Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 19-04-2011, n. 15585

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o di Roma.
Svolgimento del processo

In data 23.11.2005 la Corte di assise di Genova condannava, unitamente ad altri, C.R., Re.Zd., R. B., S.S., D.A. alla pena di giustizia per i reati di seguito indicati:

C.R.:

artt. 110, 81 cpv cod. pen., L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 7 e 8, art. 4, nn. 1 e 7 perchè, mettendo a disposizione più appartamenti per cui di cui egli aveva la disponibilità, nonchè gli alloggi dell’albergo (OMISSIS) di cui era titolare, al fine di sistemare le ragazze introdotte illecitamente in Italia e da avviare alla prostituzione, concorreva nel reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione delle stesse.

R.B. e Re.Zd.:

artt. 110, 81 cpv cod. pen., L. n. 75 del 1958, art. 3 e art. 4, nn. 7 e 8 per avere, in concorso fra loro ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, favorito e sfruttato la prostituzione di donne originarie dell’Europa dell’est, tra cui A.M. e B.M., dando loro ospitalità ed il consenso ad esercitare la prostituzione nella comune abitazione, ricevendo in cambio parte dei proventi del meretricio.

D.A. e S.S.:

artt. 110, 81 cpv cod. pen., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4 per avere, in concorso fra loro ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, favorito e sfruttato la prostituzione di donne originarie dell’Europa dell’est tra cui V.N., M.I., A.M. dando loro ospitalità, accompagnandole in auto sui luoghi dove esercitavano il meretricio e costringendole a versare loro l’incasso.

In data 13.5.2009 la Corte di assise di appello di Genova confermava la decisione di condanna degli imputati i quali propongono ricorso in cassazione deducendo i seguenti motivi.

1. C.R.:

1.1 contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione nonchè violazione L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 7 e 8.

Si contesta al riguardo l’affermazione della corte di assise di appello di Perugia che esclude la buona fede del ricorrente sulla base della consapevolezza del tipo di ragazze che venivano ospitate negli alloggi, della messa a disposizione di questi ultimi e del tipo di attività da essere svolte e si oppone che il ricorrente aveva in realtà contatti funzionali alla mera locazione degli immobili;

attività che si assume di per se stessa insufficiente per configurare la responsabilità in ordine al reato contestato in mancanza di un’ulteriore attività di mediazione o di interposizione nell’attività di meretricio.

Si aggiunge che non vi è prova dell’indebito vantaggio percepito dall’imputato per la sua attività in quanto, come riconosciuto anche dalla sentenza di primo grado, i compensi percepiti per la messa a disposizione degli alloggi erano corrispondenti a normali canoni di locazione ed erano quindi del tutto svincolati dall’andamento dei proventi connessi allo svolgimento dell’attività di meretricio.

2. R.B. e Re.Zd..

2.1 nullità dell’ordinanza del 27 maggio 2005 e della sentenza per l’inosservanza dell’art. 526 del codice di rito. Al riguardo si rileva che la corte di merito ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni contenute nel verbale di denuncia querela sporta dalla B. delle quali era stata consentita la lettura in primo grado ai sensi dell’art. 512 del codice di rito con l’ordinanza del 27 maggio 2005. Si contesta al riguardo che le motivazioni addotte dal tribunale prima e dai giudici di appello poi, non sono idonee a sorreggere il pronunciamento circa l’imprevedibilità dell’irreperibilità della teste ex ante.

Si fa rilevare infatti che la donna aveva indicato come domicilio il luogo in cui avveniva il meretricio; appartamento che fu sequestrato dalla polizia il giorno stesso della denuncia, che la donna era anche priva del permesso di soggiorno, di documenti d’identità, di stabile attività lavorativa; che anche il dirigente della squadra mobile di Arezzo aveva chiesto di valutare l’opportunità di procedere all’incidente probatorio ed, infine, che avendo dichiarato di avere fino a quel momento reperito dall’attività di prostituzione circa 60 milioni di L., era logico pensare che la donna si sarebbe ritirata Jugoslavia per vivere dei proventi dell’attività svolta.

2.2 Nullità della sentenza per mancata assunzione di una prova decisiva (incidente probatorio per sentire la B.) e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata assunzione della prova stessa con riferimento alla motivazione con cui era stata data lettura delle dichiarazioni.

Re.Zd., inoltre:

2.3 nullità della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale opponendosi che la nozione di favoreggiamento sostenuta dalla corte di merito appare eccessivamente dilatata dovendosi escludere dal perimetro penale quelle condotte di astratto favoreggiamento che non offendono la moralità pubblica, il buon costume e la libertà delle persone dedite alla prostituzione.

