Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-04-2011, n. 2346 Consiglio comunale e provinciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dall’attuale appellante, per l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica, in data 13 marzo 2009 e dei connessi atti, di scioglimento del consiglio comunale di Pago del Vallo di Lauro, per la durata di diciotto mesi, ai sensi dell’articolo 143 del testo unico degli enti locali.

L’appellante ripropone le censure disattese dal TAR.

Le amministrazioni intimate resistono al gravame.

Si sono costituiti in giudizio anche le parti intervenienti in primo grado, chiedendo l’accoglimento dell’appello.

2. L’appello è infondato.

La Sezione condivide le premesse giuridiche dell’ampio ragionamento svolto dall’atto di impugnazione, che ricostruisce i lineamenti della normativa in materia, richiamando gli indirizzi interpretativi espressi dalla giurisprudenza amministrativa.

Tale impostazione, del resto, risulta coerente con gli orientamenti consolidati, fatti propri anche dalla sentenza appellata.

Nel caso di specie, peraltro, l’istruttoria procedimentale alla base del provvedimento impugnato, approfondita e attenta, ha evidenziato una serie particolarmente rilevante di elementi indiziari, tali da dimostrare la sussistenza di un oggettivo stato di condizionamento degli organi comunali.

Il decreto impugnato indica analiticamente tutti gli episodi ritenuti rilevanti, collegati a diverse fonti di informazione, valutandone la portata oggettiva e l’incidenza causale sulla corretta attività istituzionale dell’ente locale.

3. Il Tar, nell’ambito del complessivo quadro istruttorio delineato dall’amministrazione che ha disposto lo scioglimento, e rigorosamente correlato alla motivazione del provvedimento impugnato, ha valorizzato i seguenti elementi:

– frequentazioni dirette ed indirette, messe in luce da puntuali accertamenti svolti dalle forze dell’ordine, di diversi amministratori, dipendenti comunali e parenti e familiari degli stessi, con affiliati o sostenitori dei clan camorristici operanti in zona ed anche con pregiudicati condannati per reati di particolare gravità;

– episodi di intimidazione, i cui motivi sottostanti sono stati vagliati nel corso di indagini da parte degli organi di polizia operanti sul territorio;

– ragguardevoli casi, sia per il profilo qualitativo sia per quello quantitativo, di episodi gravi di incendi ad auto e danneggiamento a beni, non tutti oggetto di formale denuncia alle autorità di polizia, che hanno coinvolto amministratori e/o familiari, le cui modalità sono tali da rendere quantomeno perplessa una loro riconducibilità a fenomeni di crimine comune.

A tale ultimo riguardo, la sentenza impugnata ha considerato particolarmente significativa l’aggressione al consigliere, capogruppo di minoranza, Amato Carmine, oggetto di denunzia presso il Commissariato di Nola, con querela nei confronti di soggetto pluripregiudicato, Vitale Luigi di Sabato, affiliato al clan Cava.

Secondo le indagini compiute, l’aggressione sarebbe collegabile all’atteggiamento assunto da parte del capogruppo di minoranza nell’ambito di sedute consiliari, tendente a contrapporsi alla volontà del gruppo di maggioranza volta a favorire gli interessi della famiglia Vitale.

In tale quadro, significativo valore indiziario assume la delibera di giunta municipale n. 607 del 2009, con la quale era stata ampliata la pianta organica con la previsione tra l’altro di inserire il posto di autista da affidare ad un fratello del Vitale, il quale già lavorava per la cooperativa che gestiva il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti

Ancora, sono state numerose le illegittimità che avrebbero condizionato la procedura di adozione del PUC, comportando vantaggi per alcuni esponenti della criminalità locale, a fronte dei quali non si è trascurato di mettere in atto episodi di intimidazione e condizionamento psicologico.

Non solo, ma la relazione della commissione di accesso ha delineato "complesse e variegate vicende personali degli amministratori e degli uffici amministrativi del comune", caratterizzate dalle frequentazioni, dirette ed indirette, di diversi amministratori dipendenti comunali o parenti e familiare degli stessi con affiliati o fiancheggiatori dei clan camorristici operanti in zona con pregiudicati condannati per reati di particolare gravità.

4. L’atto di appello tende a ridimensionare l’effettivo rilievo di talune delle circostanze rappresentate dal TAR e ampiamente illustrate nel provvedimento impugnato.

Tuttavia, anche tenendo conto delle puntualizzazioni svolte, in punto di fatto, dall’appellante, resta ferma la gravità del quadro indiziario emerso nel corso dell’istruttoria procedimentale e adeguatamente trasfuso nella motivazione del provvedimento di scioglimento.

In questo senso, il collegio prende atto della circostanza che, con riferimento alle indagini penali svolte nei confronti dell’appellante e di altri amministratori, riguardanti gli abusi collegati all’adozione del PUC, l’ipotesi accusatoria sia stata parzialmente ridimensionata, mediante l’eliminazione della contestata circostanza aggravante di cui all’articolo 7 della legge n. 203/1991..

Peraltro, il rilievo di tale vicenda, per quanto isolatamente possa risultare meno grave di quanto affermato nel provvedimento di scioglimento, non può essere trascurato, all’interno di un vasto insieme di elementi indiziari univoci.

Parimenti, il fatto che gli episodi di aggressione e di intimidazione nei confronti degli amministratori e dei loro familiari siano stati denunciati dalle vittime non elide, affatto, la loro valenza di episodi altamente indicativi dello stato di compromissione delle istituzioni locali, per effetto di una presenza fortemente condizionante della malavita locale.

5. L’atto di appello, poi, ripercorre, attraverso la riproposizione testuale del ricorso di primo grado, le censure riguardanti la rilevanza di ciascuno dei singoli episodi indicati dalla commissione di accesso come sintomatici della situazione di condizionamento dell’ente locale.

Al di là di alcune possibili imprecisioni contenute negli atti istruttori, tuttavia, gli argomenti esposti dall’appellante non intaccano la sostanziale idoneità della motivazione posta a base del provvedimento impugnato.

6. Non è necessario, quindi, esaminare nel dettaglio ogni singola deduzione prospettata nell’atto di appello, posto che, in ogni caso, resterebbe fermo il nucleo essenziale dei presupposti di fatto che hanno condotto allo scioglimento del comune.

Pertanto, l’appello deve essere respinto.

Le spese possono essere compensate
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

Respinge l’appello, compensando le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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