Cons. Stato Sez. VI, Sent., 18-04-2011, n. 2376

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

vvocato Viola;
Svolgimento del processo

1. Vengono in decisione gli appelli proposti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall’A.P.A.T., Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici per ottenere la riforma delle sentenze del T.a.r. Lombardia, nn. 1115, 1116, 1117, 1118, e 1119 del 2009, con le quali sono stati accolti i ricorsi rispettivamente proposti in primo grado dalle società: A. L. I. S. s.r.l., A. L. P. s.r.l., E. s.r.l., I. 2C s.p.a., C.G.T.C. G. T..

Le sentenze impugnate hanno annullato il verbale della conferenza di servizi deciso tira convocata presso il Ministero dell’ambiente in data 11 ottobre 2007 e il decreto direttoriale n. 4073/QdV/DI/B contenente "il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter della legge n. 241 del 1990, le determinazioni conclusive di detta conferenza di servizi.

2. La vicenda oggetto degli appelli in esame trova la propria origine negli atti adottati dalle Amministrazioni appellanti a seguito dell’intervenuto annullamento da parte sempre del T.a.r Lombardia (con sentenze n. 5286/2007, 5287/2007, 5288/2007, 5782/2007, 5355/2007), degli atti che imponevano alle odierne appellate interventi di bonifica nel territorio dei Comuni di Pioltello e Rodano su di un’area che, per effetto dei gravi fenomeni di inquinamento che l’hanno interessata, è stata classificata quale sito inquinato di interesse nazionale, ai sensi dell’art. 1, comma 4°, lett. pquater, della legge 426/1998.

3. Il T.a.r. aveva annullato i precedenti provvedimenti adottati dal Ministero, ritenendo che non risultasse alcuna adeguata attività istruttoria, compiuta dall’Amministrazione ai fini dell’accertamento, in capo alle società intimate, della responsabilità per l’inquinamento del sito in questione.

Per tali ragioni ed in considerazione del fatto che la disponibilità manifestata dalle società alla realizzazione di interventi di risanamento ambientale non potesse essere certo ritenuta idonea a far sorgere obblighi di bonifica il ricorso era stato accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti con cui il Ministero dell’Ambiente ha imposto alla ricorrente di adottare misure di messa in sicurezza di emergenza della falda e dei sedimenti.

4. Prima ancora di procedere all’impugnazione in appello di detta sentenza (avvenuta solo in data 19 novembre 2007), con conferenza di servizi dell’11 ottobre 2007, le Amministrazioni coinvolte hanno inteso ribadire nuovamente l’obbligo per tutte le imprese insediate nel sito di procedere all’immediata adozione di misure di messa in sicurezza di emergenza della falda, dando atto che, a parere delle stesse, sarebbe stato impossibile pervenire all’accertamento delle responsabilità in tempi compatibili con l’urgenza del provvedere e lo stato di contaminazione sarebbe imputabile anche alle attività produttive attive nel sito; in ogni caso, secondo le Amministrazioni, l’obbligo di attivazione dell’operatore non responsabile deriverebbe, quale onere reale, dalla mera proprietà del terreno.

5. Le società destinatarie dei provvedimenti hanno, quindi, ritenuto che un tale comportamento dell’Amministrazione fosse in primo luogo lesivo dell’obbligo derivante dalle sentenze del T.a.r. ed, in secondo luogo, illegittimo. Per tali ragioni esse, con ricorso proposto innanzi al T.a.r. Lombardia, hanno richiesto l’esecuzione del giudicato e l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Il T.a.r., con le sentenze oggi appellate, ha respinto il ricorso per l’esecuzione del giudicato (ritenendo le precedenti sentenze auto esecutive, e come tali non tali da richiedere alcuna ulteriore attività esecutiva da parte dell’Amministrazione), ma ha accolto il ricorso per l’annullamento dei provvedimenti ministeriali, sul presupposto che non fosse stato introdotto alcun nuovo elemento volto a dimostrare la responsabilità per l’inquinamento in capo alle società ricorrenti.

6. Per ottenere la riforma di tali sentenze hanno proposto appello il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e l’A.P.A.T., Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici.

Le società intimate si sono costituite chiedendo il rigetto degli appelli.

Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2011, gli appelli sono passati in decisione.
Motivi della decisione

1. Occorre, in primo luogo, disporre la riunione degli appelli, stante la loro evidente connessione sia soggettiva (in tutti i casi appellano il Ministero dell’Ambiente e l’A.P.A.T.), sia oggettiva, considerando che i provvedimenti amministrativi impugnati, pur tenendo conto della diversità delle posizioni coinvolte, riguardano la stessa area e si fondano su considerazioni in gran parte analoghe per tutte le società appellate, e che, di conseguenza, anche i motivi di doglianza formulati nei singoli appelli dalle Amministrazioni sono in gran parte comuni.

