T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 15-04-2011, n. 379 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso si chiede l’annullamento:

– del Decreto del Prefetto di Torino prot. N. 03001190 – 1/23/2 in data 28 marzo 2003, notificato il 5 maggio 2003, con il quale si autorizza l’Agenzia Torino 2006 all’occupazione temporanea d’urgenza dei terreni di proprietà della Sans cario Immobiliare di cui al piano particellare allegato per la realizzazione dell’impianto di seggiovia quadriposto denominata R15 "BABY SAN SICARIO" nel Comune di Cesana T.se;

– della determinazione della Direzione Trasporti della Regione Piemonte n. 18 del 16.1.2003 con la quale si autorizzava il progetto definitivo dell’impianto;

– della determinazione dell’Agenzia "Torino 2006" Direzione Tecnica Infrastrutture Stradali e Impianti Sportivi n. 5/030 del 16.1.2003 di approvazione del progetto definitivo;

– di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso con il procedimento concernente la realizzazione della seggiovia denominata R15 Baby San Sicario ed in particolare della variante di P.R.G.C. che si presume approvata a seguito della Conferenza di Servizi.

Con i primi due motivi di ricorso ha contestato la regolarità della procedura, con il terzo la contraddittorietà della stessa rispetto alle pattuizioni contenute nel Protocollo d’intesa e con l’ultimo il contrasto con gli strumenti urbanistici allora in itinere.

Si sono costituiti in giudizio il Comitato per l’Organizzazione dei XX Giochi olimpici invernali Torino 2006 – TOROC, la Regione Piemonte e il Comune di Cesana Torinese. Si è costituita altresì l’Agenzia Torino 2006. Tutte le parti costituite hanno depositato memorie e allegati documenti.

Nelle more del giudizio, il procedimento espropriativo è proseguito e sono state comunicate alle Ditte interessate le indennità da corrispondersi a titolo di espropriazione o di imposizione di servitù nella misura determinata secondo í dispositivi di legge.

Tra queste, anche la S. Immobiliare, nel frattempo incorporata, prima, nella Compagnia Immobiliare L. S.p.A. e poi nella G. S.p.A., la quale ha modificato successivamente la denominazione in G. S.p.A.

Quest’ultima ha accettato l’indennità ed emesso apposita fattura per il pagamento in data 9 febbraio 2007 (doc. n. Il). Detta fattura è stata puntualmente saldata da parte dell’Agenzia Torino 2006 mediante bonifico bancario per pari importo in data 6 marzo 2007.

Verificata tale procedura, con Decreto del Responsabile del procedimento espropriativo in data 8 giugno 2007, l’Agenzia ha autorizzato a favore della Regione Piemonte l’espropriazione e/o l’asservimento dei mappali interessati dall’esecuzione delle opere pubbliche, inclusi quelli di proprietà di parte ricorrente.

Successivamente, con Decreto in data 22 dicembre 2009, la scrivente Amministrazione ha provveduto altresì alla restituzione delle aree precedentemente occupate e non espropriate.

Con sentenza depositata in data 5 marzo 2010, il Tribunale dí Milano ha dichiarato il fallimento della società G. S.p.A.

Al fine di evitare l’estinzione del giudizio per perenzione, il Fallimento G. si è costituito nel processo con atto di costituzione e separata istanza per la fissazione dell’udienza, entrambi depositati in data 8 ottobre 2010.

Successivamente, in data 19 ottobre 2010, il Fallimento G. ha notificato alle parti costituite ricorso per la riassunzione del giudizio che si era interrotto dal momento della dichiarazione di fallimento della società ai sensi dell’art. 43 della legge fallimentare ( Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 e s.m.i.).

Con detto ricorso, il Fallimento G. ha richiamato espressamente tutte le domande e argomentazioni avanzate nell’atto introduttivo.

Con detto ricorso, il Fallimento G. ha richiamato espressamente tutte le domanda e argomentazioni avanzate nell’atto introduttivo.

Le parti resistenti eccepiscono preliminarmente la inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità del ricorso nonché l’infondatezza nel merito, mentre la parte ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 30 marzo 2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato (pertanto il Collegio si esime dal prendere in esame le eccezioni in rito).

