espletata alcuna attività istruttoria al riguardo.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con memoria depositata in data 13.6.2008, si costituiva formalmente la Regione Calabria per resistere al presente ricorso.

Con atto depositato in data 4.11.2010, si costituiva la Provincia di Cosenza, e contestava le tesi di parte ricorrente, insistendo per il rigetto del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese.

Con memoria depositata in data 17.10.2008, la Regione Calabria evidenziava, particolarmente, la propria sostanziale estraneità alla vicenda dedotta in giudizio.

Con memoria depositata in data 24.1.2011, la ricorrente società insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Vengono impugnati la Determinazione n.14/2008 del Dirigente del Settore Attività Economiche e Produttive della Provincia di Cosenza, dispositiva della decadenza ex art. 40 e 41 RD n. 1433/1927 della concessione decennale per lo sfruttamento delle acque minerali, denominata " L.F.D.P., rilasciata alla ricorrente società con Decreto di G. R. Calabria n. 1487 del 15.2.2002, in relazione alla località "Barbio" del Comune di Verbicaro (Cs), oltre gli altri atti connessi.

2. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce che, nella specie, difetterebbe la competenza della Provincia di Cosenza ad emanare l’impugnato provvedimento, ricadente nella sfera di attribuzione della Regione Calabria, che, infatti, aveva già provveduto al relativo rilascio.

Il R.D. 27 luglio 1927 n. 1443 tratta unitariamente la materia delle miniere e delle risorse geotermiche nonché quella delle acque minerali, disciplinandole con norme indistintamente riferibili a tutti i beni minerari e, parallelamente, il R.D. 2 novembre 1933 n. 1579, " riserva al Demanio dello Stato il diritto di utilizzare industrialmente le acque salsobromojodiche scaturenti nel territorio nazionale", mentre l’art. 826, comma 2, c.c. classifica le acque minerali e termali come una sottospecie del bene giuridico "miniera".

Con l’art. 117 Cost. viene attribuita alle Regioni la competenza legislativa soltanto in relazione alle acque minerali e termali, con ciò determinando la scissione della materia "miniere" in due distinti ambiti di attribuzioni: quello delle acque minerali e termali, che forma oggetto di competenza legislativa concorrente, soggetta al limite dei principí fondamentali risultanti, in assenza di apposita legge cornice, dalla legislazione statale vigente, e quello delle miniere e delle risorse geotermiche, oggetto di competenza dello Stato, in relazione al quale le Regioni esercitano funzioni delegate.

La distinzione, imposta dall’art. 117 della Costituzione, viene recepita dal legislatore nazionale mediante l’art. 1 del D.P.R. 14 gennaio 1972 n. 2, l’art. 61 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e l’art. 22 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di contenuto sostanzialmente confermativo dei già intervenuti trasferimenti nonché delle deleghe di funzioni inerenti la materia miniere insieme a quella delle risorse geotermiche: funzioni enumerate nell’art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

Contestualmente, il bene giuridico "acque minerali" risulta ricompreso nell’ambito del patrimonio indisponibile della Regione.

Di conseguenza, la diversità delle due sfere di competenza regionale -"propria" con riferimento alla materia delle acque minerali e "delegata" con riferimento alla materia delle miniere e delle risorse geotermiche- comporta un differente ordine di limiti a carico della legislazione regionale, per cui, ad esempio, in relazione alla materia "miniere e risorse geotermiche", oggetto di una mera delega di funzioni, l’art. 34, comma 5, del D. L.gvo n. 112 del 1998 prevede la devoluzione dei canoni dovuti dai titolari dei permessi e delle concessioni alle Regioni, che possono provvedere alla relativa determinazione soltanto entro i limiti massimi fissati dallo Stato con regola inderogabile, ai sensi del precedente art. 33, comma 1, lettera c) (conf.: Corte Cost. 16.3. 2001 n. 65).

Con la riforma di cui alla legge costituzionale 18.10.2001 n. 3, che ha ridisegnato l’assetto dell’art. 117 Cost, in tema di competenze normative e funzioni amministrative fra Stato, Regioni ed enti locali, la materia delle miniere non risulta espressamente menzionata, nè fra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, nè fra le materie di legislazione concorrente, per cui si ritiene che essa vada ricompresa nel novero delle materie inerenti il "governo del territorio", rientrante nella potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, c. 3, Cost. (nuova formulazione), che, pertanto, si può ritenere comprensivo anche della materia inerente la localizzazione di impianti o attività estrattiva.

Nel caso che occupa, vertendosi in relazione a fattispecie inerente la materia delle concessioni delle acque minerali, non può, comunque, essere posta in dubbio la competenza propria della Regione Calabria (già prevista dal previgente sistema di riparto) ed assume scarso rilievo il dato testuale enucleabile dalla legge regionale della Calabria 12.8.2002 n. 34, che, nel dettare "i criteri e disciplina gli strumenti, le procedure e le modalità per il riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi esercitati dai Comuni, dalle Province, dagli altri Enti locali, dalle autonomie funzionali e dalla Regione, nelle materie di cui agli articoli 117, comma 3 e 4, e 118 della Costituzione, così come individuate nelle leggi e nei decreti legislativi di conferimento delle funzioni medesime", al "TITOLO II, Cap. VI", con gli artt. 41, 42 e 43 reca una disciplina unitaria sia della materia delle acque minerali che di quella delle "miniere e risorse geotermiche", secondo quell’accezione unitaria, già individuata dal legislatore di cui al R.D. 27 luglio 1927 n. 1443.

Invero, la l.r. 12.8.2002 n. 34 riserva, in materia, alla Regione un potere generale di controllo, di indirizzo e di vigilanza, mentre delega alle Province la competenza in ordine alla gestione ed al rilascio dei titoli concessori.

Ed invero, in tema di "funzioni della Regione", l’art 41, comma 1, lett. a), stabilisce:

"Sono riservate alla Regione tutte le funzioni amministrative che ne assicurano l’esercizio unitario a livello regionale ed in particolare le seguenti:

a) la verifica delle autorizzazioni per i permessi di ricerca e le concessioni per la coltivazione di minerali solidi e delle risorse geotermiche su terraferma, nel rispetto degli indirizzi della politica nazionale e regionale nel settore minerario e dei programmi di ricerca".

Invece, il successivo art. 42, comma 1, lettera a), in tema di "funzione delle provincie", precisa: "Sono attribuite alle Province funzioni e compiti amministrativi concernenti:

a) il rilascio dei permessi di ricerca e le concessioni per la coltivazione di minerali solidi e delle risorse geotermiche su terraferma, nel rispetto degli indirizzi della politica nazionale e regionale nel settore minerario, nonché dei programmi regionali di ricerca".

Applicando al caso di specie i precitati chiari ed univoci parametri posti dal legislatore, ne discende che la competenza, espressamente incardinata in capo alle Province, in ordine al rilascio delle concessioni, deve ritenersi inclusiva anche di quella della decadenza, secondo la regola del "contrarius actus", nel quadro dell’attività di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con atti d’indirizzo politicoamministrativo degli organi del governo regionale.

Né può essere determinante il rilievo secondo cui, nella specie, al rilascio aveva già provveduto la Regione con Decreto di G. R. n. 1487 del 15.2.2002, di data anteriore rispetto all’entrata in vigore della l.r. 12.8.2002 n. 34, poichè siffatta regola del "contrarius actus" non va intesa in modo meramente meccanicistico, ma subisce modifiche ed innovazioni per effetto di sopravvenienze normative od allorquando la pedissequa reiterazione di uno schema procedimentale diverga rispetto al corretto paradigma di riferimento, determinando illegittimità.

A tale stregua, la pronuncia di decadenza della Provincia Regionale, resa con l’impugnato provvedimento, appare esente dai profili di illegittimità denunziati sotto l’aspetto della competenza.

3. Con il secondo mezzo, la ricorrente deduce l’illegittimità della disposta decadenza della concessione mineraria, motivata, sostanzialmente, in relazione all’inottemperanza degli obblighi fissati con l’art. 3, punto 2, della concessione di "realizzare gli impianti di utilizzazione dell’acqua minerale entro due anni dalla notifica del presente decreto", senza tener conto che il permesso di costruire n. 1 del 2003, rilasciato dal Comune di Verbicaro, era stato annullato con sentenza di questo Tribunale Sez. I°, 27.1.2004 n. 148, poi gravata in appello con il ricorso RG 7463/2004, come rappresentato dalla ricorrente con nota del 13.4.2005, in sede di partecipazione procedimentale, ai sensi dell’art. 10 della legge 7.8.1990 n. 241, al fine di dimostrare l’esistenza del "factum principis" che avrebbe impedito l’esecuzione dei lavori.

La difesa della Provincia di Cosenza evidenzia che il giudizio di appello è stato dichiarato perento con decreto 6646 del 13/09/2010.

Gli atti di concessione mineraria importano un immanente controllo da parte dell’amministrazione concedente, relativamente al permanere delle condizioni necessarie al suo mantenimento: condizioni che, se implicano l’accertamento in ordine al venir meno dei requisiti di capacità e di idoneità determinano la declaratoria di decadenza, che assume natura e valenza di atto ricognitivo, mentre, se implicano l’accertamento in ordine ad inadempimenti da parte del concessionario a specifici obblighi a lui particolarmente imposti, determinano una comminatoria di decadenza, che assume natura e valenza di atto sanzionatorio.

Invero, in entrambe le ipotesi considerate, viene involta esplicazione di discrezionalità amministrativa e tecnica, in ordine all’accertamento circa la verifica delle condizioni anzidette, e, particolarmente, nel caso di comminatoria di decadenza di una concessione per inadempimento di obblighi, avente natura e funzione sanzionatrice, che, infatti, va, di norma, preceduta dalla contestazione degli addebiti e dalla diffida a porre fine all’inadempienza riscontrata (conf.: Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 1995, n. 1509; Sez. IV, 30 marzo 1966 n. 182; Sez. V, 29 aprile 1977, n. 394; Sez. VI, 25 novembre 1969, n. 801 e 9 febbraio 1982, n. 70).

Nel caso di specie, però, la sopravvenuta estinzione del giudizio di appello per perenzione, dichiarata con decreto 6646 del 13/09/2010, comporta il consolidamento definitivo del "factum principis", non essendo più possibile realizzare le opere edilizie assolutamente necessarie (come assunto anche dalla parte ricorrente) ai fini dello sfruttamento della concessione.

E’, dunque, evidente che, nel quadro giuridico e fattuale considerato, risulta inutile un ulteriore espletamento di attività amministrativa, al fine di valutarne la rilevanza del "factum principis", anche a prescindere da ogni indagine in ordine alla questione se, in relazione alla relativa potestà, alla P.A. sia attribuita una "facoltà’" od un "obbligo" di provvedere.

Pertanto, la censura non può essere accolta.

In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

La peculiarità della fattispecie considera di disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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