Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-04-2011, n. 2342 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con determinazione in data 5.11.2008 l’ANAS ha aggiudicato l’appalto per i lavori di costruzione di un cavalcavia sulla via Aurelia SS n.1 al Consorzio Stabile S.C. a r.l. (di seguito: Consorzio)che aveva partecipato alla gara indetta dalla stessa A. indicando l’impresa consorziata S. C. s,r.l. (di seguito: S.) quale esecutrice dei lavori. L’aggiudicazione veniva revocata in data 16.1.2009 sul rilievo che la Prefettura di Viterbo aveva trasmesso in data 8.1.2009 la informativa datata 15.12.2008 della Prefettura di Caserta che -richiamandosi al rapporto del 5.12.2008 del Comando Provinciale Carabinieri – affermava la sussistenza delle cause interdittive ex art.4 d.lgs. n.490/1994 in capo alla consorziata S. e al suo amministratore.

Sul ricorso proposto avverso gli atti anzidetti sia del Consorzio che della S., il TAR Lazio ha accolto il gravame con riferimento alla posizione del Consorzio, per non essere stato consentito a questo di procedere alla sostituzione dell’impresa incaricata della effettuazione dei lavori, a norma dell’art.12 d.p.r. n.252/1998; ha invece respinto il ricorso con riferimento alla posizione di S. avendo ritenuto infondate le censure dedotte nei riguardi degli atti impugnati.

In particolare il TAR ha ritenuto che fossero sufficienti a giustificare la informativa interdittiva le circostanze evidenziate nel rapporto dei Carabinieri, vale a dire:

a)la cessione in affitto di un ramo d’azienda a S. da parte della S. C. s.r.l., a carico della quale sono stati effettuati accertamenti, unitamente al rapporto di affinità intercorrente tra uno dei due soci di S. e la famiglia proprietaria della società S.;

b)i condizionamenti cui è risultata sottoposta quest’ultima, anche se consistenti nella semplice accettazione di attività estorsive camorristiche.

La sentenza del TAR non ha invece considerato come circostanze idonee ad escludere i presupposti per l’interdittiva:

– la intervenuta assoluzione del padre dei titolari della società S. (Letizia Alfonso) dalla accusa di favoreggiamento personale al fine di favorire le associazioni camorristiche;

– il rilascio di una liberatoria antimafia allo stesso padre dei titolari della società S..

Nei riguardi della pronuncia del TAR S. ha interposto appello deducendo:

1)che appare illogico sostenere (come ha fatto il giudice di primo grado) che la intervenuta cessione in affitto, lasciando la proprietà dei beni in capo al cedente, escluderebbe la autonomia dei soggetti e dimostrerebbe che l’uno influenzerebbe le decisioni dell’altro;

2)che il rapporto di affinità non può essere da solo sufficiente a suffragare l’ipotesi di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa;

3)che sono stati travisati importanti dati di fatto non essendosi tenuto nel debito conto: a) la assenza di ogni precedente penale a carico di S. e dei suoi titolari; b) la qualità di vittima della mafia del padre dei titolari della società S. (Letizia Alfonso); c) la assoluzione di questi dal delitto di favoreggiamento; d) la liberatoria antimafia rilasciata al medesimo nel 2002:

Si è costituita in giudizio l’ANAS che ha contestato la fondatezza dei motivi di gravame prospettati con l’atto di appello e ne ha chiesto la reiezione.

Con successiva memoria la parte appellante ha ribadito le proprie tesi difensive insistendo per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 18.3.2011 la difesa della parte appellante ha ulteriormente illustrato le proprie difese e la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

I motivi di censura prospettati con l’odierno atto di appello della società S. avverso la sentenza del TAR non meritano di essere condivisi.

Com’è noto, in materia di interdittiva antimafia prevista dall’art.4 dl lgs. n.490/1994, la giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito:

che l’interdittiva non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche ed indiziari, al di là della individuazione di responsabilità penali;

che conseguentemente non occorre che sia provata l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, essendo invece sufficiente, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, la mera possibilità di interferenze della criminalità rivelate da fatti sintomatici o indiziari;

che gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità.