Va premesso che la legge 10 ottobre 2000 n. 285 ha istituito l’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi Olimpici Invernali Torino 2006 (in seguito "Agenzia") attribuendole le funzioni di stazione appaltante per tutti gli interventi necessari allo svolgimento della manifestazione olimpica (art. 3). La legge è stata successivamente modificata dalla legge 30 marzo 2003 n. 48, che ha attribuito esplicitamente all’Agenzia la competenza per le procedure espropriative e di occupazione d’urgenza (art. 3, comma 2bis).

Secondo quanto prevede la citata legge n. 285/2000, l’Agenzia provvede alla realizzazione delle opere secondo quanto indicato nel Piano degli Interventi predisposto, per stralci, dal Comitato Organizzatore dei Giochi olimpici invernali (Toroc), previa approvazione da parte della Cabina di Regia.

In data 18 dicembre 2001 il Toroc trasmetteva all’Agenzia il 10° stralcio del Piano degli Interventi riguardante la realizzazione dell’impianto di seggiovia quadriposto denominata R15 "Baby S." nel Comune di Cesana Torinese.

L’Agenzia, nella sua qualità di stazione appaltante, provvedeva subito a bandire la gara per la predisposizione dei progetti preliminare e definitivo. Completata la progettazione, in data 6 dicembre 2002 provvedeva ad avviare il procedimento di approvazione del progetto di definitivo mediante indizione della conferenza di servizi prevista dall’art. 9 della legge n. 285/2000 nonché ad attivare la procedura di occupazione temporanea delle aree necessarie per la realizzazione dei lavori.

Dal momento che il piano particellare relativo all’intervento era estremamente frammentato e che le proprietà catastali non risultavano aggiornate, l’avviso di avvio del procedimento veniva reso noto, ai sensi del terzo comma dell’art. 8 della legge n. 241/1990, mediante affissione all’Albo Pretorio del Comune di Cesana Torinese dal 12 dicembre 2002 al 27 dicembre 2002 (doc. n. 1); alla S. Immobiliare veniva altresì comunque data comunicazione scritta dell’avvio del procedimento in data 9 dicembre 2002.

Con determina n. 18 del 16 gennaio 2003 (doc. n. 3), adottata a conclusione dei lavori della conferenza di servizi, la Regione Piemonte autorizzava il progetto definitivo dell’impianto. Il medesimo progetto veniva poi approvato dal Direttore Tecnico Infrastrutture Stradali e Impianti Sportivi Montani dell’Agenzia con determinazione n. 5/03 del 16 gennaio 2003 (doc. n. 4). Con la medesima determinazione, dal momento che – ai sensi dell’art 9 della legge n. 285/2000 e delle deliberazioni della Giunta Regionale nn. 424336 del 5.11.2001 e 417279 del 7.10.2002 – l’approvazione del progetto comporta la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere, venivano altresì fissati i termini di cui all’art. 13 della legge n. 2359/1865. In particolare, i te lini iniziali per l’inizio dei lavori e delle

procedure espropriative venivano fissati in mesi sei dalla data del provvedimento e i termini finali in mesi quarantadue dalla medesima data. In base a quanto ora ricostruito può subito notarsi come, sin dal dicembre 2002, era noto alla S. Immobiliare che l’Agenzia aveva provveduto ad attivare la procedura per l’occupazione dei terreni di proprietà di quest’ultima per la realizzazione dell’impianto denominato "Baby S.".

Dopo l’avvio delle procedure espropriative e l’approvazione del progetto definitivo – e, precisamente, il giorno 11 febbraio 2003 – la Regione Piemonte, il Comune di Cesana Torinese e l’Agenzia sottoscrivevano un Protocollo di intesa avente ad oggetto la realizzazione, sul territorio comunale di Cesana, delle opere olimpiche previste dal Piano degli Interventi (tra cui la realizzazione dell’impianto in questione) nonché di alcuni insediamenti residenziali e turistico ricettivi (doc. n. 5).

