T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 343 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ricorso notificato il 3 febbraio 2003 e depositato il successivo 3 marzo, il sig. G.C. ha impugnato il provvedimento descritto in epigrafe, col quale il comune di Colfelice ha ordinato la demolizione di un fabbricato adibito ad abitazione costituito da piano seminterrato e piano terra, di struttura adibita a ricovero animali e recinzione, realizzati senza le prescritte concessioni e autorizzazioni.

2) A sostegno del gravame, il ricorrente deduce le seguenti censure:

I) Eccesso di potere. Carenza di istruttoria. Opere già rilevate dalla P.A. e tollerate per lungo tempo: prescrizione del potere o, in subordine, contraddittorietà con precedente comportamento.

Il provvedimento si riferisce a costruzioni già realizzate negli anni 60/70 e dunque da più di vent’anni, come attestato dalla dichiarazione giurata 28.1.2003, dal certificato storico di residenza e dalla perizia stragiudiziale allegata.

Il provvedimento è quindi affetto da tardività intesa come contraddizione del precedente comportamento della parte pubblica, la quale, nonostante conoscesse l’esistenza dell’abuso, lo ha tollerato per oltre un ventennio senza reprimerlo.

II) Violazione di legge: mancata adozione di procedimento ex L. 241/90. Illogicità manifesta e carenza della motivazione, sia sull’interesse pubblico attuale sia sul mutato atteggiamento.

L’Amministrazione ha omesso di esercitare il proprio potere in contraddittorio con l’interessato.

III) Nel merito: errata e falsa applicazione dell’art. 7 L. 47/85. Opere autorizzabili (pertinenze e volumi tecnici). Mancanza dei presupposti per la demolizione.

La opere descritte sub punto 2) dell’ordinanza impugnata rivestono natura pertinenziale rispetto al fabbricato uso abitativo e come tali richiedono la sola "autorizzazione sindacale gratuita".

3) Con ordinanza n. 253 del 21.3.2003, la Sezione ha accolto la domanda di sospensiva sul presupposto della possibile "violazione degli obblighi partecipativi di cui alla L. 241/90".

4) Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011, la causa è stata riservata per la decisione.

5) Il ricorso è infondato.

6) Il Collegio condivide gli orientamenti giurisprudenziali maggioritari, i quali, in merito alle censure dedotte (destituite quindi di fondamento giuridico) affermano:

– In caso di abuso edilizio non sussiste un affidamento del privato tutelabile da parte dell’ordinamento, per cui l’ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre la sanzione, non potendo l’abuso giustificare alcuna aspettativa del contravventore a vedere conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo non può legittimare (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 06 settembre 2010, n. 17306);

– Già in base ai principi vigenti alla data dell’atto impugnato, cioè prima della formulazione dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale, aggiunto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha espressamente sancito che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato"; e che il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato"), un’ordinanza di demolizione di opere abusive, adottata in mancanza della comunicazione di avvio del procedimento, doveva ritenersi illegittima soltanto qualora non fosse accertata in giudizio la sua superfluità. (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 5 maggio 2009 n. 4558).

7) Nella vicenda in esame, la comunicazione dell’avvio del procedimento appare affatto superflua, poiché dagli atti di causa può evincersi che l’emanazione dell’impugnato provvedimento era atto dovuto ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; e non risulta – ne è prospettato dai ricorrenti – che a seguito di una comunicazione dell’avvio del procedimento il contenuto dell’atto in epigrafe avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Inoltre, essendo il fabbricato principale privo di titolo legittimante, vanno qualificati come abusivi anche i manufatti che il ricorrente qualifica come pertinenziali, descritti al punto 2) dell’ordinanza impugnata.

8) In conclusione, il ricorso deve essere rigettato siccome destituito di fondamento giuridico.

9) Nulla per le spese.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso R.G. 226/03, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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