T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 14-04-2011, n. 3271 Istruzione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

icato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti, docenti, personale didattico, genitori ed organizzazioni sindacali operanti nel settore dell’insegnamento, impugnano gli atti con i quali è stata organizzata l’iscrizione degli alunni nelle scuole secondarie per l’anno scolastico 2010/2011 e, conseguentemente, la determinazione degli organici del personale docente.

Più precisamente, con il ricorso introduttivo è stata impugnata la circolare con la quale il MIUR ha impartito le istruzioni per l’avvio delle iscrizioni alla scuola secondaria; con i primi motivi aggiunti sono stati impugnati gli atti di determinazione degli organici di diritto; con i secondi motivi aggiunti sono stati impugnati gli atti relativi alla definizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali, nonché delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici, individuando per ogni indirizzo ed ordinamento le classi concorso destinatarie di riduzione di orario; con gli ultimi m.a. sono stati impugnati gli atti relativi alla dotazione organica del personale docente per l’a.s. 2010/2011 che hanno sancito formalmente quanto ancitipato con le circolari precedentemente emanate e già oggetto di gravame con i precedenti ricorso e motivi aggiunti.

Si sono costituiti il MIUR che resiste al ricorso ed ai motivi aggiunti di cui chiede il rigetto; ad adiuvandum, gli Enti locali territoriali (Regioni, Provincie e Comuni) meglio elencati in epigrafe i quali svolgono deduzioni ausiliarie a quelle dei ricorrenti, il cui gravame chiedono sia accolto; analogamente è intervenuto anche il CODACONS che sostiene il ricorso ed i motivi aggiunti, di cui chiede accoglimento.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

I) Nell’odierno giudizio vengono in decisione i gravami proposti dai ricorrenti contro gli atti dell’Amministrazione scolastica con i quali sono state disciplinate le iscrizioni per l’a.s. 2010/2011 e, conseguentemente, determinati gli organici, nonché contro gli atti relativi al riordino delle scuole superiori, segnatamente i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali.

Avverso tali provvedimenti sono stati proposti sostanzialmente due gruppi di censure, l’uno relativo all’illegittimità costituzionale dell’art. 64 del DL 112/2008, e conseguente illegittimità derivata dei provvedimenti che ne hanno disposto attuazione; l’altro relativo alla violazione della sequenza procedimentale che, nell’attuare le previsioni di legge, comprese quelle relative al ridimensionamento di orari e di personale in servizio, avrebbe dovuto essere rispettata, essendo preordinata ad assicurare la necessaria partecipazione al processo ed alle valutazioni decisionali a più organi rappresentativi di interessi generali, così assicurandone (sia a garanzia dell’affidamento delle famiglie e degli studenti, che a garanzia del minor sacrificio possibile da imporre al corpo docenti ed al personale ausiliario) il valore e l’autorevolezza contenutistica.

II) In tal senso, tra le molteplici e complesse censure che le parti ricorrenti hanno svolto avverso gli atti impugnati, quelle del primo gruppo risultano già trattate dal Tribunale, con pronunce alle quali è opportuno rinviare con sintetico richiamo, allo scopo sia di rispettare l’obbligo di necessaria sintesi degli atti giudiziari sia di non sottrarre spazio alla trattazione delle, comunque assorbenti, censure di nuova introduzione (secondo gruppo).

A tal proposito, si osserva che, con il ricorso e con i primi motivi aggiunti, i ricorrenti tentano di far valere l’illegittimità degli atti impugnati per illegittimità costituzionale dell’art. 64 del DL 25.6.2008, nr. 112, conv. in l. 133/08 sotto diversi aspetti e profili: tutte queste censure risultano già esaminate dal Tribunale che le ha respinte con sentenza con sentenza nr. 3291 del 3 marzo 2010, e con sentenza nr. 7530 del 24 luglio 2009 alle cui motivazioni è possibile rinviare.

In questa sede va solo precisato che, in forza della sentenza nr. 3291/2010, va respinta anche la domanda di annullamento dello schema di piano programmatico di cui all’art. 64 DL n. 112/08, conv.to in legge n. 133/2008, essendo quest’ultima affidata interamente alle censure già respinte con la sentenza richiamata, ad eccezione di un motivo di ricorso che, pur se già trattato nella richiamata sentenza nr. 03291/10, necessita di uno specifico esame, per migliore chiarezza di giudizio.

Secondo parte ricorrente, il Piano Programmatico avrebbe dovuto essere approvato solo dopo l’acquisizione dei pareri della Conferenza Unificata e delle Commissioni Parlamentari ed, in contrario, non varrebbe la disposizione di interpretazione autentica di cui alla l. n. 102/2009, di conversione del DL nr. 78/2009, art. 17 comma 25, secondo cui l’art. 64 del DL 112/2008 si interpreta nel senso che il piano programmatico si intende perfezionato con l’acquisizione dei pareri previsti dalla medesima disposizione ed all’eventuale recepimento dei relativi contenuti si provvede con i regolamenti attuativi.

La censura di parte ricorrente non trova la condivisione del Collegio: per la sua natura, il Piano Programmatico ben può sopportare adeguamenti in sede di esecuzione, mediante i regolamenti attuativi, perché, tramite questo meccanismo, i pareri rilasciati ex post di fatto possono effettivamente concorrere ad integrarne le previsioni o a correggerle; dunque i regolamenti attuativi operano in un regime di completamento dello schema procedimentale che sul piano degli effetti consegue il medesimo risultato di quello che si sarebbe ottenuto con l’acquisizione ex ante dei pareri di legge.