Alla stregua di siffatti indirizzi la interdittiva oggetto del presente giudizio appare pienamente giustificata dalla informativa trasmessa dal Comando provinciale dei Carabinieri di Caserta, nella quale assume particolare rilievo: il fatto che la società appellante abbia preso in affitto un ramo di azienda da una società di cui sono titolari i fratelli Letizia, uno dei quali risulta in rapporti con personaggi della criminalità organizzata; ed il rapporto di affinità contratto da uno dei due soci della società appellante, tramite la propria moglie, con il padre dei fratelli Letizia, già sottoposto a procedimento penale per favoreggiamento della camorra.

Quanto a questa seconda circostanza, va subito detto che il rapporto di parentela, come pure di affinità non sarebbe di per sé solo idoneo a sorreggere il provvedimento interdittivo; ma esso diviene significativo allorchè il legame parentale si inserisca in un più ampio quadro indiziario dal quale possa desumersi il pericolo di un condizionamento mafioso, come avviene nella fattispecie in esame in cui altri e più consistenti indizi convergono nel far ritenere attendibile tale pericolo.

Al riguardo, elemento fondamentale del quadro indiziario ravvisato a carico della appellante è il contratto stipulato in data 10.4.2008 con la società S. C. s.r.l., con il quale questa ha concesso in affitto a S. il ramo d’azienda costituito da una attività di costruzione di edifici ed altre opere edili.

Orbene è bensì vero che con l’affitto di detto ramo d’azienda rimane ferma "la diversità imprenditoriale tra le figure soggettive coinvolte", secondo quanto si sottolinea nell’atto di appello, ma non v’è dubbio che la asserita autonomia dei due soggetti non toglie che tra vecchia e nuova gestione aziendale persista un filo di continuità (come ha esattamente osservato la sentenza di primo grado), e che trattandosi di un contratto la cui esecuzione si protrae nel tempo, e la cui durata è rimessa alla volontà delle parti, il soggetto affittuario subisca inevitabilmente l’influenza del suoi dante causa, essendo condizionato dalle scelte di questi.

Ne consegue dunque che la "vicinanza" dei soggetti proprietari del ramo d’azienda con ambienti della criminalità organizzata può ben riverberare i suoi effetti sulla gestione dell’affittuario, esponendo quest’ultimo a quei condizionamenti che la interdittuiva prefettizia intende prevenire.

D’altra parte, che gli elementi raccolti dal Comando provinciale dei Carabinieri di Caserta (con l’informativa sopra indicata) facciano ragionevolmente ipotizzare la compromissione dei titolari della società S., e del loro genitore, con ambienti della criminalità, non pare possa essere contestato. Depongono in questa direzione, secondo quanto si evince dalla informativa:

i rapporti intrattenuti da uno dei titolari della società S. con persona gravata da precedenti penali per associazione mafiosa;

il fatto che il padre dei titolari della società S., che peraltro gestisce insieme ai figli altre società, sia stato sottoposto a procedimento penale per favoreggiamento personale della organizzazione camorristica.

Né possono essere considerate esimenti rispetto al giudizio di pericolosità racchiuso nella interdittiva prefettizia le ulteriori vicende riguardanti lo stesso genitore.

Non la circostanza che egli sia stato assolto dall’anzidetto procedimento penale con sentenza del Tribunale di Nola del 16.11.2007 ai sensi dell’art.530. comma 2, C.P.P. "per insufficienza di prove", dal momento che, stante la funzione cautelare e preventiva della interdittiva, anche in assenza di una condanna possono essere tratti elementi indiziari significativi dal fatto che il soggetto sia stato imputato in un processo riguardante la criminalità organizzata e che sia stato prosciolto solo per insufficienza di prove.

Non l’avvenuto rilascio nel 2002 di una "liberatoria antimafia", ben potendo i presupposti della sua adozione essere rivalutati a distanza di tempo alla luce di fatti sopravvenuti.

Non infine il fatto di aver subito atti estorsivi da parte di un clan camorristico, che anzi il non aver denunciato l’estorsione (secondo quanto prospettato nella informativa dei Carabinieri) dimostra semmai quanto forte sia il condizionamento da parte delle organizzazioni criminali, e giustifica a maggior ragione la misura cautelare costituita dalla interdittiva.

In conclusione i rilievi mossi dall’appellante non scalfiscono il quadro indiziario che è emerso dalla informativa dei Carabinieri e che rende del tutto attendibile il giudizio in essa racchiuso.

Per le considerazioni che precedono l’appello in esame deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali del presente grado di giudizio tra le parti in causa, anche in considerazione della esiguità della attività difensiva delle parti appellate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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