Cons. Stato Sez. VI, Sent., 18-04-2011, n. 2363 Decreto di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 286 del 13 gennaio 2006 che ha accolto il ricorso della società srl Traes (oggi srl A. 7.) e, per l’effetto, ha annullato il decreto di esproprio adottato dal Prefetto di Roma il 25 novembre 1983 in favore del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni ed avente ad oggetto un terreno sito in Velletri di proprietà della odierna società appellata.

L’esproprio era funzionale alla realizzazione di un ufficio postale nel Comune di Velletri; tuttavia secondo le previsioni del PRG vigente all’epoca dei fatti nel suddetto Comune soltanto una parte dell’area (pari a mq 1440) aveva destinazione urbanistica conforme alle finalità espropriative, la restante parte essendo destinata ad edilizia privata di completamento.

Il Tar ha accolto il ricorso sul primo assorbente motivo di censura afferente la (parziale) carenza di idonea destinazione urbanistica del terreno all’epoca della adozione del decreto di esproprio.

Propone appello avverso tale sentenza l’Amministrazione prefettizia ed il Ministero delle poste per rilevare la sua erroneità e per chiederne la riforma, con consequenziale rigetto del ricorso di primo grado.

All’udienza del 29 marzo 2011 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

Le Amministrazioni appellanti censurano la impugnata sentenza del Tar sotto i seguenti distinti profili: 1) perché non avrebbe tenuto conto, nell’esaminare il motivo afferente la pretesa non conformità urbanistica di parte dell’area oggetto della localizzazione, del disposto dell’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, nella parte in cui lo stesso disponeva (nella versione vigente all’epoca dei fatti) che per le opere delle amministrazioni statali l’accertamento di conformità urbanistica è fatto dallo Stato (ciò che sarebbe appunto avvenuto, nella fattispecie in esame, a mezzo della nota ministeriale del 21 febbraio 1979); 2) perché dalla normativa speciale riguardante le opere edilizie delle Poste e delle telecomunicazioni (in particolare art. 10 l. 10 febbraio n. 39; art. 231 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156; art. 8 l. 23 gennaio 1974 n. 15) poteva trarsi la conclusione secondo cui le opere destinate ad ospitare uffici postali sono dichiarate ex lege urgenti ed indifferibili, oltre che di pubblica utilità e che il richiamo espresso contenuto nel citato art. 10 l. n. 39/1982 alla legge n. 1 del 1978 altro non poteva significare se non appunto che, con l’approvazione dei progetti afferenti dette opere, si realizza ipso iure (art. 1 comma 5 della l. n. 1/1978) una variante urbanistica, costituente valido titolo per l’esproprio anche a prescindere dalla approvazione regionale della variante stessa.

I motivi d’appello non sono suscettibili di favorevole scrutinio.

Giova anzitutto precisare, sul primo motivo di censura, che la previsione normativa (art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, abrogato ad opera dell’art. 4 del d.P.R. 18 aprile 1994 n. 383) inerente la competenza statale (da esercitare, peraltro, d’intesa con la Regione interessata) ad accertare la conformità dell’intervento alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi non implica uno spostamento in favore dello Stato delle competenze comunali e regionali in ordine alla approvazione degli strumenti urbanistici; in altri termini, l’accertamento di conformità che la citata disposizione intesta allo Stato, previa intesa con la regione interessata, ha mera natura dichiarativa, nel senso che suppone la coincidenza di destinazione tra l’opera da allocare e la conforme destinazione urbanistica, non avendo la disposizione richiamata l’intento di modificare l’ordine delle competenze in materia di pianificazione urbanistica. Pertanto la nota ministeriale citata dalle appellanti Amministrazioni, quantunque dia atto della conformità urbanistica dell’opera, si appalesa inidonea a superare l’oggettività del dato desumibile incontrovertibilmente dallo strumento urbanistico vigente all’epoca dei fatti nel Comune di Velletri, secondo cui parte dell’area non aveva una destinazione urbanistica conforme alla localizzazione di un ufficio postale. In tal senso il giudice di primo grado ha correttamente rilevato la carenza di idonea destinazione urbanistica dell’area, ciò che evidentemente costituisce un prius rispetto alla corretta incardinazione di un procedimento espropriativo.

9. Né colgono nel segno, come ha messo in evidenza il Tar nella gravata sentenza, i riferimenti alle disposizioni normative che hanno impresso alle opere edilizie postali la natura di opere di pubblica utilità (cfr. il combinato disposto degli artt. 8 della legge 23 gennaio 1974 n. 15 e 231 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156), ovvero i caratteri della indifferibilità e dell’urgenza (art. 8 cit.), dato che la questione controversa attiene alla sussistenza o meno di un valido vincolo preordinato all’esproprio, laddove le dichiarazioni ex lege appena citate assumono rilevanza (nel senso che consentono di evitare che si faccia luogo a dichiarazione espressa) nel subprocedimento successivo, afferente la dichiarazione di pubblica utilità, ovvero ai fini della procedura di occupazione d’urgenza.

10. A diverse conclusioni, infine, non conduce la censura fondata sul contenuto dell’ art. 10 comma 3° della legge 10 febbraio 1982 n. 39, dal cui tenore si trae la conclusione che alle opere e agli interventi di che trattasi "possono applicarsi anche le disposizioni della legge 3 gennaio 1978 n. 1". Nella prospettazione delle appellanti, l’applicazione alla fattispecie della disposizione appena citata porterebbe a ritenere superata la questione della pretesa assenza di destinazione urbanistica conforme, per via dell’effetto di variante connesso alla approvazione comunale del progetto preliminare ed esecutivo (art. 1, comma 5° della legge 3 gennaio 1978 n. 1).

10. 1 Ma anche tale censura è infondata.

E’ ben vero che la disposizione richiamata della suddetta legge, recante accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali, ricollega alla approvazione comunale dei progetti relativi alle opere pubbliche ivi contemplate, oltre che la dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza, anche l’effetto di variante agli strumenti urbanistici vigenti, ove – come nella specie – l’opera abbia natura non conforme alla destinazione urbanistica in atto. Ed è altresì vero che l’Autorità comunale possa far luogo alla adozione puntuale della variante senza alcuna autorizzazione preventiva da parte della regione (in tal senso disponendo il richiamato quinto comma della disposizione in esame). Ma nessuna previsione normativa autorizza a concludere che non sia necessaria, dopo l’intervento comunale, anche l’approvazione regionale, secondo la ordinarie competenze in materia di pianificazione urbanistica (art. 10 L. 17 agosto 1942 n. 1150). In sostanza il novum introdotto dalla legge n. 1/1978 consiste soltanto nell’accelerazione al procedimento di variante in ambito comunale, nella misura in cui la legge riconnette all’approvazione del progetto valenza di variante urbanistica puntuale; ma non incide sul riparto di competenze ComuneRegione, che resta pertanto invariato.

Per quanto detto correttamente il Tar ha ritenuto l’illegittimità del decreto espropriativo adottato senza che fosse stata previamente approvata, da parte della Regione, la variante urbanistica necessaria ad imprimere a tutta l’area una conforme destinazione e, ai fini espropriativi, a precostituire un idoneo titolo ablatorio.

11. Le spese di lite del grado possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n.4457/2006), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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