Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 19-04-2011, n. 15619 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

quato del Foro di Comiso.
Svolgimento del processo

1. Il Giudice di pace di Offida ha dichiarato non doversi procedere ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 – per estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno – nei confronti di M.M., M.L. e Ma.Si. relativamente alle lesioni colpose riportate da D.M. a seguito dello scoppio di un camino, alimentato a pelletts, camino che gli imputati avevano installato nella sua abitazione.

2. Contro la predetta sentenza il D. ha proposto appello, che il Tribunale di Ascoli Piceno ha trasmesso a questa Corte rilevando che unico mezzo di impugnazione contro la sentenza in questione sia il ricorso per cassazione. Con la proposta impugnazione il D. premetteva che l’appello doveva ritenersi ammissibile avendo egli perfezionato la costituzione di parte civile con atto notificato agli imputati ed al pm e depositato nella cancelleria del giudice di pace unitamente all’istanza di citazione dei testi ai sensi della L. n. 274 del 2000, art. 29; che l’omissione del giudice che all’udienza di comparizione ometteva di controllare la regolare costituzione delle parti non poteva ritorcersi a suo danno; che la sentenza emessa dal Giudice di pace ai sensi dell’art. 35 cit. D.Lgs. è appellabile, in virtù dell’art. 576 c.p.p.; su tali premesse il ricorrente sosteneva che si era verificata: 1) nullità della sentenza impugnata per non aver statuito sulla costituzione di parte civile ed essersi riferita al D. quale "costituenda parte civile", errore che aveva riverberato i suoi effetti anche sulla valutazione di congruità della somma offerta che doveva comprendere anche il rimborso delle spese di costituzione di parte civile; 2) nullità della sentenza in quanto la possibilità di dichiarare estinto il reato per avvenuto risarcimento del danno presuppone che il risarcimento sia avvenuto prima dell’udienza di comparizione, mentre nella specie l’offerta riparatola era avvenuta solo all’udienza e dunque tardivamente; 3) nullità della sentenza per mancata indicazione delle ragioni per le quali era stata ritenuta congrua l’offerta formulata dagli imputati, nonostante il rifiuto opposto dalla persona offesa; 4) erroneità del danno ritenuto liquidabile alla parte civile, per non aver la sentenza tenuto conto delle varie voci di danno che la giurisprudenza prende abitualmente in considerazione per i danni derivanti da lesioni subite.
Motivi della decisione

1. Sulle varie questioni che il ricorso solleva si osserva, seguendo l’ordine logico della loro rilevanza, quanto segue.

1.1 Nel valutare il mezzo di impugnazione che può essere utilizzato nei confronti della sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace bisogna avere riguardo alla natura della sentenza stessa, se cioè trattasi di sentenza dibattimentale, resa cioè all’esito dell’istruttoria dibattimentale e a conclusione del dibattimento, ovvero di sentenza predibattimentale, resa cioè senza procedere al dibattimento.

Nel primo caso è pacifico il principio secondo cui la sentenza è appellabile ai soli effetti civili dalla parte civile in base alla regola generale dettata dall’art. 576 c.p.p., applicabile in virtù del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2, anche nel processo davanti al giudice di pace (così da ultimo, sez. 5, 31.3.2010 n. 23726 rv 247509).

Nel secondo caso invece la natura predibattimentale della sentenza porta alla configurazione del ricorso per cassazione quale unico mezzo di impugnazione, sia che, in assenza di apposta disciplina nella legge sul giudice di pace, si voglia fare riferimento alla sentenza di non luogo a procedere all’esito dell’udienza preliminare di cui all’art. 425 c.p.p., sia che si ritenga che la decisione sia piuttosto rapportabile all’art. 469 c.p.p., che regola la sentenza di proscioglimento prima del dibattimento; in entrambi i casi infatti unico mezzo di impugnazione è il ricorso per cassazione, come stabilito rispettivamente dall’art. 428 e dallo stesso art. 469.

Nel presente caso la sentenza è sicuramente predibattimentale, atteso che il giudice, come risulta dagli atti al cui esame questa Corte è legittimata trattandosi di questione processuale, ha deciso prima della stessa dichiarazione di apertura del dibattimento.

Risulta dunque corretta la qualificazione della impugnazione quale ricorso per cassazione operata dal Tribunale e la conseguente trasmissione degli atti a questa Corte.

1.2 Il D. era legittimato a proporre impugnazione, nonostante la mancanza di un provvedimento del giudice di ammissione della sua costituzione di parte civile, atteso che, come già ha puntualizzato la terza sezione di questa Corte (sentenza 6.2.2008 n. 12423 rv 239335) la parte civile assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice, ed anche allorchè, come nel presente caso, la costituzione sai avvenuta fuori udienza con atto notificato alle altre parti, poi prodotto in udienza.

1.3 Risolte positivamente le questioni preliminari attinenti alla astratta ammissibilità della impugnazione, può passarsi ad esaminare le censure svolte in concreto con riguardo alla regolarità della costituzione di parte civile e la congruità del risarcimento del danno.

Tali questioni risultano inammissibili per difetto di interesse. Ed invero, come puntualmente già osservato da questa Corte (con sentenza n. 27392 della 5^ sezione del 6.6.2008, Di Rienzo ed altri), l’interesse alla proposizione dell’impugnazione non è costituito dalla sola discordanza tra la decisione impugnata e la pronuncia cui si tende mediante il gravame, occorrendo altresì che l’eliminazione del provvedimento ritenuto pregiudizievole comporti una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella esistente. Per contro, nella concreta fattispecie la sentenza del Giudice di pace, accertando la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 35 D.Lgs., con valutazione operata allo stato degli atti, senza alcuna istruttoria e con sentenza predibattimentale, non ha prodotto alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile ricorrente. Invero, l’art. 652 c.p.p. prevede che solo la sentenza di assoluzione pronunciata in giudizio, in seguito a dibattimento, per insussistenza del fatto, mancata commissione dello stesso da parte dell’imputato o ricorrenza di un’esimente abbia efficacia di giudicato nell’eventuale giudizio civile di responsabilità che la parte civile può instaurare nei confronti dell’imputato (Sez. 5, Sentenza n. 4405 del 1999 rv. 213110). Dunque, poichè nell’eventuale giudizio civile di danno la parte civile non può risentire alcun pregiudizio dalla sentenza di proscioglimento intervenuta nella specie, essa non ha interesse a formulare censure al riguardo della dichiarazione di estinzione del reato.

2. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè a quello della somma di Euro cinquecento, equitativamente determinata in considerazione delle questioni poste, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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