Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15594

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osserva:
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Sassari, sezione distaccata di Alghero, con sentenza del 9/3/2010, ha dichiarato B.A. colpevole del reato di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 19, comma 3, lett. a) perchè all’interno dell’area marina protetta (OMISSIS) catturava specie animali, e lo ha condannato alla pena di Euro 140.00 di ammenda.

Propone ricorso per cassazione il prevenuto personalmente, con i seguenti motivi: – il giudicante sostiene la configurabilità del reato di cui alla imputazione in difetto dell’elemento soggettivo stabilito dalla norma, infatti dalla istruttoria dibattimentale è emerso, in maniera inequivoca, che il prevenuto non fosse a conoscenza della natura di area protetta della zona in cui ha esercitato la pesca, peraltro non erano posizionati cartelli o avvisi indicanti la natura di area protetta; nè poteva ritenersi sufficiente a tal fine il posizionamento in mare di una boa.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale. adottata dal decidente, si palesa del tutto logica e corretta.

La L. n. 394, art. 19, comma 3, lett. a) dispone che nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela e le caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area. In particolare sono vietati "la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali".

Il giudice di merito ha evidenziato che nel corso di un normale servizio di controllo, presso l’area marina protetta, (OMISSIS), l’ass. S.M. rilevava la presenza di alcune persone, tra le quali anche del B.A., il quale era intento a pescare ed aveva, in quel momento, già catturato un pesce.

Il detto S. ha precisato che l’area marina de qua è segnalata da due hoc di colore giallo con una croce sulla estremità, a mare, e due dime, che formano un rettangolo ove è inibita la pesca e la balneazione, segni questi rappresentativi della tangibile indicazione della zona di mare protetta.

In dipendenza di quanto osservato, pertanto, il Tribunale, a giusta ragione, ha ritenuto che la condotta del prevenuto abbia integrato la fattispecie contestata dall’accusa, sviluppando un discorso giustificativo ampiamente esaustivo.

Da quanto osservato appare evidente che la tesi della ignoranza del prevenuto della natura di area protetta della zona in cui lo stesso ha esercitato la pesca appare priva di pregio, risultando la perimetrazione di detta area esattamente segnalata.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il B. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità del ricorso, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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