T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 927 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. Con il ricorso in epigrafe, parte ricorrente chiede che le venga riconosciuto il diritto al risarcimento del danno derivante dal diniego di rilascio di una concessione edilizia, volta alla realizzazione di un manufatto interrato per il ricovero e il rimessaggio delle imbarcazioni, richiesta in data 27.9.2001.

Il diniego è stato ritenuto illegittimo da questo Tribunale con sentenza n. 201/2004.

Ai fini della quantificazione del danno, parte ricorrente si è affidata a uno studio redatto dalla G. s.r.l..

Il Comune resistente ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, trattandosi di azione proposta al di fuori del contesto di un gravame volto ad esaminare la legittimità o meno di un provvedimento amministrativo.

Nel merito, ha ritenuto che il procedimento, dopo la sentenza n. 201/2004, si è arrestato per non avere la ricorrente riscontrato le note prot. n. 4594 e prot. U.T. n. 1580 del 16 luglio 2004, con le quali quest’ultima era stata invitata, tra l’altro, a completare la documentazione con il titolo di proprietà, posto che questa risultava essere per 1/2 di Salvatore D’Amico, che aveva rilasciato una dichiarazione di intenti alla vendita dell’immobile condizionato dall’ottenimento della concessione edilizia, e per la restante parte dei Sigg. Favaloro Antonino, Favaloro Bartolomeo, Favaloro Caterina, Favaloro Domenico, Favaloro Giuseppa e Favaloro Maria.

Parte ricorrente si è doluta, in somma sintesi, di non aver potuto ottenere il rilascio della concessione edilizia, poiché la dichiarazione di intenti non sarebbe più stata possibile proprio per effetto del notevole decorso del tempo, a causa del quale il promittente non ha ritenuto di poter mantenere ferma la proposta in attesa della risoluzione della controversia in sede amministrativa definita dalla citata decisione n. 201/2004 di questo Tribunale.

Nulla è stato chiarito in ordine alla proprietà della ulteriore metà del lotto interessato dal progetto del quale è stata denegata la concessione, né è stato sostenuto che la stessa sia ininfluente rispetto alla relativa domanda.

All’Udienza pubblica del 10.2.2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

II. Preliminarmente va ritenuta l’infondatezza della eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione di questo Giudice.

Ed invero (cfr. Cassazione civile, sez. un., 10 novembre 2010, n. 22809), nell’ambito della sua giurisdizione, il giudice amministrativo conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno (D.Lgs n. 80 del 1998, art. 35 e L. n. 205 del 2000, art. 7).

Secondo il Giudice della giurisdizione, del tutto ininfluente risulta in proposito la circostanza che si tratti di domanda proposta separatamente da quella di annullamento, perché la giurisdizione del giudice amministrativo non dipende dalla contemporaneità della richiesta, ma dalla riconducibilità del danno ad un provvedimento, per cui sussiste anche nel caso di domande avanzate prima o dopo o, addirittura, senza l’instaurazione di un giudizio di tipo demolitorio.

Rileva il Collegio che la circostanza viene ulteriormente avvalorata dall’art. 30. comma 1, del c.p.a., a mente del quale, nei casi di giurisdizione esclusiva è possibile l’azione di condanna disgiunta da quella di accertamento.

Trattandosi di fattispecie di edilizia e urbanistica, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), si versa in ipotesi, appunto, di giurisdizione esclusiva.

Sicché, in applicazione dei principi sopra indicati, va riconosciuta la giurisdizione di questo Tribunale sulla richiesta di risarcimento dei danni derivati dal provvedimento illegittimamente denegato e tale ritenuto in diverso processo.

III. Nel merito, la domanda non può essere accolta.

Come ritenuto in premessa, a prescindere dalla riconducibilità del danno al fatto del Comune, che, costringendo ad un contenzioso parte ricorrente avrebbe indotto il promittente dell’area interessata al progetto da assentire a ritirare, in quanto scaduta, la propria offerta di cessione dell’immobile, emerge che il restante 50% dell’area in questione appartiene ad altri proprietari, che nulla hanno assentito in merito alla progettualità rimasta inespressa.

Come chiarito sub I, parte ricorrente nulla dice in ricorso rispetto alla richiesta da parte del Comune del 16.7.2004 del titolo di proprietà e non confuta affatto la specifica eccezione in tal senso trasfusa sia nel controricorso che nelle successive memorie del 10.1.2010, secondo la quale la metà dell’area appartiene a soggetti (i sigg. Favoloro) diversi dal promittente.

Ne deriva che può ritenersi dimostrato che almeno il 50% dell’area non fosse ab origine nella disponibilità, neanche indiretta, di parte ricorrente.

Né vi è alcuna considerazione con la quale venga riaffermato che detta parte non sia di interesse rispetto al progetto denegato.

Consegue che il Comune né al momento della richiesta, né in quello successivo alla decisione resa da questo stesso Tribunale avrebbe, come in effetti sostenuto in controricorso, potuto rilasciare la concessione edilizia a favore della ricorrente.

Ed invero (cfr. TAR Catania, I, 8.7.2010, 2911), la Giurisprudenza del Giudice d’appello, sul punto, ha avuto modo di chiarire che, in Sicilia, ai sensi dell’art. 36 l. reg. 27 dicembre 1978 n. 71, possono richiedere la concessione edilizia anche coloro che, pur non essendo proprietari, dimostrino di avere un valido titolo che consenta l’uso del bene in relazione alla concessione richiesta; pertanto, la disponibilità effettiva dell’area costituisce non soltanto presupposto di legittimità per il rilascio del provvedimento di concessione, ma anche presupposto di liceità dell’attività edilizia da compiere in esecuzione della concessione, non potendo essere realizzato un manufatto su un determinato fondo senza il consenso del proprietario, consenso che deve sussistere per tutto il tempo del rapporto concessionale (cr. CGA per la Sicilia, 14.6.1986, n. 81).

In particolare (cfr. TAR Catania, I, 14.1.2011, n. 56), questo stessa Sezione si è posta il problema se rilevi una questione afferente ad una concessione edilizia, condizionata, però, dalla regolamentazione di interessi privati.

In altri termini (cfr. T.A.R. Catania, I, 28.4.2009, n. 803), si è posta "la questione di stabilire se e fino a che punto il comune, nel valutare la legittimità delle dichiarazioni di inizio attività e delle istanze di autorizzazione di interventi edilizi, debba spingersi nell’apprezzamento della sussistenza dal punto di vista civilistico dei titoli di legittimazione (titolarità dei diritti reali sul bene, assenza di vincoli di natura reale, servitù, consenso dei comproprietari, ecc.) e quindi dell’assenza di lesioni dei diritti reali dei terzi".

A questo proposito, ha ritenuto questo Tribunale "di dover aderire all’orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 19 giugno 2008, n. 6027) secondo il quale "grava sull’amministrazione l’obbligo di effettuare una sia pur non approfondita istruttoria per verificare la sussistenza di tutte le condizioni che realizzano un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza e il bene oggetto dell’autorizzazione. In sostanza, essendo possibile che un determinato intervento edilizio, pur se astrattamente conforme alle norme urbanistico – edilizie, si ponga in contrasto con diritti reali di godimento o con altre facoltà di terzi, la p.a., in sede di rilascio del titolo autorizzatorio edilizio, è tenuta a verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’area in questione, attività istruttoria, questa, rivolta non già a risolvere i conflitti tra le parti private in ordine all’assetto dominicale dell’area stessa, bensì ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente, sia per la notevole incidenza della concessione edilizia sugli interessi pubblici e privati coinvolti, sia per evitare il grave contenzioso che deriverebbe dall’incauto rilascio di quest’ultima a soggetti non idoneamente legittimati. (Consiglio Stato, sez. V, 22 giugno 2000, n. 3525)".

La sentenza 803/2009 di questo Tribunale ha chiarito che "l’art. 36 della l.r. 27/12/1978 n. 71, al comma 3, stabilisce che "la qualità di proprietario o di avente titolo deve essere documentata", con il che conclamando, per argomento a contrario, che una qualsiasi limitazione della disponibilità dell’area da occupare con la costruzione incide sul presupposto stesso richiesto per ottenere la concessione".