La finalità perseguita dalle Amministrazioni regionali e comunali con la firma del Protocollo era quella di realizzare un complesso intervento immobiliare avvalendosi di un accordo di programma, strumento considerato idoneo a coordinare le modalità attuative ed economico finanziarie dell’intervento con estensione degli effetti anche ai soggetti privati e, quindi, alla S. Immobiliare e alla Compagnia Italiana Turismo, proprietarie di parte degli immobili interessati dai progetti. L’Agenzia, avendo quale unico obiettivo quello della realizzazione delle opere in tempi tali da consentire lo svolgimento della manifestazione olimpica (e, come si vedrà, anche delle finali di Coppa del Mondo previste per l’inverno 2004), ha aderito al Protocollo nella speranza che ciò consentisse una più rapida acquisizione dei terreni necessari alla costruzione degli impianti.

Non avendo notizie in ordine all’avvio della procedura relativa all’accordo di programma (di competenza del Comune), l’Agenzia, deputata ex lege a realizzare le opere olimpiche, ha continuato nella procedura ablatoria già avviata nel dicembre 2002, anche al di fine impedire così la decadenza dei termini di legge.

Per tale ragione in data 28 marzo 2003 il Prefetto della Provincia di Torino (in quanto all’epoca non ancora in vigore la legge n. 48/2003 di modifica della legge n. 285/2000), considerata la necessità di disporre l’occupazione d’urgenza per procedere all’inizio dei lavori, emetteva il relativo decreto n. 03001190 – 1/23/2 con l’autorizzazione ad occupare fino alla data del 16 luglio 2006 le aree indicate nell’allegato piano particellare (doc. n. 6). Dopo aver provveduto alla regolare notificazione e pubblicazione dell’avviso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 1/78, venivano redatti lo stato di consistenza e i verbali di immissione nel possesso.

Nel frattempo l’Agenzia ha anche esperito la gara d’appalto per la scelta dell’impresa cui affidare la progettazione esecutiva e la realizzazione delle opere, stipulando il relativo contratto di appalto.

Nelle more del giudizio, il procedimento espropriativo è proseguito e sono state comunicate alle Ditte interessate le indennità da corrispondersi a titolo di espropriazione o di imposizione di servitù nella misura determinata secondo í dispositivi di legge.

Tra queste, anche la S. Immobiliare, nel frattempo incorporata, prima, nella Compagnia Immobiliare L. S.p.A. e poi nella G. S.p.A., la quale ha modificato successivamente la denominazione in G. S.p.A.

Quest’ultima ha accettato l’indennità ed emesso apposita fattura per il pagamento in data 9 febbraio 2007 (doc. n. Il). Detta fattura è stata puntualmente saldata da parte dell’Agenzia Torino 2006 mediante bonifico bancario per pari importo in data 6 marzo 2007.

Verificata tale procedura, con Decreto del Responsabile del procedimento espropriativo in data 8 giugno 2007, l’Agenzia ha autorizzato a favore della Regione Piemonte l’espropriazione e/o l’asservimento dei mappali interessati dall’esecuzione delle opere pubbliche, inclusi quelli di proprietà di parte ricorrente.

Con il primo motivo di ricorso si deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dei principi del corretto procedimento di cui alla legge n. 241/90. La censura è infondata in quanto si è verificato un errore nella notifica dell’avviso di immissione nel possesso ad una società estranea alla ricorrente.

Per espressa ammissione della stessa ricorrente, però, la notifica dell’avviso è stata poi tempestivamente rinnovata all’esatta destinataria. Quanto all’ulteriore rilievo dell’errore contenuto in questo secondo avviso (l’indicazione di Bardonecchia anziché Cesana), la circostanza non assume rilievo in quanto nell’oggetto dell’avviso l’indicazione era esatta.

Infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale si lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione della normativa relativa all’occupazione temporanea d’urgenza oltre che per eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e perplessità dei provvedimenti.

Ciò in quanto non sarebbe emerso dai provvedimenti impugnati se la procedura attivata consistesse in una mera occupazione temporanea ovvero in una occupazione preordinata all’esproprio.

Alla luce di ciò si sostiene, laddove si fosse trattato di una mera occupazione temporanea, che la normativa dettata dagli artt. 64 ss. della legge n. 2359/1865 sarebbe stata violata sia con riferimento all’art. 71, in virtù del quale la compilazione dello stato di consistenza avrebbe dovuto precedere l’ordine di occupazione temporanea, sia in quanto l’occupazione sarebbe stata disposta oltre il termine di due anni previsto dall’art. 73.

