Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-07-2011, n. 15399 Contratti collettivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Milano, il dr. C.C., conveniva in giudizio la propria ex datrice di lavoro, Banco di Sicilia società per azioni (BdS), chiedendo l’accertamento della natura retributi va dell’indennità estero (indennità in valuta estera) corrispostagli ininterrottamente dal 18.10.1977 al 28.2.2002, periodo durante il quale aveva svolto la propria attività presso la sede di (OMISSIS), poi a (OMISSIS) e di nuovo a (OMISSIS), con condanna della convenuta al pagamento della relativa incidenza sul calcolo del TFR nella misura di Euro 228.255,00, a titolo di differenza tra l’importo di TFR già versatogli ed il maggior importo effettivamente dovuto.

Si costitutiva il Banco di Sicilia, contestando la fondatezza della pretesa e chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 10-11-2004/4-1-2005 il Tribunale accoglieva la domanda. Avverso tale decisione proponeva appello il Banco di Sicilia, cui resisteva il C., chiedendone il rigetto.

Con sentenza n. 168/2007 del 20.12.2006-22.2.2007, la Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la sentenza impugnata, riconoscendo la natura retributiva dell’indennità estero percepita dal C. nella misura dell’80%, escluso un 20% dovuto per rimborso spese scolastiche per i figli, maggiorato del 30%, con conseguente diritto all’incidenza della stessa, in tale misura, sul calcolo del TFR, condannando la società al pagamento di un importo complessivo pari a Euro 182.604,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il Banco di Sicilia con due motivi. Resiste il C. con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, cui resiste il Banco di Sicilia con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, trattandosi di impugnazioni avverso le medesima sentenza ( art. 335 c.p.c.).

Con il proposto ricorso il Banco di Sicilia denuncia: 1) violazione e falsa applicazione di norme di contratti ed accordi collettivi, con riferimento all’art. 88 CCNL 1987 (ex art. 67 CCNL 1983) per il personale direttivo del settore del credito, anche con riferimento agli artt. 2120, 1362 e 1363 c.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3); omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: rilevanza della disposizione collettiva in materia di definizione della base di calcolo del TFR ( art. 360 c.p.c., n. 5); 2) in subordine, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla natura risarcitoria ovvero retributiva ovvero mista, dell’indennità estero ( art. 360 c.p.c., n. 5).

Il ricorso è improcedibile, fondandosi le censure sulla interpretazione, oltre che della contrattazione collettiva, anche dei vari accordi aziendali, succedutisi nel tempo, rispetto ai quali non si è adempiuto quanto prescritto dal codice di rito. Va in proposito osservato che – secondo il più recente e condivisibile orientamento di questa Corte sul punto – in tema di giudizio di cassazione, avuto riguardo al combinato disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nella formulazione di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi dei quali il legislatore ha imposto (oltre che l’indicazione) anche l’obbligo di deposito, a pena di improcedibilità del ricorso, sono soltanto quelli che non fanno parte del fascicolo d’ufficio del giudizio nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, atteso che, diversamente, si causerebbero effetti processuali del tutto incoerenti sotto il profilo sistematico, quali un inutile appesantimento della produzione in giudizio, la duplicazione degli oneri posti a carico delle parti ed un aggravio della difficoltà di esercitare i diritti difensivi con pregiudizio del principio di effettività della tutela giurisdizionale (cfr. Cass. n. 18854/2010). Tale orientamento esige, tuttavia, non solo che nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile, ma anche che il contratto o l’accordo collettivo si allegato nel suo testo integrale (v. Cass. n. 21366/2010).

Più in dettaglio, è stato ripetutamente affermato (cfr., Cass. SU. n. 20075/2010, Cass. nn. 5050/08 e 19560/07), in sede di procedimento ex art. 420-bis c.p.c. (contenente la disciplina del procedimento relativo all’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, che prevede l’immediata decisione da parte del giudice, con una sentenza impugnabile in cassazione), che questa Corte, nell’interpretazione del contratto invocato, ha il potere di ricercare all’interno dell’intero contratto collettivo le clausole ritenute utili ai tale fine, senza essere in tale funzione condizionata dalle prospettazioni di parte.

Una tale regola è sicuramente applicabile anche in sede di controllo di legittimità del contratto collettivo nazionale di lavoro a seguito di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la produzione parziale di un documento sarebbe incompatibile con i principi fondamentali dell’ordinamento (che non consentono a chi invoca in giudizio un contratto di produrne solo una parte) nonchè con i criteri di ispirazione dell’intervento legislativo citato volto a potenziare la funzione nomofilattica della Corte (nei medesimi termini, cfr. Cass. 2 luglio 2009 n. 15495; Cass. n. 3894/2010).

La regola appare del resto coerente con i canoni di ermeneutica contrattuale di cui la Corte deve fare applicazione, ed in particolare con la regola relativa alla interpretazione complessiva delle clausole, secondo la quale le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso del fatto ( art. 1363 c.c.) (cfr. anche Cass. n. 21080/08)".

Nella specie, l’inosservanza di detto onere comporta la sopra riscontrata improcedibilità, con conseguente inefficacia di quello incidentale tardivo, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2.

L’esito del giudizio induce a condannare la ricorrente principale alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara improcedibile il ricorso principale ed inefficace l’incidentale. Condanna la ricorrente principale alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 39,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 19 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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