Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 19-04-2011, n. 15587 Indulto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Verbania ha affermato la colpevolezza di P.S. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 4, comma 1, lett. a), e art. 18, comma 2, a lui ascritto perchè, in qualità di amministratore unico della ditta "Jam s.r.l."2, ricorreva alla somministrazione dei prestatori di lavoro T.A. e L.M. da parte della ditta "Placet Work S.r.l." non autorizzata a tale tipo di attività;

lavoratori che effettuavano 44 giornate di prestazione ciascuno nel 2005 e 285 giornate di prestazione ciascuno nel 2006.

Il giudice di merito ha escluso la buona fede dell’imputato nella stipula del contratto di somministrazione di prestazioni di lavoro con la ditta "Placet Work S.r.l." ed ha escluso che l’imputato potesse beneficiare dell’indulto, ex L. n. 241 del 2006, essendosi protratta la condotta oltre il termine di applicabilità del beneficio del 2.5.2006.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione della L. n. 241 del 2006, art. 1.

Si osserva che la condotta del P. è stata posta in essere nel periodo compreso tra il novembre 2005 e fine novembre 2006. Il reato di cui alla affermazione di colpevolezza è costituito da una condotta frammentata, essendo prevista la sanzione di Euro 50,00 di ammenda per ogni giorno di occupazione lavorativa. Ai fini dell’applicazione dell’indulto si deve procedere alla scissione del reato continuato, al fine di applicare il beneficio a quei reati che rientrano nei termini previsti dalla legge.

Si deduce, quindi, che il giudice di merito avrebbe dovuto o rimandare l’applicazione dell’indulto alla fase esecutiva ovvero applicarlo per tutte le giornate lavorative eseguite dai prestatori di lavoro fino alla data del 2.5.2006.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 129 c.p.p..

Si deduce che, essendo iniziata la commissione del reato nel novembre 2005, prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, alla fattispecie in esame doveva applicarsi il termine di prescrizione previsto dall’art. 157 c.p. nella formulazione previgente. Poichè il termine di decorrenza della prescrizione è quello di cessazione della condotta illecita, che corrisponde al 30.11.2006, la prescrizione del reato si è verificata l’1.12.2009, allorchè era ancora pendente il termine per impugnare la sentenza, sicchè il giudice, prendendone atto, avrebbe dovuto dichiarare la estinzione del reato.

Il ricorso non è fondato.

L’indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte è assolutamente consolidato nell’affermare che il reato di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro ha natura permanente, e la permanenza si protrae per tutto il tempo del rapporto di lavoro che il legislatore intende proteggere, in quanto l’interesse tutelato dalla norma va individuato non nella fonte del rapporto ma nello stesso rapporto di lavoro che il legislatore ha inteso sottrarre nel suo complesso ad ingerenze di terzi, (sez. 3, 26.1.2010 n. 16381, P.G. in proc. De Martiis, RV 246754; sez. 3, 24.2.2004 n. 25726, Guerra, RV 228957; sez. 23.3.2001 n. 23769, Grandinetti R., RV 219696; sez. 3, 8.7.1992 n. 8546, Abate ed altro, RV 191526).

Ed, infatti, la condotta vietata non è la conclusione del contratto illecito (di natura istantanea), ma l’esposizione a rischio della condizione dei lavoratori, che dura fino a quando dura il contratto di appalto o subappalto illecito.

Va inoltre osservato che il criterio rigidamente proporzionale stabilito per la determinazione della pena, come avviene per altre ipotesi di reato (misura della multa per il contrabbando di tabacchi lavorati esteri), non è rilevante ai fini della qualificazione della natura del reato, poichè costituisce solo un criterio imposto dal legislatore per commisurare la pena alla gravita del fatto, che resta unitario.

Correttamente, pertanto, il giudice di merito ha escluso l’applicabilità dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 alla pena infinta, stante la commissione del reato oltre la data di scadenza prevista dalla legge citata ed il carattere unitario della pena inflitta.

Segue dalla natura permanente del reato che, ai fini della prescrizione, si applica il termine di cui agli artt. 157 e 160 c.p. con la decorrenza stabilita dall’art. 158 nella formulazione introdotta dalla L. n. 251 del 2005.

La prescrizione, pertanto, decorre da fine novembre 2006 e verrebbe a verificarsi a fine novembre 2011.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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