Entrambe le censure sono infondate in quanto le norme che si pretendono violate non sono applicabili al caso in esame.

In primo luogo l’Amministrazione ha correttamente redatto lo stato di consistenza dopo aver disposto l’occupazione temporanea; ciò in quanto la procedura ablatoria in questione era preordinata all’esecuzione di opere pubbliche e, pertanto, assoggettata alla disciplina di cui alla legge n.1/78 recante norme in materia di accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche. Tale disciplina prevede che l’approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte dei competenti organi statali, regionali e degli altri enti equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse.

L’art. 3 della stessa legge stabilisce poi che nelle procedure ablatorie "per le opere dichiarate urgenti e indifferibili lo stato di consistenza va compilato dopo che sia stata disposta l’occupazione temporanea o d’urgenza a cura dell’ente espropriante o dei suoi concessionari che vi provvedono in concomitanza con la redazione del verbale di immissione nel possesso". Conseguentemente nessuna censura può essere mossa all’Amministrazione per aver proceduto alla redazione dello stato di consistenza successivamente all’occupazione e in concomitanza con la redazione del verbale di immissione nel possesso.

In secondo luogo parte ricorrente ritiene che il decreto di occupazione d’urgenza sia illegittimo laddove ha autorizzato l’occupazione stessa sino al 10 luglio 2006 e, dunque, oltre il termine di due anni stabilito dall’art. 73 della legge n. 2359/1865.

Anche in questo caso il ricorrente infondatamente ritiene applicabile nel caso di specie tale termine. E’ noto, infatti, che, a seguito della novella legislativa operata dall’art 14 della legge n. 10/77, le occupazioni d’urgenza preordinate alla realizzazione di opere pubbliche possono protrarsi fino a cinque anni dalla data di immissione nel possesso, come previsto dall’art 20, secondo comma, della legge n. 865/71.

In tema di occupazione d’urgenza per le espropriazioni non disciplinate dalla legge n. 865/71 – in quanto preordinate alla realizzazione di opere ed interventi dello Stato o di altri enti pubblici e non concernenti la materia regolata da quella legge – l’art. 14 della legge n. 10/77 nell’aggiungere ai primi due commi dell’art. 20 della stessa legge n. 865/71 un terzo comma ed ivi stabilendo che il disposto del secondo comma di tale ultima norma deve intendersi applicabile anche alle occupazioni preordinate alla realizzazione delle opere e degli interventi previsti dall’art. 4 del dl. n. 115/74 (espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o di interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali), convertito con modificazioni nella legge 247/74, ha inteso sostituire al precedente regime, di cui alla legge 2359/1865, l’intera disciplina delle occupazioni di urgenza contenuta nella legge n. 865/71 con la conseguenza che, conformemente al disposto dei suddetti primi due commi dell’art. 20, anche ai fini della realizzazione delle opere da ultimo menzionate, l’occupazione di urgenza è soggetta a due distinti termini di durata per il decreto e per la materiale occupazione, nel senso che il primo perde efficacia se entro tre mesi dalla sua emanazione non segua l’apprensione del bene e la seconda non può essere protratta oltre i cinque anni dall’immissione in possesso, in quanto il ricordato richiamo espresso al secondo comma dell’art. 20 della legge n.865/71 presuppone necessariamente la prevista operatività anche del primo.

Dunque, dal momento che il termine di occupazione massimo previsto dalla legge nei casi di procedure ablatorie preordinate alla realizzazione di opere pubbliche è di cinque anni e che il termine stabilito dal decreto prefettizio è ampiamente al di sotto dei cinque anni, appare infondata la censura relativa al supposto protrarsi dell’occupazione oltre i termini di legge.

Quanto, infine, all’identificazione dei terreni soggetti a sola occupazione temporanea rispetto a quelli soggetti a occupazione preordinata all’esproprio, basti chiarire che il paino particellare, così come prescritto dall’ari 33 del DPR n. 554/99, conteneva tale identificazione.

Infondato è il terzo motivo di ricorso con il quale si lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’art. 3 della legge n. 285/2000, all’art. 15 della legge n. 241/1990 e all’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000.

