T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 14-04-2011, n. 2145 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Pregiudizialmente deve rilevarsi l’improcedibilità del ricorso introduttivo atteso che, in data 20.4.2010, successivamente alla notifica di tale ricorso, il Comune di Maddaloni, a rettifica dell’ ordinanza n. 30/10 ha emesso l’ordinanza n. 79/10, notificata alla P. in data 28.4.2010 – impugnata con i motivi aggiunti – adducendo un mero errore materiale nella individuazione dei proprietari del fondo ove insisterebbero i rifiuti e, quindi, dei destinatari del provvedimento ingiuntivo, dal contenuto del tutto identico a quello n. 30/10.

2. Ciò premesso, nel merito, i motivi aggiunti sono fondati.

Essi sono rivolti avverso il provvedimento adottato (anche) nei confronti della ricorrente – nella qualità di comproprietaria, in comune con i germani A. e N. e con Q.N., del suolo agricolo sito nel tenimento del Comune di Maddaloni (CE), in località Perticone, con unico accesso dalla Via Carrarone ma insistente anche sulla Via Gaudio – con il quale il Commissario Prefettizio del predetto Comune, richiamando il D.L. vo n. 152/2006, ordinava (tra gli altri comproprietari, anche) alla P., quale comproprietaria del fondo in questione: "di provvedere entro 30 (trenta) giorni, dalla notifica della presente, alla rimozione del materiale contenente amianto mediante conferimento in discarica autorizzata, presentando all’Ufficio Ecologia del Comune, sito in Via N. Bixio, n. 5, copia del formulario attestante l’avvenuto sversamento, secondo la normativa prevista dal D.M. 6.9.1994".

3. Il suddetto provvedimento consegue alla relazione di sopralluogo, prot. n. 867 del 5.2.2010, del Direttore dell’A.R.P.A.C. – Dipartimento Provinciale di Caserta, effettuato alla Via Gaudio Località Perticone, presso il fondo di proprietà P.Q., dalla quale si rileva che "su detto terreno insiste un casolare in muratura tufacea dove giacciono abbandonati un frammento di circa 1 mq. di ondulina di eternit e diversi tubolati in cemento amianto (tubazioni per scarichi pluviali)".

4. Il ricorso è fondato in relazione ai dedotti profili di violazione dell’art. 14, D.L. vo n. 22/1997 e dell’art. 192 D.L. vo n. 152/2006, nonché di eccesso di potere per difetto di istruttoria (prima censura) e di violazione dell’art. 192, comma 3, del D.L. vo n. 152/2006 e degli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990 per mancato rispetto delle garanzie partecipative (seconda censura).

5. Sotto il primo profilo, come la giurisprudenza ha evidenziato in numerose occasioni (ex multis, Cfr: T.A.R. Campania, sez. V, 6 ottobre 2008, n. 13004), in caso di rinvenimento di rifiuti da parte di terzi ignoti, il proprietario o comunque il titolare in uso di fatto del terreno non può essere chiamato a rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sulla propria area se non viene individuato a suo carico l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, per cui lo stesso soggetto non può essere destinatario di ordinanza sindacale di rimozione e rimessione in pristino (Cfr: T.A.R. Campania, Sez. I; 19 marzo 2004, n. 3042, T.A.R. Toscana, 12 maggio 2003, n. 1548, C. di S., IV Sez. 20 gennaio 2003, n. 168).

Tanto perché l’art. 14 D.L. vo 5 febbraio 1997, n. 22, in tema di divieto di abbandono incontrollato sul suolo e nel suolo, oltre a chiamare a rispondere dell’illecito ambientale l’eventuale "responsabile dell’inquinamento", accolla in solido anche al proprietario dell’area la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi, ma ciò solo nel caso in cui la violazione fosse imputabile a titolo di dolo o di colpa (Cfr: T.A.R. Lombardia, Sez. I, 26 gennaio 2000, n. 292 e T.A.R. Umbria 10 marzo 2000, n. 253).

6. In sede applicativa la giurisprudenza ha rilevato che: " Il dovere di diligenza, che fa capo al titolare del fondo, non può arrivare al punto di richiedere una costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e, per quanto riguarda la fattispecie regolata dall’art. 14 citato di abbandonarvi rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari canoni della diligenza media (o del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella specie, senza ulteriori specificazioni " (ex plurimis: C. di S., Sez. V, 8.3.2005, n. 935; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 5.8.2008, n. 9795).