Peraltro, la disposizione in esame concorre a dimostrare come è proprio nella fase di esecuzione e, quindi ai fini dell’adozione dei regolamenti attuativi (in veste di D.P.R. o di D.I.), che il concerto tra le diverse Amministrazioni e gli organismi parlamentari va comunque ed effettivamente assicurato, argomento quest’ultimo che concorre a sostenere la fondatezza delle ragioni di parte ricorrente in ordine alle censure che si esamineranno immediatamente a seguire.

III) Le censure che non sono state già esaminate dal Tribunale sono, a loro volta, di particolare complessità, poiché con esse i ricorrenti aggrediscono atti e provvedimenti variamente susseguitisi nel tempo, e tra i quali sussistono relazioni di continuità che impongono una trattazione unitaria.

E’ quindi opportuno, per ragioni di chiarezza ed anche di pregiudizialità logicogiuridica, suddividere le censure in relazione agli atti impugnati, che, a loro volta, possono essere suddivisi in due gruppi, invertendo l’ordine temporale di impugnazione.

Un primo gruppo è costituito dai DPR nn. 87, 88 ed 89 del 15 marzo 2010, e dai relativi DI di attuazione (contenenti disposizioni inerenti il dimensionamento degli organici ed il regime delle iscrizioni da parte degli alunni), oggetto del penultimo ricorso per motivi aggiunti, con i quali, l’Amministrazione ha avuto di mira il riordino dei licei, degli istituti tecnici e istituti professionali; il secondo gruppo è costituito dagli atti con i quali è stato disciplinato il regime delle iscrizioni e del dimensionamento degli organici per l’a.s. 2010/2011, ed in esso vanno compresi sia il DI nr. 55/2010 (più precisamente, si tratta del DI n.35 del 6 luglio 2010 -11A02399- pubbl. su GU n. 45 del 2422011, erroneamente indicato come "55" dai ricorrenti e da ora in poi indicato nei suoi estremi effettivi), sia le circolari con le quali, anteriormente a tale decreto, ossia nel corso del 2009, ne sono stati anticipati gli effetti.

IV) Il Collegio prende in esame, quindi, il gravame proposto contro i DPR 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010, relativi alla revisione dell’assetto ordinamentale, rispettivamente, degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei e, correlativamente, delle censure inerenti i DI del 1.6.2010 con i quali il MIUR di concerto con il Ministero dell’Economia, ha dettato disposizioni sulla ridefinizione dell’orario complessivo annuale delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici per l’a.s. 2010/2011.

Si deve subito precisare che, sebbene i ricorrenti abbiano formalmente impugnato anche il DPR 89/2010 (relativo al riordino dei licei), i motivi delle censure che sono trattate sono riferiti esclusivamente ai DPR nr. 87 ed 88 (tanto che sono impugnati gli atti attuativi solo di questi ultimi due DPR e le censure trattano delle riduzioni di orario che non risultano sussistere nel DPR nr. 89/2010); pertanto, il gravame proposto contro il DPR nr. 89/2010, in quanto meramente nominale, è inammissibile e come tale va respinto.

IV.1) Così delineati i limiti del giudizio, in punto di fatto, i ricorrenti espongono che con gli atti impugnati è stato stabilito che le classi diverse dalla prima continuano a funzionare per l’a.s. 2010/2011 sulla base dei piani di studio previgenti, ma con orario complessivo variamente ridotto a 32 o 34 ore settimanali, in misura corrispondente al 20% dell’orario previsto dall’ordinamento previgente riferito a classi di concorso le cui discipline hanno complessivamente un orario annuale pari o superiore a 99 ore, modificando ex post il patto formativo sottoscritto nel primo anno con la scuola, e con particolare incidenza sulle classi di concorso con non meno di tre lezioni settimanali, ossia gli insegnamenti qualificanti i rispettivi indirizzi.

IV.2) Preliminare ed assorbente di ogni altra censura è la prima, secondo la quale il procedimento di formazione dei DPR impugnati è invalido, in quanto è stato omessa l’acquisizione del parere del CNPI.

La censura è fondata e come tale il suo accoglimento determina l’annullamento degli atti impugnati: in termini, si era già espresso il Tribunale in sede cautelare (v. ord. nr. 3363 del 19 luglio 2010), così come anche il Consiglio di Stato, che, in sede di appello, ha confermato l’orientamento del Tribunale (cfr. ord. nr 4413 del 29 settembre 2010).

Essendo il parere del CNPI un elemento essenziale del procedimento di rideterminazione degli orari delle seconde e terze classi degli istituti professionali e delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici, a norma dell’art. 25, comma 2, del DLgs 16 aprile 1994, nr. 297, la sua omissione determina comunque l’invalidità dei regolamenti e delle circolari applicative emanati senza tale parere e consegue necessariamente all’annullamento degli atti impugnati l’obbligo per l’Amministrazione di riedizione del potere previa l’acquisizione del parere medesimo, sui cui contenuti eventualmente difformi rispetto alla proposta, dovrà essere motivatamente presa posizione.

Tale è la conclusione cui conduce l’esegesi del quadro normativo di riferimento.

Si deve premettere che il CNPI è l’organo collegiale posto al vertice della struttura di autogoverno della scuola, ed espleta tale ruolo mediante una funzione consultiva in materia di "governo" del sistema scolastico, in modo da assicurare, per autorevolezza di contenuti, l’indipendenza dell’insegnamento scolastico, specie sotto il profilo dell’organizzazione del corpo didattico, ma anche dei contenuti dell’insegnamento.