La procedura ablatoria sarebbe viziata in quanto attivata nonostante la sottoscrizione da parte di Regione, Comune di Cesana e Agenzia del Protocollo d’intesa avente ad oggetto la realizzazione degli impianti olimpici nonché di alcuni insediamenti residenziali e turistico ricettivi.

Osserva il Collegio che con la sottoscrizione del Protocollo l’Agenzia non ha inteso rinunciare agli atti del procedimento di occupazione già adottati, di cui la Regione, il Comune e la S. Immobiliare erano a conoscenza già dal giugno 2002.

Se l’Agenzia, con la firma del Protocollo, avesse inteso abbandonare la procedura dell’occupazione d’urgenza per percorrere unicamente quella dell’accordo di programma, ciò sarebbe risultato dal Protocollo medesimo. Invece, come si evince dalle premesse, l’adesione dell’Agenzia era motivata solo dalla possibilità, all’epoca prospettata, di acquisire le aree necessarie per la realizzazione degli impianti in tempi più rapidi e di evitare ogni ipotetico contenzioso con i proprietari; si trattava, però, di possibilità alternativa a quella già avviata dell’occupazione d’urgenza. Ciò anche per evidenti motivi che derivano dallo strumento attuativo prescelto nel Protocollo, vale a dire l’accordo di programma: non era – e non è – ipotizzabile che l’Agenzia abbia voluto rimettere la realizzazione delle opere olimpiche all’iniziativa del Comune di Cesana e di soggetti terzi (la S. Immobiliare e la Compagnia Italiana Turismo). Nello stesso senso non è altresì ipotizzabile che la S. Immobiliare abbia ritenuto che l’Agenzia, con l’adesione al Protocollo, intendesse rinunciare a priori al procedimento d’occupazione già avviato (senza che il Protocollo contenesse alcun riferimento in merito).

Quanto sopra trova indiretta conferma negli impegni che l’Agenzia si è assunta con il Protocollo in questione: solo la predisposizione dei progetti relativi agli impianti.

In secondo luogo il Protocollo in questione non ha un valore giuridico "codificato"; non è, in altri termini, un atto che l’ordinamento prevede o impone nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche o nell’attuazione di previsioni urbanistiche.

E’, più semplicemente, una intesa tra enti pubblici, la cui attuazione dipende, nel caso in esame, dall’iniziativa di uno degli enti sottoscrittori; se questa non viene assunta e l’ordinamento riconosce agli altri enti firmatari modalità alternative di perseguimento dell’interesse pubblico, permane il potere di utilizzare tali diverse modalità.

Il ricorrente si sofferma ad illustrare l’importanza dei modelli convenzionali nell’ambito dell’attività amministrativa (pag. 11 del ricorso originario). La valenza di tali modelli è indubbia; compito dell’Amministrazione è però pur sempre quello di perseguire l’interesse pubblico cui è funzionalizzata la sua attività: se il modello convenzionale si dimostra strumento inidoneo per tale perseguimento, l’Amministrazione è tenuta ad avvalersi degli altri strumenti che l’ordinamento gli riconosce per realizzare i propri fini di interesse collettivo.

Sostiene sempre il ricorrente che l’Agenzia avrebbe "ignorato e travolto" gli impegni assunti con il Protocollo e così ostacolato la realizzazione degli interventi edificatori oggetto del futuro accordo di programma (pag. 15 del ricorso originario).

Anche a voler prescindere dalla circostanza – di per sé determinante – che gli impegni assunti in senso proprio dall’Agenzia erano solo quelli relativi alla progettazione delle opere olimpiche, il ricorrente si astiene dal chiarire quali siano i motivi per cui l’occupazione avrebbe ostacolato la realizzazione degli interventi residenziali e ricettivi. La ragione di simile omissione sta nel fatto che non vi è alcuna incompatibilità tra le opere; ciò perché l’unico dato certo a tutte le parti coinvolte (Regione, Comune, S. Immobiliare, Compagnia Italiana Turismo) è sempre stato quello dell’obbligo di cessione delle aree necessarie alla realizzazione dell’impianto sportivo (così come individuate nel progetto definitivo). Ssin dal giugno 2002 (addirittura prima della stipula del protocollo con il Comune relativo al piano particolareggiato) era a conoscenza del procedimento d’occupazione e, dunque, delle aree interessate dallo stesso.