Sarebbe peraltro errata secondo il ricorrente l’affermazione dei giudici di appello secondo cui l’imputato avrebbe preso in locazione un appartamento in cui le donne si prostituivano essendo ciò ascrivibile – secondo altre denuncianti – alla B..

R.B., inoltre:

2.4 nullità della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale. Si contesta al riguardo l’interpretazione fornita dalla Corte di appello delle disposizioniart.ative alla L. n. 75 del 1958, artt. 3 e 5 e si rileva la non punibilità della condotta dell’imputata, a sua volta dedita alla prostituzione, trattandosi di favoreggiamento reciproco non punibile secondo la giurisprudenza di questa corte ed avendo inoltre agito l’imputata per spirito di solidarietà nei confronti della cugina che si era prostituita, ospitandola.

3. D.A. e S.S.:

nullità della sentenza per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Si rileva che a sostegno della declaratoria di responsabilità vengono prese in considerazione in motivazione le testimonianze e le intercettazioni telefoniche, senza dare conto del motivo in base al quale la ricostruzione effettuata dalla difesa non possa essere ritenuta verosimile e che non appare comunque sufficiente la motivazione incentrata sul richiamo generico delle testimonianze. Si ritiene non esservi la sproporzione della somma versata dalla A. agli imputati per accudire il figlio della donna, così come sostenuto dai ricorrenti, e che non vi è traccia di una testimonianza resa da S.S. nei confronti degli imputati.
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno pertanto rigettati.

Per quanto concerne la posizione del C. va premesso in punto di fatto che la decisione di appello ribadisce le motivazioni del giudice di primo grado, evidenziando il ruolo di raccordo svolto dall’imputato nell’attività di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione consistita nel mettere a disposizione gli immobili e gli appartamenti, perlopiù fatiscenti, nonchè l’albergo di (OMISSIS) le cui stanze peraltro erano in pessime condizioni igieniche e risultavano occupate per la quasi totalità dalle prostitute. Logicamente viene dedotta dai giudici di appello la consapevolezza circa le attività svolte dalle ragazze ospitate dalla circostanza che l’imputato ometteva di richiedere documenti di identità alle ragazze che si prostituivano, talvolta trattando per la loro sistemazione, in altre occasioni accompagnandole con gli uomini che le frequentavano e/o controllando dalla finestra l’afflusso dei clienti.

Quanto ai rilievi in punto di diritto, si deve rilevare che questa Corte, anche recentemente, ha in realtà affermato che costituisce favoreggiamento dell’altrui prostituzione il mettere a disposizione di prostitute, anche a titolo di locazione, degli appartamenti, in quanto ciò costituisce attività idonea a procurare favorevoli condizioni per l’esercizio della prostituzione stessa (cfr. Sez. 3, n. 35373 del 23/05/2007 Rv. 237400 che richiama Sez. 3, 13/4/2000 n. 8345, Donati). Vero è che in altre più remote decisioni si è escluso il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione un appartamento a una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione (cfr.

Cass. Sez. 3^, n. 4996 del 29.5.1984, ud. 5.3.1984, Siclari, rv.

164513; Cass. Sez. 3^, n. 6400 del 10.6.1991, ud. 3.5.1991, Tebaldi, rv. 188540), ma ciò è stato affermato unicamente nella premessa che la condotta materiale penalmente sanzionata debba concretizzare oggettivamente un aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale e che si è fuori da tale ipotesi nel caso in cui l’aiuto è prestato solo alla prostituta in quanto persona.

Esula, quindi, evidentemente comunque dall’ipotesi del mero aiuto personale il caso in cui – come sostenuto in sostanza dalla corte di merito – vi sia partecipazione diretta alla organizzazione dell’attività di prostituzione.

Nè in questa sede possono essere contestate le deduzioni di merito in quanto logicamente e correttamente argomentate.

In ordine alle doglianze di Re.Zd. si rileva quanto segue.

Per quanto concerne i primi due motivi di ricorso, che possono essere accomunati nella trattazione, occorre tenere distinti i due profili dedotti dal ricorrente e, cioè, quello relativo alla violazione dell’art. 526 c.p.p., secondo cui la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi per libera scelta sia sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore, e quello relativo alla violazione dell’art. 512 del codice di rito con riferimento alla lettura delle dichiarazioni dalla B..

Al riguardo va anzitutto premesso in punto di fatto che la responsabilità del prevenuto viene correttamente trattata dai giudici di appello unitamente a quella della coimputata R. B. e che per entrambi si fa rilevare come gli elementi d’accusa non siano costituiti solo dalle dichiarazioni della B. ma anche da altri elementi quali le telefonate intercettate alla S.. Il primo giudice inoltre aveva già evidenziato al riguardo l’importante elemento di riscontro costituito dal rinvenimento nell’appartamento della coppia di numerose scatole di profilattici, di foto alcune delle quali ritraenti il figlio della A. con la R., la documentazione attestante la disponibilità di appartamenti tra i quali quello di via (OMISSIS) da parte dell’imputata, nonchè della presenza nella casa dei due, durante la perquisizione, di una prostituta.