In questo senso ed a tali fini, a norma dell’art. 25 del Dlgs 297/1994, è obbligatorio il parere del CNPI "nei casi di questioni generali in materia di programmazione dello sviluppo della scuola e di contenuti culturali e didattici, nonché di riforma di struttura di uno degli ordini scolastici": a tutt’evidenza la norma deve trovare applicazione al caso in esame, posto che i regolamenti impugnati vertono su questioni generali in materia di programmazione dello sviluppo della scuola ed incidono nei contenuti culturali e didattici dell’offerta formativa, dal momento che prevedono una sensibile riduzione a regime dell’orario di insegnamento che è elemento essenziale dell’offerta formativa, concorrendo a determinarne gli ambiti oggettivi esterni di natura quantitativa.

Tale circostanza è resa più evidente dall’esame della seconda censura dedotta nel gravame per motivi aggiunti notificati il 29/09/2010.

IV.3) Sebbene la censura precedentemente esaminata e ritenuta fondata comporta l’annullamento degli atti impugnati, per migliore chiarezza di giudizio, va comunque esaminato il secondo capo di gravame, anche allo scopo di orientare l’esecuzione del giudicato in ordine ai contenuti motivazionali di merito delle censure dedotte contro i regolamenti in esame.

In accoglimento della censura sub II dei m.a. del 29/09/2010, è parimenti evidente che i regolamenti in esame sono illegittimi perché, nel prevedere una indiscriminata riduzione dell’orario su base meramente numerica e percentuale (20% dell’orario relativo all’insegnamento delle discipline relative a classi di concorso con non meno di 99 ore annue, ossia non meno di tre ore settimanali) relativamente a corsi di studio già in atto (e dunque con modificazione unilaterale dell’offerta formativa sotto il profilo quantitativo a istruzione già in corso), contiene sostanzialmente l’implicito risultato di ridurre proprio gli orari delle discipline aventi maggiore caratterizzazione rispetto la qualificazione dei corsi di studio, con conseguente rischio di causare una sostanziale frustrazione dell’identità culturale degli istituti, e il rischio ulteriore di compromissione delle abilità degli studenti di conseguire la specifica formazione diretta a consentire l’inserimento nella filiera "tecnologica" o in quella "produttiva" (secondo la nuova terminologia relativa alla riforma degli istituti tecnici e professionali).

In questo senso, va condivisa la doglianza dei ricorrenti secondo la quale gli atti impugnati hanno disposto con irrazionalità e dunque con eccesso di potere, le riduzioni di orario a decorrere già dall’a.s. 2010/2011, quindi mutando unilateralmente l’ambito dei corsi di studio che erano stati prescelti dalle famiglie e dagli studenti, e senza attendere la previa ridefinizione delle classi di concorso (art. 64 lett. "a" DL 112/2008) che avrebbe consentito di razionalizzare ex ante i programmi di studio e gli insegnamenti.

Non vale in contrario sostenere che la riduzione di orario non incide sul programma di studio, di cui è fatto obbligo il mantenimento.

Invero, quest’aspetto rende ulteriormente evidente la censurabilità della riduzione indiscriminata senza la previa acquisizione del parere del CNPI in merito.

Si deve, a tale proposito, considerare che la relazione tra ore di studio e contenuti didattici è proprio il punto focale dell’incidenza della riforma dell’orario sull’offerta formativa ed è tale incidenza – nello specifico – che richiedeva la previa acquisizione del parere del CNPI, al fine di asseverare con la necessaria autorevolezza e nello spirito dell’autogoverno della scuola, la conciliabilità della riduzione dell’orario con la perdurante sostenibilità dell’offerta formativa, in quella sua qualità originaria che era stata oggetto del "patto formativo" nel primo anno tra la scuola e le famiglie e gli studenti che avevano formulato la scelta di quel determinato indirizzo.

Ciò che, invero, non è dato comprendere, mancando il previo parere del CNPI, è quindi se l’orario anterimodulazione fosse adeguato o meno all’offerta formativa e se quest’ultima fosse, a sua volta, da mantenersi nei contenuti e con la qualità esistenti: la direzione assunta dai DPR impugnati è stata quella di presupporre autoritativamente l’eccedenza delle ore rispetto ai contenuti formativi, ma così facendo non è stata fornita alle famiglie ed agli studenti, quindi all’utenza, alcuna garanzia di qualità del percorso formativo, con conseguente frustrazione delle aspettative di studio formatesi sulla base delle regole vigenti al momento dell’iscrizione al primo anno.

Ne consegue che alla luce di entrambi i profili considerati, le censure dedotte attengono a carenze procedimentali e sostanziali dei regolamenti impugnati e come tali sono fondate meritando l’accoglimento del Tribunale e l’annullamento degli atti impugnati, sia dei DPR illegittimi, sia dei DI che ne forniscono attuazione e che sono funzionalmente ad essi avvinti da un preciso nesso di derivazione costitutiva.

V) Il Collegio prende adesso in esame le censure dedotte contro le circolari con le quali sono stati determinati organici e modalità di iscrizione nell’anno 2009 per l’a.s. 2010/2011 e contro il D.I. nr. 35/2010 che ne ha confermato il contenuto ex post.

