Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15593

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 18.09.2009 il Tribunale di Macerata condannava S.V., quale responsabile di cantiere della ditta Sirolesi costruzioni s.r.l., alla pena di Euro 3.000 d’ammenda – per avere, in assenza di autorizzazione, effettuato attività di smaltimento, all’interno di un cantiere edile, di rifiuti speciali non pericolosi (pezzi di legno, tubi di plastica, sacchetti di malta) mediante incenerimento, nonchè attività di messa in riserva e di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi (residui di costruzioni edili, bottiglie di plastica e di vetro, imballaggi, sacchetti di malta);

– per avere, mediante la suddetta attività d’incenerimento, provocato emissioni di fumo atte a molestare le persone.

Proponeva appello l’imputato deducendo:

– per il reato di smaltimento dei rifiuti, che la combustione dei rifiuti urbani, all’interno del cantiere, era stata modesta e, comunque, compatibile con l’esercizio dell’impresa;

– per la messa in riserva di rifiuti, che mancava l’elemento oggettivo del reato sussistendo un deposito temporaneo di rifiuti prodotti all’interno del cantiere;

– per il reato di cui all’art. 674 cod. pen., che non era state obiettivamente costatate esalazioni moleste essendo contraddittorie le dichiarazioni degli accertatori.

Chiedeva l’annullamento della sentenza anche per la maturata prescrizione dei reati.

Con provvedimento del 20.08.2008 gli atti venivano trasmessi a questa Corte ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 5.

L’impugnazione è manifestamente infondata e deve essere dichiarata inammissibile con le conseguenze di legge.

Con essa si propongono censure in fatto che distorcono la sostanza del provvedimento impugnato che, invece, possiede un valido apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni processuali quanto alla sussistenza a carico dell’imputato di specifici e concreti elementi di prova sulla commissione dei reati.

I giudici di merito hanno, infatti, accertato che nel cantiere edile era stato accumulato alla rinfusa un consistente quantitativo di rifiuti eterogenei in parte dato alle fiamme, come direttamente costatato da agenti della Polizia provinciale che videro bruciare tubi di plastica, tubi utilizzati per gli impianti elettrici, sacchetti di malte, pezzi di legno e di nylon. Da ciò consegue che i rifiuti non erano riutilizzati con corrette modalità di recupero e che non potevano costituire deposito temporaneo.

La sentenza, quindi, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di smaltimento di rifiuti, nella specie costituiti da eterogenei materiali, accumulati alla rinfusa sull’area di lavoro.

L’area dell’accumulo era stata adibita, di fatto, a deposito, mediante una condotta consistente nell’abbandono – per un tempo apprezzabile anche se non determinato – di una discreta quantità di rifiuti eterogenei.

Il reato di deposito incontrollato di rifiuto si configura, infatti, quando si accerti attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti, dovendosi considerare tali i materiali ammassati alla rinfusa, senza autorizzazione alcuna, sull’area di cui l’imputato abbia la disponibilità.

Generica e in fatto è la censura sulla condanna per il reato di cui all’art. 674 cod. pen. che poggia sulla testimonianza dei verbalizzanti che si recarono presso il cantiere in quanto attirati dal denso fumo nero che dallo stesso proveniva e che era tale da arrecare potenziali molestie agli abitanti della zona, come accertato con le acquisite testimonianze.

In conclusione, non è ravvisabile il dedotto vizio di motivazione poichè questo sussiste, secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte, quando l’iter argomentativo che ha condotto alla decisione si dimostri incompleto, avulso dalle risultanze di causa, privo del necessario rigore, non già quando il giudice ha valutato gli elementi probatori in difformità alla ricostruzione dei fatti proposta dalla parte, alla quale non è consentito trasformare in maniera surrettizia il controllo di legittimità sul provvedimento impugnato in un giudizio di merito.

La manifesta infondatezza del ricorso preclude l’applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato (Cassazione SU n. 32/2000, De Luca), sicchè grava sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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