E’ del tutto evidente quindi l’inconferenza del richiamo all’art. 526 c.p.p. in quanto le dichiarazioni della B. in nessun caso possono essere considerate l’unico elemento di accusa nei confronti dell’imputato.

Quanto ai rilievi concernenti la violazione dell’art. 512 c.p.p., il ricorrente si limita in questa sede a reiterare la censura mossa dinanzi ai giudici di appello senza tuttavia farsi carico di confutare la risposta di questi ultimi che, oltre a manifestare le ragioni dell’ininfluenza del sequestro dell’abitazione, ha soprattutto opposto la circostanza – ritenuta decisiva – che la B. era stata comunque più volte sentita, intendendo con ciò sottolineare evidentemente che la teste, almeno nella fase delle indagini, si era dimostrata comunque reperibile.

Rimangono così assorbite le doglianze oggetto del secondo motivo in quanto intese a censurare il mancato ricorso all’incidente probatorio per sentire la B..

Appartengono sostanzialmente al merito della valutazione, invece, le censure dedotte con il terzo motivo in quanto la disponibilità dell’appartamento fatta risalire, come detto in precedenza, dalla corte di merito a entrambi gli imputati, essendo supportata da adeguata e logica motivazione, non è censurabile in questa sede.

Inoltre viene correttamente ricostruito dai giudici di appello il ruolo dell’imputato certamente riconducibile alla fattispecie contestata in ragione dell’attività volta a rendere possibile l’ingresso in Italia della B. ed a sfruttarne i proventi derivanti dall’attività di prostituzione.

In relazione alla posizione di R.B. valgono evidentemente le considerazioni già svolte per il coimputato Re.Zd., specialmente per quanto concerne primi due motivi di ricorso essendo sovrapponibili e comuni le doglianze.

Quanto al terzo motivo, si richiamano ancora una volta le considerazioni svolte per la posizione del coimputato nella parte in cui si sollevano le medesime doglianze.

Per quanto concerne il cd. favoreggiamento reciproco alla prostituzione, evocato dalla ricorrente per giustificare la propria condotta, si rendono opportune, invece, alcune puntualizzazioni.

Questa Sezione, nel precedente ricordato dal ricorrente, ha in realtà affermato che sussistono gli estremi del reato di favoreggiamento della prostituzione ( L. n. 75 del 1958, art. 3, comma 1, n. 8) allorchè la condotta materiale concreti oggettivamente un aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale. Ne consegue che il reato in questione non è configurabile allorchè l’aiuto sia prestato in realtà solo alla prostituta intesa in quanto persona (Sez. 3, n. 8345 del 13/04/2000 Rv. 217080).

Con la decisione in esame si è inteso sostanzialmente affermare che la condotta materiale punibile deve concretizzare oggettivamente un aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale.

Ciò posto la decisione di appello, evidenziando come il ruolo dell’imputata e del Re. sia consistito nell’organizzare l’espatrio verso l’Italia delle ragazze per farle prostituire in un appartamento messo loro a disposizione in cambio di una percentuale sui ricavi, rende evidente che in nessun caso possono essere utilmente richiamati nella specie i principi affermati nella citata sentenza che – come visto – ha invece escluso il reato ove la condotta dell’agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti.

Le censure mosse alla sentenza di appello da D.A. e S.S. sono anch’esse infondate e si pongono ai limiti della inammissibilità.

In quanto del tutto sovrapponibili esse possono essere congiuntamente trattate in questa sede.

Al riguardo si rileva che i giudici di appello citano in realtà il tenore delle telefonate intercettate evidenziando come in una di esse si parli di acquistare una ragazza per 5 milioni di L. mentre in un’altra si lamenta la S. perchè il D. ha riservato ad altra ragazza in stato di gravidanza un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato a lei quando si trovava nelle stesse condizioni, facendole sospendere l’attività di meretrice molto prima. Logica appare anche la deduzione relativa all’eccessività dell’importo rispetto all’asserito favore consistente nell’accudimento del figlio della donna che si prostituiva tenuto conto della entità della somma versata per ogni giorno (L. 800000).

Tali elementi sono risultati evidentemente decisivi nella valutazione dei giudici di appello per cui anche il rilievo concernente la testimonianza della S. finisce comunque per non assumere rilevanza decisiva.

Al rigetto dei ricorsi consegue per i ricorrenti l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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