Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15600 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Z.W. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, commi 1 e 3, a lui ascritto per avere indicato nelle dichiarazioni dei redditi ed IVA componenti negativi di reddito riconducibili ad operazioni inesistenti relativamente agli anni 1999 – 2004 per importi variabili inferiori al limite di Euro 154.937,07.

Le fatture di cui alla affermazioni di colpevolezza risultavano emesse dalla ditta "CINA" di X.S.M. con sede in (OMISSIS), secondo quanto indicato nel timbro apposto sui documenti.

Veniva accertato, invece, che la ditta "CINA" aveva una sede legale in provincia di (OMISSIS) ed una sede periferica in (OMISSIS), mentre (OMISSIS) è in provincia di (OMISSIS); che la ditta "CINA" non aveva mai operato nella sede periferica e che la stessa era una cosiddetta cartiera. La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva chiesto l’ammissione di una perizia contabile e l’assoluzione dal reato ascrittogli, mentre, in accoglimento dell’impugnazione del Procuratore Generale della Repubblica, ha applicato all’imputato le pene accessorie previste dalla legge.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la mancata ammissione di una prova decisiva ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d).

Si deduce che la difesa dell’imputato aveva chiesto nel giudizio di primo grado l’espletamento di una perizia contabile per far verificare la coincidenza tra le fatture relative alle prestazioni fornite allo Z. dalla ditta "CINA", consistenti nella prestazione d’opera per il confezionamento di capi di abbigliamento, e quelle relative alla vendita dei medesimi capi di abbigliamento da parte dell’imputato. Si osserva che tale prova, la cui richiesta è stata reiterata in appello, risultava decisiva per dimostrare la effettività delle operazioni effettuate dalla ditta "CINA", mentre doveva ritenersi irrilevante la assenza di tracce dei pagamenti delle forniture nei circuiti bancari, essendo nota la propensione degli operatori cinesi ad effettuare i pagamenti in contanti. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine alla affermazione di colpevolezza dell’imputato.

Si deduce, in sintesi, che quanto accertato in ordine alla ubicazione effettiva della sede della ditta "CINA" costituisce un mero errore materiale contenuto nel timbro, mentre l’affermazione che la stessa fosse una cartiera non è supportata da adeguati elementi di prova.

Si osserva sul punto, con riferimento alla assenza di scritture contabili da parte della ditta "CINA", che l’imputato non può rispondere delle irregolarità riscontrate nei confronti di tale azienda e si ribadisce che nei rapporti tra ditte cinesi il regolamento dei conti avviene notoriamente mediante pagamenti in contanti. Si deduce conclusivamente che nessuna delle argomentazioni esposte nella sentenza impugnata è idonea a giustificare un giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Osserva la Corte che la sentenza di appello è integrata, per l’uniformità della decisione, da quella di primo grado, la cui motivazione da ampiamente conto delle risultanze probatorie sulle quali è fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato e della superfluità del mezzo di prova richiesto, sicchè le deduzioni del ricorrente in appello, e peraltro riproposte in sede di ricorso, costituiscono tutte mera reiterazione di argomentazioni la cui fondatezza e rilevanza è stata già esclusa con motivazione diffusa, immune da vizi logici.

Con riferimento alle richiesta di perizia contabile da parte dell’imputato è evidente, infatti, che l’accertamento effettuato dalla GG.FF. della inesistenza di una sede effettiva della ditta Cina in provincia di (OMISSIS), con la quale l’imputato avrebbe intrattenuto rapporti commerciali, rende superfluo qualsiasi riscontro sulle fatture emesse da tale ditta. Egualmente è a dirsi per la sostanziale non operatività anche della sede principale della predetta ditta Cina, secondo quanto accertato dalla GG.FF..

Nel resto le censure del ricorrente si esauriscono nella contestazione in punto di fatto della rilevanza indiziaria di quanto accertato dalla GG.FF.; rilevanza indiziaria assolutamente evidente e che ha formato oggetto di adeguata motivazione.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

La declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude a questa Corte la possibilità di rilevare l’eventuale esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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