Si deve premettere che tali censure sono comuni non solo al presente giudizio, ma anche (in parte) ad altri ricorsi che sono stati chiamati in decisione alla odierna pubblica udienza e che sono oggetto di separate decisioni assunte dal Tribunale; in particolare, in uno di questi ricorsi, recante il nr. di RG 2902/09, sono stati impugnati non solo gli atti esaminati nel presente capo di sentenza, ma anche altri atti e provvedimenti antecedenti contro i quali sono state dedotte le medesime censure. In quel giudizio, come si vedrà meglio oltre, una parte delle censure dedotte sia in quella sede che nell’odierno giudizio, sono state già respinte, mentre altre sono ancora da esaminarsi e sono comuni anche all’odierno gravame.

Quindi, per la migliore comprensione del tema del giudizio è necessario richiamare nell’odierna sentenza, sia pure succintamente, le premesse storiche che sono relative al giudizio nr. 2902/09 e che si possono evincere dalla sentenza parziale nr. 7530/2009 pronunciata in quella sede dal Tribunale.

Quindi, per la migliore comprensione del tema del giudizio è necessario richiamare nell’odierna sentenza, sia pure succintamente, le premesse storiche che sono relative al giudizio nr. 2902/09 e che si possono evincere dalla sentenza parziale nr. 3291/2010 pronunciata in quella sede dal Tribunale.

1. Nel ricorso nr. 2902/09 sono stati impugnati: la circolare del MIUR n. 4 del 15 gennaio 2009 -avente ad oggetto "Iscrizione nelle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado, nella parte relativa alle iscrizioni nella scuola dell’infanzia e del I ciclo", e "per quanto occorrer possa" lo schema di Piano Programmatico predisposto dal Ministero dell’istruzione Università e Ricerca di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze; nonché con ricorso per motivi aggiunti depositato il 13 maggio 2009, la Circolare del MIUR n. 38 del 2 aprile 2009 -con la quale il Capo Dipartimento dell’Istruzione presso il MIUR ha dettato istruzioni ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali per la determinazione dell’organico di diritto relativo all’a.s. 2009/2010 ed ha loro inviato uno schema di decreto ministeriale; il Decreto Interministeriale n. 62 del 6 luglio 2009, la Circolare n. 37 del 13 aprile 2010 e del Decreto Interministeriale n. 55 del 6 luglio 2010 (recte: nr. 35) concernente la determinazione degli organici del personale docente per l’a.s. 2010/2011.

Questi ultimi due provvedimenti sono entrambi impugnati nell’odierno giudizio; nel ricorso nr. 2902/09, con la sentenza parziale nr. 7530/09, sono state respinte le doglianze basate sulla asserita illegittimità costituzionale dell’art. 64 del DI nr. 112/2008 e le censure relative alla illegittimità del Piano Programmatico adottato in forza di tale disposizione ed è rimasta impregiudicata la decisione inerente l’impugnazione, tra l’altro della Circolare nr. 37 del 13 aprile 2010 e del DI nr. 55 (35) del 6 luglio 2010.

2. Quest’ultimo aspetto pone il giudizio sul ricorso nr. 2902/09 e l’odierno gravame in diretta correlazione tra loro.

Infatti, anche nell’odierno giudizio (con il ricorso e con i primi motivi aggiunti) parti ricorrenti impugnano gli atti meglio indicati in epigrafe (CM nr. 17/2010 e CM nr. 37/2010) con i quali è stato determinato l’organico docente per l’a.s. 2010/2011 ed organizzate le iscrizioni; con il terzo atto di motivi aggiunti è stato impugnato il DI nr. 55/2010 (recte: 35) che le circolari impugnate con il ricorso e con i primi motivi aggiunti avevano sostanzialmente anticipato.

Così come anche nel ricorso nr. 2902/09, i ricorrenti lamentano l’illegittimità degli atti impugnati, tra l’altro, in quanto non sarebbe stata rispettata la giusta sequenza procedimentale, che prevedeva l’acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari e della Conferenza Unificata prima di provvedere all’esecuzione del Programma di cui all’art. 64 a mezzo dei necessari decreti interministeriali, ossia del DI nr. 35/2010.

Su tale censura il Tribunale, nel ricorso nr. 2902/09, non si è pronunciato.

Va subito precisato che la censura non è meramente formale: in attuazione della riforma di cui all’art. 64 DL 112/2008, lo schema in vigore secondo le previsioni di legge persegue lo scopo di assicurare la necessaria partecipazione di organismi rappresentativi di precisi interessi generali la cui attuazione è demandata alla programmazione formativa (precisamente, la valutazione delle Commissioni Parlamentari costituisce il necessario raccordo di verifica e controllo tra l’esercizio della delega conferita dal Parlamento all’Esecutivo e la Conferenza unificata l’altrettanto centrale snodo di confronto con le realtà territoriali direttamente interessate all’esercizio della formazione).

A tale proposito, secondo i ricorrenti, l’art. 64 del DL 112/2008 avrebbe imposto un procedimento così scandito: definizione di uno schema di piano da sottoporre all’esame della Conferenza Unificata e delle Commissioni Parlamentari, ai fini dell’emissione del loro parere di competenza, che, nel caso della Conferenza unificata è previsto dall’art. 8 del Dlgs nr. 281/97, applicabile al caso di specie; adozione formale del piano programmatico.

