Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-01-2011) 18-04-2011, n. 15483 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

he ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brescia con ordinanza depositata il 23 luglio 2010 ha disposto – su ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza di rigetto del G.I.P. presso il Tribunale di Brescia del 23 giugno 2010 – la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio di insegnante, richiesta per le ritenute esigenze di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), nei confronti di R.R., indagato del delitto di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, e art. 56 c.p., art. 609 bis c.p., comma 3, perchè, con l’abuso di autorità derivante dalla qualifica di insegnante di matematica dell’Istituto tecnico statale commerciale e per geometri "(OMISSIS)", con gesto repentino e subdolo, e contro la sua volontà, costringeva l’alunna F.L. a subire atti sessuali consistiti nel palpeggiamento del sedere, e compiva atti diretti in modo non equivoco al palpeggiamento del sedere dell’alunna A.R. (in (OMISSIS)).

Il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione integrato da memoria chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, che si fonderebbe esclusivamente sulla valutazione di comportamenti del R., qualificabili al limite quali illeciti non penali.

Il Tribunale non aveva infatti ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in merito al capo di imputazione relativo al tentativo di violenza sessuale e di qui la contraddittorietà.

Inoltre non è stata data considerazione al contrasto tra la dichiarazione della F. circa il fatto che l’episodio sarebbe avvenuto durante l’intervallo e i dati obiettivi dell’orario delle lezioni del professore.

In punto di ritenuta esistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale avrebbe motivato unicamente in relazione al fatto che l’indagato aveva impostato la relazione con le studentesse in modo distorto e dato luogo ad un preoccupante contesto ambientale, nel quale era solito rivolgere apprezzamenti sull’aspetto fisico delle studentesse ed allusioni sessuali, dal quale emergerebbe di conseguenza un concreto un pericolo di reiterazione di fatti analoghi, senza dare alcun rilievo alla circostanza della incensuratezza dell’indagato.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

E’ principio consolidato in giurisprudenza che in tema di misure cautelari personali, l’ambito del controllo che la Corte di Cassazione esercita non riguarda la ricostruzione dei fatti, nè le valutazioni, tipiche del giudice di merito, sull’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o concludenza dei dati probatori, nè la riconsiderazione delle caratteristiche soggettive delle persone indagate, compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate: tutti questi accertamenti rientrano nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame.

Il giudice di legittimità deve invece verificare che l’ordinanza impugnata contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia immune da illogicità evidenti: il controllo investe, in sintesi, la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6^, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4^, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv.

206104).

L’ordinanza oggetto della presente impugnazione è sorretta da logica e corretta argomentazione motivazionale e risponde a tali due requisiti.

Il Tribunale nel motivare la gravità del quadro indiziario, in maniera difforme da quanto ritenuto dal GIP, ha analiticamente esaminato gli elementi raccolti nel corso delle indagini svolte, ritenendo che gli stessi costituiscano gravi indizi di colpevolezza dell’indagato quanto all’episodio commesso ai danni della F., precisando come la repentinità dell’atto del palpeggiamento integri l’elemento della violenza richiesto dalla fattispecie contestata ed evidenziando la attendibilità della persona offesa, che ha trovato conferma anche alla luce dei riscontri testimoniali e della non condivisibilità delle argomentazioni difensive, specificamente analizzate nell’ordinanza impugnata.

Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, i giudici del riesame hanno richiamato il contesto relazionale anomalo instauratori tra il professore e le allieve (fatto di continui atteggiamenti allusivi alla sfera sessuale e di frasi e discorsi riferiti alla sessualità delle ragazze) per evidenziare come lo stesso possa favorire la reiterazione di reati della spessa specie, chiarendo inoltre che la durata dell’interdizione dall’ufficio di insegnante disposta a carico del professore (due mesi) deve essere considerata idonea ad interrompere tali modalità relazionali ed adeguata, quindi, alle esigenze sussistenti nel caso di specie.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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