Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-07-2011, n. 15512 Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie

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Svolgimento del processo

B.U. citò il fratello E. innanzi al Tribunale di Venezia, con atto notificato nel novembre 1998, chiedendo che venisse accertato che la vendita dell’unico immobile di proprietà fatta al convenuto dal padre G., deceduto nel giugno dello stesso anno, dissimulasse una donazione, non essendo stato versato alcun prezzo, con conseguente necessità di reintegrazione della quota di legittima che da tale negozio ne era risultata lesa. Il germano si costituì affermando l’effettività dell’atto traslativo. L’adito Tribunale respinse la domanda avendo ritenuto che il prezzo era stato pagato, pur se non nei termini esposti nel rogito di trasferimento.

La Corte di appello di Venezia, pronunziando sentenza n. 918/2005, accolse in parte l’appello di B.U. e giudicò – operando un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie – che la vendita dissimulasse una donazione, nulla per difetto di forma, mancando l’intervento dei testimoni; dal momento che da tale atto radicalmente invalido non potevano sortire effetti pregiudizievoli per la quota di legittima, respinse la domanda di reintegrazione della medesima.

B.E. ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, articolato su tre censure, notificandolo a S. e B.T. nonchè a Z.B., nella dichiarata qualità di eredi di B.U.: questi ultimi hanno resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione

1 – Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la "violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5" assumendo che la Corte di Appello avrebbe in sostanza giudicato come se esso deducente fosse gravato dell’onere della prova dell’inesistenza della dedotta simulazione mentre, al contrario, sarebbe stato l’attore a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti della stessa.

2 – Con il secondo mezzo viene dedotta la "violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5" avendo la Corte del merito ritenuto provata la simulazione analizzando l’interrogatorio formale dell’esponente e la prova testimoniale della suocera del medesimo – che secondo l’assunto del ricorrente, avrebbe prestato metà del prezzo poi pagato, mediante l’emissione di un assegno a favore del genero- prove che comunque non sarebbero state indicative di un accordo simulatorio.

3 – Con il terzo motivo viene fatta valere la "violazione e falsa applicazione dell’art. 1421 c.c. e artt. 99, 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4" censurando la decisione della Corte distrettuale di accogliere, in parte, la domanda dell’attore sulla base di una causa petendi non posta a base dell’originaria citazione, di tal che B.U. solo in sede di appello aveva concluso affinchè fosse dichiarata la nullità della donazione.

4 – Il mezzo descritto da ultimo – che va esaminato per primo per la sua pregiudizialità logica – è fondato.

4/a – Invero come il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità (o l’inesistenza) di un contratto, in base all’art. 1421 cod. civ., va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. – nel senso che solo se sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti, l’eventuale nullità dell’atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente alla illegittimità dell’atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d’ufficio (così Cass. 16.621/2008;

Cass. 11.550/2007; Cass. 89/2007)- del pari una differente causa di nullità, rispetto a quella fatta valere nel precedente grado di giudizio, non può essere dedotta per la prima volta in grado d’appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta dalla parte: nella fattispecie, B.U., sul presupposto che non fosse stato pagato alcun prezzo per la vendita al fratello, innanzi al Tribunale fece valere la nullità della compravendita per simulazione assoluta e in base a tale impostazione la domanda venne istruita e respinta dal Tribunale, mentre in sede di gravame dedusse la nullità attinente alla invalidità del negozio dissimulato – donazione priva dei requisiti formali-. 4/b – La pronunzia della Corte distrettuale ha violato il principio della domanda anche in quanto il petitum sostanziale perseguito da B.U. non era, in sè, la declaratoria di nullità della compravendita quanto piuttosto la reintegrazione nella quota di riserva per mezzo della riduzione di una donazione, così che, accogliendo la prima richiesta – oltretutto per una ragione diversa da quella originaria- ma respingendo la seconda il giudice dell’appello non si è attenuto all’impostazione originaria della causa.

4/c – Il motivo in esame va dunque ritenuto fondato, rimanendo assorbiti il primo mezzo – relativo alla dedotta inversione dell’onere della prova – ed il secondo – attinente alla valutazione delle emergenze istruttorie; la sentenza va pertanto cassata in ordine al motivo accolto e la causa va rinviata a diversa sezione della Corte di Appello di Venezia che, in diversa composizione, deciderà sul merito della controversia alla luce del principio sopra illustrato e, nel contempo, ripartirà l’onere delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il terzo motivo e cassa la sentenza in relazione ad esso, dichiarando assorbiti gli altri; rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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