Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15614 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Forlì, con decreto dell’11/5/2010, rigettava la richiesta di sequestro preventivo dell’immobile sito in (OMISSIS), in catasto fl. 33, part. 95 del N.C.T. del Comune di Predappio, formulata dal p.m. nel procedimento a carico di M.S., per la ipotesi di reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e art. 95, e di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.

Il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull’appello avanzato dal p.m. avverso il detto decreto, con ordinanza del 23/7/2010, confermava il decisimi di prime cure.

Propone ricorso per cassazione il p.m., con i seguenti motivi:

– ha errato il giudice di merito nel non rilevare che le opere eseguite dal M. necessitassero per la realizzazione del permesso di costruire, circostanza questa confermata dalla nota di precisazione, datata 14/4/2010, del Comune di Predappio, con cui definisce illegittima la destinazione d’uso dei manufatti ed abusivi, sia la tettoia, che il bagno realizzati dall’indagato;

– sussiste quindi fumus dei reati ipotizzati, che erroneamente non è stato ravvisato dal decidente;

– sussistono, altresì, in maniera evidente, le esigenze cautelari, in quanto trattasi di edificazione di una struttura abusiva, realizzata in difetto di titolo abilitativo, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, integrante il requisito della attualità del pericolo, indipendentemente dall’essere il manufatto ultimato o meno, posto che l’offesa al territorio e gli effetti lesivi all’equilibrio urbanistico perdurano e sono, anzi, aggravati dalla utilizzazione della costruzione compiuta (Cass. Sez. 2, 14/5/08, n. 23681); nè vale il discorso giustificativo svolto dal giudice, con cui evidenzia che, in ogni caso, le illiceità rilevanti siano state commesse tempo prima, in quanto anche a considerare le opere de quibus già concluse il M. ha proceduto alla ricostruzione o comunque alla ristrutturazione della vecchia tettoia, ponendo in essere una nuova attività criminosa, funzionalmente connessa a quella precedente per la quale la permanenza era cessata con il completamento della costruzione.

L’intervento su una costruzione abusiva, ancorchè l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa della attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato identico a quello precedente e non attività irrilevante sotto il profilo penale.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato a va rigettato.

Il discorso giustificativo, posto dal Tribunale di Forlì a sostegno del rigetto dell’appello avanzato dal p.m. avverso la ordinanza del Gip, si palesa del tutto logico e corretto.

Il decidente, infatti, ha evidenziato che l’art. 321 c.p.p. intende evitare che la disponibilità del bene, pertinente al reato, possa aggravare le conseguenze della attività illecita posta in essere.

Quindi per valutare la possibile ricorrenza dell’aggravamento necessita fare riferimento al momento della commissione del reato di cui il bene è pertinente: ad avviso del decidente, a giusta ragione, nessun aggravamento vi è stato, in quanto gli interventi eseguiti si sostanziano nel rifacimento di precedenti e preesistenti opere, di entità minimale, senza significativo carattere di innovatività. Non è ravvisabile alcun aggravio del carico urbanistico, in quanto la consistenza sostanziale del manufatto non ha subito alcuna alterazione, cosi che la libera disponibilità da parte dell’indagato dell’immobile de quo nulla innova, in negativo, rispetto alla situazione precedente.

L’analisi svolta dal Tribunale si palesa esente da vizi e permette di ritenere che quanto realizzato dal M. non abbia violato la sfera dell’illecito urbanistico, essendo quanto eseguito dall’indagato del tutto minimale.

Inconferente si palesa, di poi, il richiamo in ricorso alla presunta violazione dell’art. 221 TULSS, perchè essa non può determinare alcun effetto ai fini della applicabilità o meno della misura cautelare invocata dal p.m..

Sul punto, questa Corte ha avuto modo di affermare che in materia di reati edilizi l’utilizzo, quale abitazione da parte dell’autore dell’illecito, di un corpo di fabbrica abusivamente realizzato, che non comporti in concreto, per le dimensioni dell’immobile, le sue caratteristiche e per la destinazione ad abitazione familiare, un apprezzabile aggravamento del carico urbanistico, non giustifica la conservazione della misura cautelare reale per la mancanza di abitabilità, sulla base della sola violazione alla disposizione di cui all’art. 221 TULSS, in quanto il sequestro preventivo è funzionale al processo di merito e non può essere utilizzato per anticipare le sanzioni amministrative accessorie della demolizione o della acquisizione alla pubblica amministrazione della porzione di manufatto (Cass. 6/7/04, n. 29203).
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso del p.m..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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