Tale rigorosa disciplina trova conferma nel sistema normativo attualmente vigente, quale quello del D.L. vo n. 152/2006 in tema di ambiente. In siffatto disposto normativo tutto incentrato su una rigorosa tipicità dell’illecito ambientale, alcun spazio v’è per una responsabilità oggettiva, nel senso che – ai sensi dell’art. 192 – per essere ritenuto responsabili delle violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. E tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni anche in relazione ad un’eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono ed il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo.

7. Nel caso in esame, nonostante dal sopralluogo di cui sopra, non era emersa la possibilità di risalire all’autore materiale dell’abbandono dei rifiuti sul fondo in questione e, non facendosi cenno nell’ordinanza impugnata ad accertamenti o a verifiche dai quali emerga che l’abbandono dei rifiuti sia ascrivibile (anche) alla ricorrente, se ne fa derivare una responsabilità di quest’ultima per culpa in vigilando, per la mera qualità di comproprietaria dell’area di cui trattasi.

Al contrario si assume in gravame che il terreno di cui la ricorrente risulta comproprietaria, ancorché debitamente recintato (visto l’uso agricolo per la coltivazione di una specie di rapa molto diffusa nella zona, oltreché di agrumi, segnatamente arance) è stato nel corso degli anni, reiteratamente invaso, previo abbattimento del cancello d’ingresso posto sulla Via Carrarone, da ignoti (presumibilmente gli abitanti dei campi nomadi non autorizzati adiacenti, ubicati nella periferia agricola del Comune di Maddaloni) che ne hanno rubato i frutti, occupato il rustico agricolo e, soprattutto, depositato materiale di ogni genere, tra cui autoveicoli rubati e rifiuti.

Tale situazione di degrado e la sua presumibile addebitabilità alla popolazione nomade insediata nell’area, era stata più volte denunciata dalla ricorrente – da ultimo con esposto, versato in atti, datato 18.11.2009 – sia alla competente Stazione dei Carabinieri che alla Sezione Ecologica del Comando di Polizia Locale lamentando: "forzature delle recinzioni e del cancello, l’occupazione del fondo rustico agricolo ivi esistente, i danni cagionati alle coltivazioni, il deposito di beni di dubbia provenienza e, soprattutto lo sversamento abusivo di rifiuti di ogni genere".

A diversamente ritenere verrebbe a configurarsi in capo ai proprietari (e, con riguardo alla presente controversia, alla P.), un inesigibile obbligo di garanzia in concreto, per la mera qualità di proprietaria/custode, obbligo che, tuttavia, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva, esula dal dovere di custodia di cui all’art. 2051 cod. civ. il quale consente sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito (da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato).

8. Inoltre, recentemente, nella precedente sentenza n. 2135 del 26.4.2010, a Sezione, in relazione alla medesima problematica derivante dalla presenza di un campo nomadi (sia pure nel territorio dell’altro Comune di Giugliano), su aree di proprietà privata, aveva avuto modo di rilevare che " Il Comune di Giugliano, pur consapevole della presenza del campo nomadi n. 7 nell’area di proprietà del Consorzio ricorrente, pretende di chiamare quest’ultimo a rispondere della messa in sicurezza del sito con la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti combusti unicamente per la circostanza della mancata predisposizione di recinzioni o altre opere difensive per impedire o rendere difficoltoso l’intrusione di terzi, senza tener conto che tali opere (peraltro, ai sensi dell’art. 841 cod. civ. espressione di una facoltà e non di un obbligo del proprietario), nel caso di specie, si sarebbero rivelate del tutto inidonee, atteso che per risolvere il problema dell’allontanamento della popolazione nomade dall’area interessata dalla messa in sicurezza sarebbe necessario l’impiego di mezzi straordinari (necessariamente da attivarsi ad opera delle competenti Autorità Istituzionali) in relazione alla natura, al valore ed alla destinazione economica della cosa che esulano dal dovere del custode ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. " (Cfr. Cass. 75/4124).

9. Ne deriva la fondatezza anche della seconda censura, inerente alla violazione dell’art. 192, comma 3, del D.L. vo n. 152/2006 e degli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990, per mancata comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento con la conseguente inosservanza delle regole che garantiscono la partecipazione dell’interessato all’istruttoria amministrativa.