Ritiene, pertanto, il Collegio che il protocollo di intesa sottoscritto da Regione Piemonte, Comune di Cesana e Agenzia 2006, al di là del nomen iuris attribuito dalle parti, costituisce una manifestazione di intenti di carattere generale e non rientra nello schema di alcun contratto od accordo tipico disciplinato dalla legge. Il riferimento all’art. 15 della L. 241/90, il quale individua lo strumento dell’accordo in alternativa all’atto autoritativo, non pare calzante nel caso in esame.

Infatti non è possibile individuare, quale oggetto del protocollo di intesa, l’esercizio di funzione amministrativa né alcuna manifestazione di volontà volta a dispone di diritti o interessi legittimi di soggetti terzi.

Peraltro, anche volendo assumere l’applicabilità, all’accordo in esame, dei principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, non potrebbe superarsi l’obiezione per cui l’indeterminatezza dell’oggetto impedisce il sorgere in capo alle parti di reciproci diritti ed obblighi.

Dalla lettura del protocollo di intesa emerge che le parti non hanno assunto alcun impegno alla emanazione di specifici atti o alla stipulazione di determinati contratti, limitandosi a prevedere un programma generico di attività da realizzare avvalendosi dello strumento dell’accordo di programma.

Ne consegue che le Amministrazioni stipulanti non possono ritenersi giuridicamente vincolate al rispetto delle intenzioni di massima manifestate nell’accordo in oggetto.

Dalle considerazioni che precedono emerge l’infondatezza della lamentata illegittimità del decreto di occupazione d’urgenza per contraddittorietà con un precedente atto vincolante della P.A.

Peraltro in materia di accordi procedimentali di cui all’art. 11 della L. 241/90, la pubblica amministrazione non perde il potere autoritativo nella gestione dell’interesse pubblico (e può quindi dispone la revoca della volontà pubblica espressa nell’accordo stesso), atteso che la norma citata consente persino il recesso ad accordo eseguito od in corso di esecuzione, ancorché previo indennizzo, tenuto conto della doverosità della funzione pubblica e dello spirito con il quale la giurisprudenza ha costruito il concetto dell’evidenza pubblica.

A maggior ragione, nel caso in esame, il contenuto dell’accordo non può essere fatto valere dal soggetto che è rimasto estraneo alla stipulazione. La S. Immobiliare non è parte del protocollo di intesa e non vanta dunque alcuna posizione qualificata per pretenderne il rispetto. L’eventuale illegittimità per violazione dell’art. 34 del T.U.E.L. avrebbe rilevato se le parti pubbliche fossero già addivenute alla stipulazione di un accordo di programma con i soggetti privati, posto che non è rinvenibile, nel nostro ordinamento giuridico, alcuna norma che impone all’Amministrazione procedente di adottare lo strumento negoziale in luogo dell’atto autoritativo.

L’Agenzia Torino 2006 ha proceduto in via autoritativa all’acquisizione temporanea del possesso per ragioni di indifferibilità ed urgenza della realizzazione degli impianti olimpici. Infatti, tale legittimo presupposto, emerge con chiarezza, oltre ché dalla impugnata deliberazione della Giunta regionale (sub punto 7), laddove è disposto che: "l’approvazione da parte dell’Agenzia del progetto definitivo equivale ai sensi dell’art. 14 comma 13 1. 109/94 a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e d’urgenza dei lavori e conseguentemente, l’Agenzia, in qualità di stazione appaltante, dovrà indicare nella stessa i termini di cui all’art. 13 L. 2359/1865", dal Verbale della seduta del 12 maggio 2003 del Comitato di Regia, organismo istituito dall’art. 1 lettera c) della legge 26/3/03 n. 48 che ha novellato l’art. 1 della legge 285/00 introducendovi il comma che ha il compito, assumendo il ruolo di indirizzo e coordinamento, di dare attuazione agli interventi previsti dalla legge attraverso l’adozione di ogni opportuna determinazione), laddove, sub punto 2, l’opera viene inserita nell’elenco degli impianti funzionali allo svolgimento dei Giochi Olimpici di Torino 2006, la cui realizzazione è giudicata temporalmente prioritaria.