3. La soluzione della questione che le censure appena sommariamente descritte hanno introdotto, dipende dell’applicabilità dell’art. 22 della legge 448/2001 alla fattispecie oggetto dell’odierno giudizio, in presenza dell’art. 64, comma 3 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

Peraltro, il Tribunale, nella sentenza parziale pronunciata nel ricorso nr. 2902/09, aveva espresso dubbi in ordine a tale applicabilità, lasciandone tuttavia impregiudicata la soluzione (che aveva riservato all’esito di ulteriori adempimenti di giudizio).

Ad attento esame, l’applicabilità dell’art. 22 della l. 448/2001 va ritenuta, con la conseguenza che le due norme (l’art. 22 cit. e l’art. 64 del DL 112/2008) trovano applicazione congiunta e, così coordinate, conducono a imporre l’acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari prima dell’emanazione del Decreto Interministeriale di rideterminazione degli organici, anche se il parere è già stato acquisito ai fini del Programma di cui all’art. 64 cit.: in quest’ultima sede il parere investe una previsione, mentre in occasione dell’emanazione del DI, il parere riguarda l’esecuzione e l’attuazione di ciò che è stato a suo tempo programmato e quindi ha natura e funzione di controllo "a valle" dell’esercizio del potere.

Per rendere più chiara tale conclusione, è necessaria una succinta analisi del quadro normativo di riferimento.

3.1 L’art. 22 della legge 448/2001, mai formalmente abrogato, prescrive che "1. Nel quadro della piena valorizzazione dell’autonomia e di una migliore qualificazione dei servizi scolastici, le dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome sono costituite sulla base del numero degli alunni iscritti, delle caratteristiche e delle entità orarie dei curricoli obbligatori relativi ad ogni ordine e grado di scuola, nonché nel rispetto di criteri e di priorità che tengano conto della specificità dei diversi contesti territoriali, delle condizioni di funzionamento delle singole istituzioni e della necessità di garantire interventi a sostegno degli alunni in particolari situazioni, con particolare attenzione alle aree delle zone montane e delle isole minori. 2. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisce con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri per l’attuazione di quanto previsto nel comma 1 e provvede alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed alla sua ripartizione su base regionale".

Trattasi di una norma molto simile a quella già prevista dal comma 71 della legge 662/96 ove pure si prevedeva che "gli organici del personale della scuola sono rideterminati con periodicità pluriennale, secondo criteri, procedure e parametri di riferimento stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica" (in realtà però i parametri ed i criteri generali sono stati poi dettati non dal Decreto Interministeriale, ma dal dPR 233/98, norma regolamentare).

3.2 A seguito della legge 448/2001, il primo decreto interministeriale venne emanato nel rispetto della procedura prevista dal comma 2 dell’art. 22 ed in quella occasione fu ritualmente acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti. Successivamente, il parere alle commissioni parlamentari non venne più richiesto posto che l’Amministrazione riteneva di porre in essere non una modifica dei parametri, ma solo il computo della dotazione organica.

Adottatosi questo approccio sostanziale, il parere predetto non è stato chiesto neanche in occasione del D.I successivo al varo del Piano programmatico previsto dall’64 del DL 112/2008, poiché quest’ultimo strumento di programmazione già era stato confortato dal parere delle commissioni parlamentari competenti.

In realtà il Piano programmatico è strumento di natura pianificatoria. Esso indica con tecnica narrativa e funzione descrittiva e prescrittiva gli obiettivi che il Governo si pone e gli strumenti che ritiene necessari per il raggiungimento degli stessi, indi esamina gli effetti potenzialmente refluenti sugli organici e sui costi a carico dello Stato. Trattasi di un atto che impegna sul piano politiconormativo il Governo a realizzare gli obiettivi attraverso una serie di "azioni" riferite partitamente alle seguenti macro aree: revisione degli ordinamenti scolastici; riorganizzazione della rete scolastica, ivi compresi i centri territoriali per l’educazione degli adulti e i corsi serali; razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane delle scuole.

Segnatamente, con riferimento al "razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane delle scuole" il piano programmatico prevede la "ridefinizione dei criteri e parametri che presiedono alla formazione delle classi, con particolare riguardo ai valori minimi e massimi necessari per la costituzione delle stesse che consentano di incrementare sia il rapporto alunni/docenti che quello alunni/classi, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei, come previsto dall’art. 64 comma 4 della legge 133/200"; con riguardo agli strumenti prevede altresì che "l’applicazione dei nuovi parametri, correlata alla revisione della rete scolastica da parte delle Regioni, costituisce lo strumento necessario per la determinazione e l’assegnazione degli organici complessivi"; con riguardo agli effetti compie infine una stima delle riduzioni che il personale docente subirà (per il solo innalzamento del rapporto) nel triennio (6.000 per l’as 2009/2010; 3.400 per l’as 2010/2011; 3.400 per l’as 2011/2012).

3.3. Con il dPR 20 marzo 2009 n. 81(in Gazz. Uff., 2 luglio, n. 151) sono state introdotte "norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133". Tale regolamento ha capacità di derogare a norme di legge e di regolamento vigenti, ai sensi dell’art. 64 cit. e, puntualmente, il DPR elenca all’art. 24 le norme espressamente abrogate (tra le quali non è indicato l’art. 22 della l. 448/2001).

L’art. 2 dello stesso ha prescritto che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali tenuto conto degli assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, in base: a) alla previsione dell’entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze degli alunni disabili e degli alunni di cittadinanza non italiana; b) al grado di densità demografica delle varie province di ciascuna regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale; c) alle caratteristiche geomorfologiche dei territori interessati e alle condizioni socioeconomiche e di disagio delle diverse realtà; d) all’articolazione dell’offerta formativa; e) alla distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 20092011; f) alle caratteristiche dell’edilizia scolastica". Ha infine previsto che la determinazione e la distribuzione delle dotazioni organiche tra le regioni tengano conto, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei criteri e dei parametri innanzi descritti.

La norma, tuttavia, nulla ha disposto in ordine alla natura ed agli aspetti procedimentali dell’atto di determinazione della dotazione organica, né richiamato in alcun modo il disposto dell’art. 22 della legge 448/2001, sicchè si aprono, sul versante procedimentale, due opzioni interpretative:

a) La prima riconosce un ruolo attuale alle norme di natura procedimentale contenute nell’art. 22 della legge 448/2001. In particolare (tesi fatta propria dai ricorrenti) il procedimento rimarrebbe integralmente quello disciplinato dall’art. 22 con la conseguenza che andrebbe acquisito anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti; secondo l’amministrazione quest’ultimo sarebbe inutile essendo già stato acquisito in sede di elaborazione del piano che fissa obiettivi e strumenti poi attuati dal dPR 81/2009 e poi anche dal decreto interministeriale. In pratica, entrambe le tesi riconoscono, esplicitamente o implicitamente, applicabilità all’art. 22 cit., divergendo solamente in ordine alla sua interpretazione.

b) La seconda consiglierebbe di ritenere l’abrogazione implicita dell’art. 22 citato, sulla scorta della considerazione che l’impianto normativo è ormai profondamente innovato dall’art. 64 del DL 112/98 (norma d’impulso) dal piano programmatico e dalle norme regolamentari successive, sicchè è solo a queste ultime che dovrebbe aversi riguardo.

Tra le due opzioni interpretative, il Collegio predilige la prima per le seguenti ragioni.

3.4. Si deve considerare che la riforma del sistema ordinamentale cui ha dato una forte accelerazione l’art. 64 più volte citato, ha trovato finale veste positiva nel dPR 81/2009, il quale ha direttamente stabilito, con efficacia normativa, i parametri in base ai quali l’organico deve annualmente essere determinato. In precedenza, l’individuazione di siffatti parametri era stata demandata ad un decreto interministeriale da emanare previo parere della commissioni parlamentati competenti, limitandosi, l’art. 22 comma 1 della legge 448/2001, a dettare solo alcuni parametri generalissimi e dichiaratamente non esaustivi. L’evoluzione normativa ha portato dunque ad una definizione regolamentare dei parametri e dei criteri, lasciando all’amministrazione la sola determinazione, alla luce dei detti parametri, delle dotazioni organiche e della relativa ripartizione fra le Regioni, sentita la Conferenza Unificata.

Nel mutato quadro normativo, il generico riferimento all’ "amministrazione" compiuto dal dPR 81/2009 in relazione al potere/dovere di provvedere annualmente alla revisione delle dotazioni organiche sulla base dei parametri indicati, deve essere allora riempito di contenuti, ed in tale direzione non possono non richiamarsi i principi generali di cui al TU 165/2001.

E’ pur vero che a mente dell’art. 6 del TU, citato, "restano salve le disposizioni vigenti per la determinazione delle dotazioni organiche del personale degli istituti e scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative", ma quando vi è incertezza sulla disposizioni speciali vigenti, i principi generali possono costituire una valido ausilio interpretativo e ricostruttivo; e nel caso di specie l’incertezza sussiste, essendo, com’anzi detto, l’unica norma sul procedimento di determinazione delle dotazioni organiche complessive, ormai privata del suo sub strato (id est i parametri)

4. Secondo il combinato disposto dell’art. 6 del Dlgs 165/2001 citato e dell’articolo 17, comma 4bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 le dotazioni organiche e le loro variazioni sono determinate, in coerenza con lo strumento di programmazione triennale (atto di indirizzo politico amministrativo deliberato dal Consiglio dei ministri) con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta". Trattasi dunque di un atto di natura regolamentare emanato all’esito di una procedura complessa che coinvolge l’intero Governo, le commissioni parlamentari competenti ed il massimo organo consultivo.

4.1 Non è revocabile in dubbio che le esigenze di flessibilità procedimentale e celerità legate alla predeterminazione dei parametri ed alla strutturazione dell’anno scolastico che scandisce il tempo delle iscrizioni e dei conseguenti fabbisogni, necessitino di norme ad hoc, ma è parimenti vero che, se queste norme sono state varate e sono attualmente vigenti esse devono essere rigorosamente applicate non potendosi legittimamente configurare altra opzione all’alternativa tra la loro integrale applicazione e la sussidiaria applicazione delle norme e dei principi generali del TU. Qualsiasi altro approdo ermeneutico, anche se ragionevole, determinerebbe infatti una deroga alla norma generale, sortita in via interpretativa e non in forza di quelle "disposizioni" fatte salve dalla prima.

Ciò vale ad escludere anche la percorribilità di un’estensione in via analogica delle previsioni di cui all’art. 1 del dPR 81/2009 per le quali "alla definizione dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio scolastico, si provvede con decreto, avente natura regolamentare, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata".

Trattasi, infatti, di una fattispecie sensibilmente diversa da quella relativa alla determinazione vera e propria delle dotazioni organiche complessive, posto che il dimensionamento delle strutture, nella prospettiva dell’art. 1 cit., è legato a fattori strutturali inerenti soprattutto le sedi, laddove le dotazioni organiche attengono alla dinamica dell’offerta formativa in relazione al rapporto insegnanti/popolazione scolastica. La disposizione di cui all’art. 1 cit. (inerente, lo si ripete, il dimensionamento delle strutture), è dunque ancora più difficile da utilizzare in via analogica se poi si consideri, ulteriormente, non solo la differenza ontologica di materia, ma anche la perdurante vigenza dell’art. 22 della legge 448/2001, che impedisce di raffigurare la sussistenza del presupposto della applicazione analogica di una disposizione, ossia una lacuna normativa in senso tecnico.

5. Dunque, la considerazione sulla base della quale, a seguito del varo della riforma e della modifica dei parametri da ultima cristallizzata nel dPR 81/2009, l’amministrazione possa prescindere, nel procedimento di determinazione delle dotazioni organiche complessive, dal parere delle commissioni parlamentari competenti espressamente previsto dall’art. 22 della legge 448/2001, introduce un’opzione ermeneutica che riconduce al DPR 81/2009 un effetto parzialmente abrogativo dell’art. 22 cit. non espressamente contemplato dall’art. 64 del DL 112/08, né nell’art. 24 del medesimo DPR 81/2009, né, infine, altrimenti sostenibile alla luce della generale disciplina generale vigente e dei principi dalla stessa ricavabili, perché le disposizioni di cui al menzionato art. 22 ed il DPR 81/2009 non entrano in diretto contrasto tra loro. Pertanto, il combinato disposto dell’art. 22 della legge 448/2001 e dell’art. 2 del dPR 81/2009 scandisce, ai fini della determinazione degli organici della scuola, la seguente fattispecie procedimentale: decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 per i soli aspetti relativi alla ripartizione su base regionale.

6. Nel caso di specie, non risultano essere state sentite le commissioni parlamentari competenti per materia. In questo senso, nessun riferimento testuale è contenuto nelle circolari impugnate, né nel DI nr. 55/2010 (35/2010); tra l’altro, nella circolare nr. 37/2010, ove è esposto il quadro normativo di riferimento al fine di orientare la migliore comprensione della sua lettura, si oblitera del tutto il riferimento all’art. 22 della l. 448/2001; né risultano altrimenti agli atti indicazioni in tal senso.

Da quanto sopra, il Collegio deve trarre la conseguenza che va ritenuto provato il mancato rispetto dell’obbligo di cui al menzionato art. 22.

Si è dunque violato l’espresso disposto della norma che ha inizialmente attribuito e disciplinato il potere. Ciò è sufficiente ad accogliere il gravame ai fini dell’annullamento del Decreto Interministeriale n. 35 del 6 luglio 2010 concernente la determinazione degli organici del personale docente per l’a.s. 2010/2011, oggetto del terzo ricorso per motivi aggiunti proposto nell’odierno giudizio e, in conseguenza, anche per l’annullamento delle Circolari nn. 17 del 18.02.2010 e 37 del 13.04.2010 che, sostanzialmente, ne avevano anticipato il contenuto e dunque dipendevano, funzionalmente, dall’emanazione del decreto finale.

In particolare, per la sua ampia estensione previsionale, la circolare nr. 37/2010, con la quale veniva anche trasmesso uno schema del D.I. (che poi sarebbe divenuto il D.I. nr. 35/2010), ha avuto sostanziali effetti normativi di anticipazione delle norme che, invece, erano affidate alla decretazione interministeriale ed ha conseguito l’effetto di conformare l’ordinamento scolastico senza il visto preventivo di legittimità della Corte dei Conti in violazione dell’art. 3 della l. 20/1994.

Sebbene tale considerazione radichi una evidente illegittimità autonoma della Circolare nr. 37/2010, l’effetto caducante delle circolari che l’annullamento del DI nr. 35/2010 comporta rende ultronea l’approfondita trattazione delle censure autonomamente dedotte da parte ricorrente contro le circolari in quanto tali, sub specie della loro non attitudine ad innovare l’ordinamento sotto lo specifico aspetto dei ridimensionamenti degli organici già nel corso dell’a.s. di riferimento in mancanza del necessario D.I.

Appare evidente, infatti, che la censura relativa al mancato parere delle commissioni parlamentari è riferita alla sostanza delle modifiche imposte, e dunque incide sul risultato finale dell’operazione amministrativa complessa che è scaturita dalle Circolari prima e dal D.I. poi e dunque è assorbente dei vizi interni alla sequenza procedimentale in sé considerata.

7. Anche per quanto appena esposto, all’accoglimento della censura consegue l’ultroneità di una approfondita valutazione in ordine all’avvenuta audizione della Conferenza Unificata, posto che, una volta acquisito il parere delle Commissioni parlamentari, lo schema di Decreto Interministeriale dovrà necessariamente essere riproposto in quella sede.

Ulteriori considerazioni circa l’illegittimità dell’anticipazione a mezzo circolare degli effetti del D.I. saranno comunque compiute nel prossimo capo di sentenza, relativo alla tutela delle situazioni giuridiche coinvolte.

V) Misure idonee a tutelare le situazioni giuridiche dedotte in giudizio.

L’accoglimento della domanda di annullamento nei limiti di quanto sopra specificato, genera prevedibili difficoltà applicative che inducono il Collegio, avvalendosi della disposizione di cui all’art. 34, comma 1, lett. "c" del c.p.a., a prevenire e risolvere mediante misure idonee a tutelare le situazioni giuridiche dedotte in giudizio.