10. Nella fattispecie, anche in relazione alla peculiare e complessa problematica sollevata dalla ricorrente per la presenza di campi nomadi non autorizzati, ubicati nella periferia agricola del Comune di Maddaloni, quale causa ostativa alla immediata messa in sicurezza dell’area, l’Amministrazione Comunale, pur ritenendo di non addivenire con i proprietari delle aree interessate ad una soluzione concordata utilizzando strumenti ordinari di amministrazione, ed optando, in alternativa, per lo strumento autoritativo dell’ordinanza, avrebbe, quanto meno, dovuto coinvolgere, a pieno titolo, i proprietari interessati, consentendo loro di partecipare in contraddittorio agli accertamenti ed alle verifiche per individuare una soluzione tecnica e logistica per la rimozione dei rifiuti speciali depositati in maniera incontrollata sull’area e la messa in sicurezza della stessa.

11. Il Collegio condivide quanto rilevato in giurisprudenza secondo la quale il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente (o anche avente soltanto valenza "ambientale"), giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di un’"urgenza qualificata", in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione sulla necessità e l’urgenza di prevenire il grave pericolo alla cittadinanza (Cfr.: T.A.R. Campania, Sez. V, 3.2.2005, n. 764), anche perché sussiste un rapporto di conflittualità e di logica sovraordinazione tra l’esigenza di tutela immediata della pubblica incolumità e l’esigenza del privato inciso dall’atto amministrativo di avere conoscenza dell’avvio del procedimento (Cfr: T.A.R. Marche, 25 gennaio 2002, n. 97; T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 168); ciò in quanto il principio partecipativo alla base della comunicazione di avvio del procedimento ha carattere generalizzato ed impone, alla luce delle regole fissate dall’art. 7 L. n. 241/1990, che l’invio di essa abbia luogo in tutte quelle situazioni nelle quali la possibilità di coinvolgere il privato non sia esclusa da esigenze di celerità che caratterizzano la fattispecie e che, non possono ritenersi astrattamente implicite nella natura contingibile ed urgente dell’ordinanza, ma devono essere puntualmente esplicitate nel provvedimento in concreto adottato.

12. Secondo la giurisprudenza, in materia di ordinanze contingibili ed urgenti (ma ciò vale anche per le ordinanze meramente "ambientali"), l’obbligo della comunicazione sussiste allorché l’invio della stessa risulti in concreto compatibile con il procedimento alla base del provvedimento, in considerazione del provvedimento stesso in più fasi o del passaggio di un certo lasso di tempo dell’attività sfociata nell’adozione dell’atto (Cfr: T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 27.4.2005, n. 692).

La situazione da ultimo evidenziata è proprio attinente alla fattispecie in esame, in quanto le ragioni che hanno giustificato l’adozione dell’ordinanza impugnata sono da ricondursi ad un sopralluogo nell’area in questione effettuato dal Direttore dell’A.R.P.A.C. – Dipartimento Provinciale di Caserta in data 5.2.2010, con la conseguenza che le risultanze di sopralluogo siffatto erano note al Sindaco già da quell’epoca, mentre l’impugnata ordinanza che il suddetto sopralluogo richiama reca unicamente la data del 4 marzo 2010 e risulta notificata il giorno 18 successivo.

Pertanto, non accennandosi nell’impugnata ordinanza a quali siano stati i motivi di urgenza che abbiano reso obiettivamente impossibile la comunicazione di avvio del procedimento, non sussisteva alcuna concreta ragione, per adottare il provvedimento impugnato, in assoluta carenza di contraddittorio e senza il diretto coinvolgimento della diretta interessata che, nel caso di specie, sarebbe stato quanto mai opportuno, non solo per consentirgli di dimostrare l’estraneità di qualsiasi elemento di colpevolezza a suo carico, ma anche per la problematica questione della liberazione dell’area dalla popolazione nomade, precondizione indispensabile per rendere praticamente attuabile qualsivoglia tipo di intervento.

13. Conclusivamente, ogni altra censura assorbita, i motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti, con il conseguente annullamento degli atti con lo stesso impugnati e con salvezza per le ulteriori determinazioni amministrative che il Comune dovrà adottare, tenendo conto che, in questa materia, necessitano comunicazione di avvio del procedimento ed istruttoria adeguata, svolta in contraddittorio delle parti.

14. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2127/2010 R.G.) e sui motivi aggiunti proposti da P.L.A., così dispone:

a) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;

b) accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale n. 79 del 20.4.2010;

c) compensa fra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *