Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-02-2011) 18-04-2011, n. 15518 Giudizio d’appello rinnovazione del dibattimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione P.E. avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 20 aprile 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado , di condanna, all’esito di giudizio abbreviato, per i reati di lesioni personali aggravate – così riqualificata la originaria imputazione di tentato omicidio di M.L. – nonchè di porto abusivo di coltello, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale, fatti commessi nel (OMISSIS).

Deduce:

1) il vizio totale di motivazione e la violazione di legge ( art. 603 c.p.p.) in relazione alla richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale volta a consentire la acquisizione di una consulenza tecnica di ufficio, disposta in altro processo a carico della stessa ricorrente, consulenza che concludeva nel senso dell’essere stato riconosciuto alla P. il vizio parziale di mente per disturbo borderline correlato alla assunzione di sostanze alcooliche;

2) il vizio di motivazione e la violazione di legge (art. 62 bis c.p.) per non avere i giudici motivato in ordine ai criteri che, desunti dall’art. 133 c.p., sarebbero ostativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo è invero inammissibile.

Occorre preliminarmente dare atto che dalla giurisprudenza di questa Corte è accolto il principio secondo cui nel caso di prova sopravvenuta dopo la sentenza di primo grado pronunziata nel giudizio abbreviato, la rinnovazione dell’istruzione nel giudizio d’appello, finalizzata alla sua assunzione, può essere disposta solo d’ufficio dal giudice che ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, spettando in proposito alle parti un potere meramente sollecitatorio (Rv. 238956). Si osserva poi, in materia di deducibilità della questione in cassazione che nel giudizio d’appello la detta rinnovazione dell’istruzione dibattimentale – che è istituto eccezionale per le ragioni dette- opera, nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, in funzione di un vero e proprio diritto delle parti alla prova, riconosciuto loro dagli artt. 190 e 495 c.p.p..

Fuori di tali ipotesi la mancata assunzione della prova non è mai censurabile in cassazione a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. d), bensì solo ai sensi della lettera e) di tale ultimo articolo (vedi, fra le molte, Rv. 240995; Rv. 207067; Rv. 227706).

Nel caso in esame, trattandosi di elemento sopravvenuto, la sua mancata assunzione poteva e doveva essere denunciata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. d) con conseguente onere, a carico del deducente, di argomentare in ordine alla decisività della prova stessa.

Si è invece verificato che la parte ha dedotto di avere presentato in appello una consulenza che, in altro processo, avrebbe riconosciuto un vizio parziale di mente a carico della prevenuta, senza indicare nè il periodo o l’arco temporale cui l’accertamento si sarebbe riferito, nè il relativo tenore, cosicchè il motivo di ricorso si rivela inammissibile per genericità essendo articolato in violazione dei parametri posti dall’art. 581 c.p.p..

Il vizio parziale di mente ben può presentarsi, invero, con caratteri che lo rendono circoscrivibile temporalmente e non esportabile con riferimento a situazioni storiche diverse da quelle in cui, una volta, si è manifestato.

Il secondo motivo è infondato.

Non risponde a verità che la Corte d’appello abbia omesso di motivare in ordine alla non concedibilità delle circostanze generiche e al calcolo della pena o che lo abbia fatto in ragione di criteri illegittimi.

E’ vero il contrario che la Corte ha ritenuto di valorizzare e di ritenere evidentemente prevalenti, nel giudizio ex art. 133 c.p., circostanze di fatto quali la pendenza di altra denuncia della stessa persona offesa nei confronti della imputata per fatti di violenza sessuale, di gravità tale da avere giustificato la adozione di misura cautelare restrittiva; ha inoltre sottolineato la sua capacità a delinquere desunta dai comportamenti aggressivi tenuti, nella vicenda de qua, anche nei confronti dei pubblici ufficiali ed infine la rilevante gravità del fatto che ha cagionato lesioni assai serie in danno della persona offesa.

Il motivo di ricorso, dal canto suo, censura una tale completa e razionale giustificazione del complessivo trattamento sanzionatorio, sottraendosi ancora una volta all’onere di indicare le ragioni in fatto a sostegno della propria richiesta. Invero non risulta che la parte abbia rappresentato al giudice dell’appello elementi positivi e favorevoli alla imputata, tali da meritare una considerazione ai fini dell’ulteriore mitigazione del trattamento punitivo ed, invece, ingiustamente pretermessi nella motivazione della sentenza gravata.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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