2. Le società appellate hanno chiesto la sospensione dei presenti giudizi in attesa della definizione degli appelli, allo stato pendenti innanzi alla IV Sezione di questo Consiglio di Stato, proposti dal Ministero dell’Ambiente per chiedere la riforma di tre delle cinque sentenze, menzionate nella parte in fatto (segnatamente pende appello avverso le sentenze n. 5286/2007, 5287/2007, 5288/2007) con cui il T.a.r. Lombardia aveva già ritenuto illegittimi analoghi provvedimenti adottati dal Ministero dell’Ambiente. Il Collegio ritiene di non accogliere la richiesta di sospensione, in considerazione del fatto che i provvedimenti oggetto del presente giudizio, nonostante un’evidente affinità sotto il profilo contenutistico con i provvedimenti precedentemente adottati, sono comunque atti autonomi, che, come ricordato dal T.a.r. nelle sentenze oggi appellate, non sono neanche diretti a dare esecuzione alle sentenze di annullamento dei precedenti provvedimenti, essendo, al contrario, espressione di un autonomo potere provvedimentale.

Tra i provvedimenti oggetto del presente giudizio e quelli oggetto degli appelli pendenti innanzi alla IV Sezione, vi è, quindi, solo una parziale identità di contenuti, che di per sé non giustifica la sospensione del processo.

3. Nel merito gli appelli devono essere respinti.

4. I provvedimenti impugnati, infatti, nonostante la diversità delle posizioni coinvolte si fondano tutte sul dichiarato presupposto secondo cui, risultando impossibile pervenire all’accertamento delle responsabilità in tempi compatibili con l’urgenza del provvedere, l’obbligo di attivazione dell’operatore deriverebbe, a prescindere dalla responsabilità, quale onere reale, dalla mera proprietà del terreno.

E’ vero che, in alcuni casi, nell’atto di appello l’Amministrazione cerca in parte di modificare tale impostazione, adducendo, con riferimento ad alcune delle società intimate, elementi da cui potrebbe desumersi anche una responsabilità per l’inquinamento.

In tal modo, tuttavia, come correttamente evidenzia la difesa delle società appellate, il Ministero finisce per modificare in sede processuale la motivazione dei provvedimenti oggetto del giudizio, nei quali, invece, come si è detto, si è ritenuto di poter provvedere a prescindere dall’accertamento e dalla ricerca delle responsabilità individuali.

Tale forma di integrazione della motivazione risulta, tuttavia, inammissibile, in quanto si risolve nell’introduzione, per la prima volta in sede processuale, di elementi di fatto che avrebbero dovuto essere oggetto di istruttoria e di contraddittorio in sede procedimentale.

Diversamente opinando, infatti, il processo finirebbe per diventare il luogo di celebrazione del procedimento, e non, come invece deve essere, il momento deputato al controllo di legittimità di una decisione provvedimentale adottata all’esito di un procedimento già concluso.

Ciò implica che la legittimità dei provvedimenti impugnati non può che essere valutata considerando gli elementi e la motivazione su cui gli stessi di fondano, dato che, se così non fosse, si ammetterebbe, di fatto, un’azione diretta ad accertare se sussistono i presupposti per l’adozione del provvedimento prima e a prescindere, dall’esercizio del potere nella sede procedimentale.

In altri termini, e concludendo sul punto, la sede dedicata a stabilire se l’inquinamento è imputabile alle società appellata è il procedimento; in quel contesto, nel rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale, l’Amministrazione potrà far valere eventuali circostanze che depongano nel senso dell’imputabilità dell’inquinamento delle società odierne appellate.

5. Nel presente giudizio, la questione da esaminare, per vagliare la legittimità dei provvedimenti impugnati, è solo se sia legittimo imporre misure di bonifica sulla base del mero presupposto della proprietà del sito contaminato.

Al quesito deve essere data risposta negativa.

Sia in base al d.lgs. n. 22/1997 sia in base al d.lgs. n. 152/2006, l’obbligo di bonifica è posto in capo al responsabile dell’inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l’esistenza di un privilegio speciale I. sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).

Ne consegue che, non avendo l’Amministrazione provato che l’inquinamento riscontrabile nel sito sia imputabile alle società odierne appellate, a queste ultime non poteva essere imposto alcun obbligo di adottare misure di bonifica in un’ottica di recupero del sito (in questi termini cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885: Cons. Stato, Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4561).

6. Ne discende l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, con assorbimento di ogni ulteriore censura.

Gli appelli, pertanto, devono essere respinti, salvo, ovviamente, i futuri provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di adottare.

Le spese del giudizio devono essere compensate, ricorrendone i presupposti, considerata comunque la complessità, anche in ordine alla esatta ricostruzione dei fatti, delle questioni oggetto del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), pronunciando sugli appelli indicati in epigrafe, li riunisce e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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