Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15589

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 16/6/08 il Gup presso il Tribunale di Palermo, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava G.M.P. colpevole del reato di cui all’art. 81 cpv c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 1 e art. 4, n. 7, e C.R. colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 1 e art. 4, n. 7 e condannava rispettivamente, la prima, alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 6.000.00 di multa, e la seconda, ad anni 2 di reclusione ed Euro 300.00 di multa.

La Corte di Appello di Palermo, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dalle prevenute, con sentenza dell’1/4/2010, ha confermato il decisum di prime cure.

Propongono autonomi ricorsi per cassazione le imputate, la G. personalmente, e la C. a mezzo del proprio difensore, con i seguenti motivi:

– per la G.;

– erronea applicazione della L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 2, nn. 1 e 8 nella specie non sussistendo gli elementi costitutivi del delitto contestato;

– vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, diniego fondato esclusivamente sulla ritenuta presenza di elementi negativi del fatto; sul punto si evidenzia, altresì, la contraddittorietà della motivazione col considerare che alla coimputata C. è stata accordata la concessione di dette attenuanti, nonostante la identicità delle posizioni processuali delle prevenute medesime;

– illogicità della motivazione in ordine alla riconosciuta sussistenza della aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4, n. 7:

– per la C.;

– violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 192 c.p.p. nonchè in relazione alla L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 3, n. 3 rilevato che la Corte di Appello non ha valutato correttamente la posizione dello I., coindagato, e conseguentemente le dichiarazioni dallo stesso rese, sulle quali il decidente ha fondato la sentenza di condanna; omessa assunzione a teste di Ca.Ma.;

travisamento delle dichiarazioni di F.L. e del contenuto delle intercettazioni;

– insussistenza dell’aggravante prevista dalla L. n. 75 del 1958, art. 4;

– la pena andava applicata nel minimo edittale e le attenuanti generiche andavano concesse in regime di prevalenza rispetto all’unica aggravante contestata.
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati a vanno rigettati.

La argomentazione motivazionale adottata dalla Corte territoriale, nel confermare il giudizio di responsabilità delle imputate, già affermato dal Tribunale, si palesa del tutto logica e corretta.

La G. contesta la sussistenza degli elementi costitutivi il delitto contestatole. La censura è priva di pregio, rilevato che sul punto il giudice di merito ha evidenziato come dalla piattaforma probatoria sia emerso che la prevenuta provvedeva ad esigere parte dei proventi della prostituzione esercitata da altre donne, nell’appartamento in sua disponibilità, sito in via (OMISSIS), e controllava che le stesse svolgessero regolarmente l’attività, intrattenendo un determinato numero di rapporti sessuali a pagamento.

Del pari infondato si rivela il motivo attinente alla mancata concessione delle attenuanti generiche. rilevato che il discorso giustificativo, svolto dalla Corte di merito, a sostegno di tale diniego è corretto ed esaustivo, con richiami ad elementi che connotano assai negativamente la personalità della G., quali la pluralità di condanne, gravanti sulla imputata, anche in relazione a fatti di sicuro allarme sociale (la stessa vanta oltre ad una condanna per il reato di resistenza, anche una condanna per il reato di illecita cessione di stupefacente). la condotta ascritta nel presente procedimento, caratterizzata da una pluralità di episodi, nei confronti di vari soggetti, che dimostrano "una illecita professionalità", la assenza di alcuna significativa resipiscenza.

A giusta ragione, di poi. i giudici di merito hanno ritenuto di riconoscere la aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4, n. 7 risultando evidente dal materiale probatorio acquisito che il fatto sia stato commesso ai danni di più persone.

La C. con il primo motivo di impugnazione censura la non corretta valutazione delle dichiarazioni rese dallo I. perchè generiche, eteroaccusatorie, inattendibili e prive di riscontro, dichiarazioni sulle quali il decidente fondava la sentenza di condanna.

La censura è priva di fondamento, visto che il giudice di merito non si limita a indicare quale prova della responsabilità della prevenuta le sole dichiarazioni del predetto I., ma richiama quanto affermato da Z.G., nonchè i risultati dei servizi di osservazione, evidenziando come da tutte le emergenze istruttorie risulti evidente che la C. esercitasse una casa di prostituzione, gestendo l’attività di meretricio di Ca.

C., F.L. e tale F.. Dalle intercettazioni telefoniche, che hanno consentito, inoltre, di appurare che la imputata teneva i contatti con i potenziali clienti, ai quali veniva comunicato il luogo dell’incontro, il prezzo della prestazione e, talora, la descrizione fisica della prostituta, il decidente ha tratto la convinzione della disponibilità in capo alla C. di varie ragazze da fare prostituire, elemento questo che permette di non dubitare della sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4.

Non può trovare ingresso la censura attinente alla mancata concessione delle attenuanti con giudizio di prevalenza rispetto alla indicata aggravante: la Corte sul punto evidenzia come l’imputata appaia una vera "professionista" del settore, vantando ben due precedenti specifici, che la rendono immeritevole dell’invocato giudizio di prevalenza, considerando, peraltro, l’atteggiamento processuale dalla stessa assunto, da cui non è emerso alcun segno di resipiscenza.

Orbene si osserva che la Corte distrettuale, dunque, ha confermato il giudizio di colpevolezza. pronunciato dal primo decidente, a seguito di puntuale richiamo alle emergenze istruttorie. evidenziando come da esse risulti un quadro chiaramente delineante le illecite condotte ascritte alle imputate.

I ricorsi, peraltro, tendono ad una rilettura della piattaforma probatoria, su cui al giudice di legittimità è precluso di procedere ad una rinnovata analisi estimativa.

Rilevasi che il giudice di merito, nel valutare, le prove, ha dato contezza di avere applicato un metodo estremamente corretto, in quanto ha preso in considerazione ogni singolo fatto e il loro insieme, non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio, ed ha verificalo che essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, potevano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante, tale da consentire ad esso decidente di cogliere la verità processuale, e, così, pervenire alla affermazione di colpevolezza delle prevenute in ordine al reato ad esse ascritto.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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