Quanto sopra esposto, comunque, non esclude che l’articolato programma di opere individuato dal protocollo di intesa, ivi compreso l’acquisto del diritto di proprietà o di servitù delle aree sulle quali realizzare le opere, sia successivamente realizzato ricorrendo all’istituto dell’accordo di programma.

In fondato è il quarto motivo di ricorso in merito alla variante di Piano regolatore approvata in sede di conferenza di servizi ex art. 9 della legge n. 285/2000; il ricorrente ne assume l’illegittimità per contraddittorietà rispetto al protocollo stipulato tra il Comune di Cesana e la S. Immobiliare.

La ricorrente, nella censura di violazione dell’art. 3 della legge 241/90 nonché, di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà nonché per difetto di istruttoria (in ricorso alle pagg. 16 e 17) della D.G.R. Piemonte n. 747837 del 25/11/02 di autorizzazione del progetto definitivo dell’impianto sportivo in questione, osserva che, la realizzazione di tale impianto, costituisce variante della revisione in itinere del P.R.G.C. cui invece si conforma il P.P.E. S. Sicario Alto (D.C.C. 20/12/02); la ricorrente, suppone che la proposta di variante sia stata esaminata in sede di conferenza dei servizi ex art. 9 comma 4 1. 285/00, quindi rileva che il provvedimento d’adozione non può che essere gravemente contraddittorio ed illogico perché contrasta con il Piano attuativo in itinere condiviso con il Comune: sempre la ricorrente sostiene che, la variante, si sovrappone al programma urbanistico attuativo; la modifica urbanistica si pone, quindi, in contrasto con le stesse esigenze di interesse pubblico che erano state considerate preminenti nella predisposizione dei programmi attuativi.

Tale contestazione è priva di fondamento.

La deliberazione impugnata, risulta assunta il 25 novembre 2002 (e pubblicata sul B.U.R.P. N. 52 del 24/12/02: quindi da intendersi conosciuta o, comunque, conoscibile da tutti i soggetti coinvolti nella odierna vicenda compresa l’odierna ricorrente), vale a dire prima dell’atto dichiarativo di futuri intenti del febbraio 2003 che la ricorrente assume come violato attraverso gli atti fatti oggetto di impugnazione; del pari, tale atto, risulta assunto sempre prima della invocata variante della revisione in itinere del P.R.G.C. cui invece si conforma il P.P.E. S. Sicario Alto adottata con deliberazione comunale di Cesana Torinese del 20/12/02;

L’atto regionale impugnato, conclusivo della conferenza dei servizi ex art. 9 legge 285/00, nel proprio deliberato così dispone: al Punto 1) il rilascio delle autorizzazioni ambientali ed urbanistiche; al Punto 2) il rilascio dell’autorizzazione di VIA oltre a quella di cui all’art. 14 della 1. 241/90; al Punto 4) (che più rileva ai fini di cui in discorso) si legge, "di approvare la variazione urbanistica al P.R. G. C. vigente ex L 285/00" e, al successivo Punto 5), "di prendere atto della "variazione urbanistica al P.R. G. C. vigente ex L. 285/00 per l’impianto.

Orbene, se, per volontà di legge (art. 9 comma 4 1. 285/00 così come interpretato dalla D.G.R. 5/11/01 n. 42 – 4336 prodotta sub 4), la suddetta conferenza dei servizi, istituita per l’approvazione dei progetti delle opere olimpiche, con il provvedimento finale di autorizzazione ed approvazione dei progetti, impone variazioni agli strumenti urbanistici in vigore, può ritenersi che tale innovazione non contrasti con una variante neppure approvata ma solo semplicemente in corso di predisposizione: tale variante dovrà invece, conformarsi alle integrazioni urbanistiche eventualmente introdotte attraverso l’autorizzazione/approvazione in discorso e non viceversa.

Il ricorso va, pertanto rigettato.

In relazione della novità delle questioni giuridiche oggetto del ricorso e della peculiarità della procedura espropriativa sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti di spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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