Facendo uso dei predetti argomenti, deve il Collegio concludere, coerentemente alla decisone n. 56/11 citata, "che la sussistenza di un’area di sovrapposizione progettuale rispetto ad un diritto reale altrui, impedisce la formazione di un titolo concessorio legittimo.

Deve, però, precisare la Sezione che il peso sull’altrui proprietà deve assumere il carattere della incontestabilità".

Ebbene, avuto riguardo al caso in esame, si ribadisce, non è stata dimostrata la disponibilità almeno della metà dell’area in questione, sicché l’arresto procedimentale, in sede di riesame della domanda di seguito alla decisione di questo Tribunale n. 201/04, appare del tutto legittimo, sicché non può derivare alcun danno risarcibile.

La medesima declaratoria va riferita al periodo antecedente, compreso tra la domanda di concessione edilizia e la decisione di annullamento dell’illegittima negazione della concessione edilizia, posto che, invero, come chiarito, mancava in capo alla ricorrente un presupposto indefettibile per il rilascio del titolo, appunto la dimostrazione della disponibilità dell’area.

Ed invero, parte ricorrente avrebbe potuto evitare il prodursi dei danni soltanto che avesse compiutamente avuto tutti i requisiti per il rilascio della concessione edilizia, in mancanza dei quali, ad avviso del Collegio, non si configura neanche uno dei presupposti della riconoscibilità del diritto al risarcimento, vale a dire il danno "ingiusto", posto che, seppur il diniego "per motivi non attinenti alla disponibilità dell’area" sia stato dichiarato illegittimo, comunque vi era una causa ostativa al conseguimento del bene della vita (dopo evidenziatosi), tale da impedire comunque il legittimo rilascio della concessione edilizia.

In somma sintesi, posto che l’Amministrazione comunale, una volta riconosciuta la teorica sussistenza in sede giudiziale del diritto del privato ad ottenere una concessione edilizia, in quanto conforme ai provvedimenti di pianificazione urbanistica, non perde il potere di diniego nella successiva fase procedimentale del riscontro dei concreti presupposti necessari per il rilascio del titolo abilitativo (tra i quali, come chiarito, rientra certamente la disponibilità dell’area sulla quale assentire l’insediamento urbanistico), non può considerarsi "ingiusta" la successiva attività pur dannosa in dipendenza della quale non venga rinosciuta la possibilità del rilascio del titolo edilizio.

Per altro, in tema di risarcimento del danno, incombe sul richiedente l’onere di provare la sussistenza di tutti i requisiti per il conseguimento del bene della vita, mancando i quali, non può dirsi sussistere l’obbligo amministrativo di consentirne il raggiungimento.

L’impostazione appare del tutto in linea con la consolidata giurisprudenza anche di questo Tribunale, a mente della quale (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 08 febbraio 2011, n. 854), "la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., sicché grava sul danneggiato l’onere di provare, ai sensi del citato articolo, tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (danno, nesso causale e colpa).

Il risarcimento del danno non è quindi una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell’Amministrazione e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito.

Il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata nel caso di specie ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorché fondata con il ricorso a presunzioni, della spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse, ma siffatto giudizio prognostico non può essere consentito allorché detta spettanza sia caratterizzata da consistenti margini di aleatorietà (Consiglio Stato, sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797).

Deve quindi escludersi che l’annullamento di un atto illegittimo per difetto di motivazione possa ex se comportare il diritto al risarcimento dei danni subiti, in quanto tale vizio non esclude (ma, anzi, consente) il riesercizio del potere, con la conseguenza che la domanda di risarcimento non può essere valutata che all’esito nel nuovo eventuale esercizio del potere".

Come premesso, analogo principio deve derivarsi nell’ipotesi in cui, non essendo consumato il potere amministrativo, appaia dimostrata l’originaria insussistenza di requisiti non indagati in sede di diniego illegittimo, in quanto, secondo la sequenza logica del procedimento, scrutinabili solo successivamente alla ritenuta accoglibilità della domanda di rilascio del titolo edilizio.

Consegue il rigetto della domanda risarcitoria.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente al pagamento in favore del Comune resistente delle spese di giudizio che liquida in Euro millecinquecento/00, oltre IVA E CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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