V a). Preliminare è chiarire che dall’accoglimento delle censure sopra riportate, consegue necessariamente l’obbligo di riesame, da parte dell’Amministrazione, delle regole relative al dimensionamento degli organici e degli orari di insegnamento.

Tale riesame va condotto mediante la previsione di una proposta coerente con le motivazioni della presente sentenza, che andrà sottoposta al CNPI ed alla Conferenza Unificata.

In ogni caso, nella formazione della proposta dovrà necessariamente prevedersi un complesso di misure atte ad assicurare:

a1) la ricostruzione delle posizioni dei docenti nelle rispettive graduatorie rispetto ai tagli di orari e di organici operati per effetto degli atti impugnati, relativamente agli anni scolastici di riferimento, mediante il riconoscimento di una apposita priorità di reinserimento nelle cattedre oggetto di soppressione dei rispettivi titolari, laddove – e nei limiti in cui – queste ultime risulteranno ripristinate a seguito della riedizione del potere o, comunque, mediante il riconoscimento ai fini curriculari dei relativi titoli;

a2) idonea facoltà per le famiglie degli alunni o degli studenti di operare apposito transito da uno ad altro istituto in conseguenza della rimodulazione dell’offerta formativa, oppure previsione di corsi aggiuntivi o attività di recupero per integrare l’offerta formativa carente nell’istituto di iscrizione, a favore degli studenti che hanno subito le riduzioni di orario nelle materie di insegnamento dei licei tecnici e professionali.

V b) Allo scopo di non lasciare incertezza sul corretto rapporto tra circolare e fonte normativa, sorge la necessità di esaminare quelle ulteriori censure che erano state dedotte in relazione alla legittimità della circolare sulle dotazioni organiche e sulle iscrizioni che riferendosi ad uno schema di decreto interministeriale non ancora emanato, di fatto ne avrebbero anticipati gli effetti vincolanti e lesivi, senza la necessaria stabilità propria del decreto interministeriale o del regolamento.

Come si è accennato in precedenza, l’esame di tali censure non rileva tanto ai fini dell’accoglimento della domanda di annullamento, derivando quest’ultimo, nelle parti di interesse, dall’annullamento del D.I. nr. 35/2010, quanto ai fini del corretto orientamento dell’esercizio del potere nella riedizione che consegue alla presente sentenza.

Dall’esame della documentazione prodotta emerge, in effetti, una prassi amministrativa (ossia un comportamento costante tenuto dall’amministrazione in assenza di norme che lo impongano o l’autorizzino) probabilmente alimentata ed avvalorata dalla necessità di avviare per tempo iniziative amministrative e consultive preliminari all’attuazione in tempo utile (ossia prima dell’inizio dell’anno scolastico, rectius, prima della data ultima per le iscrizioni allo stesso) delle previsioni vincolanti contemplate dall’atto emanando già con riferimento all’anno scolastico alle porte.

La prassi, che come accennato sfrutta l’agile strumento della circolare, può ritenersi legittima solo nella misura in cui si limiti a predisporre adempimenti, avviare consultazioni a dettare istruzioni, tutte espressamente e chiaramente condizionate, non solo in relazione alla loro utilità ma anche e soprattutto in ordine agli effetti giuridici vincolanti, all’effettiva emanazione del testo normativo i cui contenuti si anticipano. Gli effetti – in alcuni casi particolarmente rilevanti nei confronti dei soggetti coinvolti a vario titolo nella vita e nel funzionamento delle istituzioni scolastiche – devono cioè manifestarsi e decorrere dalla data di entrata in vigore della norma, e l’anticipazione deve concernere esclusivamente aspetti organizzativi e strumentali senza imporre sacrificio alcuno (neanche provvisorio) agli interessi dei soggetti in qualche modo toccati dalla norma in fieri. In sostanza, la circolare – ovviamente in relazione agli aspetti ancora de iure condendo – deve limitarsi a dare istruzioni operative in modo che la macchina amministrativa, anche periferica, sia pronta ai "blocchi di partenza" non appena la norma entrerà in vigore.

E’ evidente che siffatto modus procedendi è ontologicamente incompatibile con azioni preparatorie che coinvolgano il rapporto di lavoro o il rapporto con gli alunni, ossia questioni che incidano immediatamente sulla sfera giuridica di terzi generando effetti irreversibili, poiché in tali casi il principio di legalità risulterebbe gravemente violato.

Nella riedizione del potere conseguente all’odierno giudicato, è dunque fatto tassativo divieto di ricorrere a circolari normative, ossia a strumenti amministrativi interni tesi ad innovare le fonti del diritto in questa particolare materia, anticipando i contenuti delle fonti di produzione a ciò appositamente preordinate secondo il principio di legalità.

VI) Per tutti questi motivi, il ricorso ed i motivi aggiunti sono dunque fondati, conseguendone l’annullamento degli atti impugnati, ad eccezione dello schema di piano programmatico di cui all’art. 64 DL n. 112/08, conv.to in legge n. 133/2008, per le ragioni esposte in apertura (sub II).

Avuto riguardo all’esito del giudizio, alla complessità della controversia ed alla mancanza di consolidati orientamenti giurisprudenziali, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li accoglie nei limiti in parte motiva esposti e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, ad eccezione dello schema di piano programmatico di cui all’art. 64 DL n. 112/08, conv.to in legge n. 133/2008 e del DPR 89/2010 in tema di riordino dei licei.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria giurisdizionale di comunicarne copia alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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