Cons. Stato Sez. VI, Sent., 18-04-2011, n. 2356 Università

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il sign. M. G., dipendente del Ministero della pubblica istruzione con la qualifica di docente dal 1° novembre 1973 al 1° settembre 1997, con il ricorso n. 133 del 1999, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ha chiesto l’annullamento del provvedimento dell’INPDAP di Padova 4 marzo 1998, n. 815, con cui gli è stata calcolata e liquidata l’indennità di buonuscita.

2. Il TAR, con la sentenza n. 882 del 2005, ha dichiarato il ricorso irricevibile ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con il conseguente accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere l’indennità di buonuscita sulla base di un servizio utile pari a 28 anni di servizio.

4. All’udienza del 22 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione terza, ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato in primo grado dall’appellante avverso il provvedimento di liquidazione della indennità di buonuscita, essendo il ricorso tardivo poiché proposto nel 1999 avverso la delibera di liquidazione della indennità di buonuscita emessa in data 4 marzo 1998; il ricorrente peraltro aveva presentato un esposto il 9 aprile 1998 nella cui risposta, ricevuta il 16 novembre 1998, era richiamata la delibera di riscatto del 31 marzo 1989 conosciuta perciò dal ricorrente almeno dalla data del suddetto esposto.

2. Nell’appello la sentenza impugnata è anzitutto censurata poiché il ricorrente ha presentato domanda di accertamento di un diritto patrimoniale, rientrando perciò la controversia insorta nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed essendo di conseguenza ammissibile il ricorso se proposto entro il termine di prescrizione; il ricorrente comunque aveva presentato ricorso amministrativo avverso il silenzio dell’Amministrazione, e successiva diffida, conoscendo soltanto con la nota del 16 novembre 1998 le motivazioni del rigetto della sua domanda, non desumibili dalla delibera di riscatto del 31 marzo 1989, ed avendo quindi presentato ricorso giurisdizionale entro i sessanta giorni successivi.

Ciò dedotto si ripropongono i motivi di censura relativi al merito delle controversia dedotti con il ricorso di primo grado.

3. La censura ora sintetizzata, con cui si afferma la tempestività del ricorso di primo grado, è fondata.

La pretesa avanzata dal ricorrente non è infatti basata su una posizione di interesse legittimo avente a fronte un potere dell’Amministrazione di contenuto discrezionale, ma di diritto soggettivo, dovendo l’Amministrazione accertare la sussistenza o meno di un’obbligazione legale a suo carico eseguendo il riscontro degli oggettivi requisiti di legge fondanti il titolo alla prestazione patrimoniale esigibile dall’interessato; il relativo giudizio, rientrante ratione temporis nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego, non è soggetto pertanto ai termini d’impugnazione dei provvedimenti amministrativi ma a quelli di prescrizione, nella specie non decorsi.

4. Ciò rilevato si passa all’esame del merito delle controversia.

4.1. L’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica (INPDAP) si è costituito in giudizio eccependo la prescrizione dei diritti invocati ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, e dell’art. 2948 c.c.

L’eccezione in quanto dedotta la prima volta in sede di appello, non può essere esaminata, come da giurisprudenza costante, confermata da ultimo dall’art. 104, comma 1, del Codice del processo amministrativo (ex multis, Cons. Stato, VI: 28 ottobre 2010, n. 7643; 5 ottobre 2010, n. 7284; 6 settembre 2010, n. 6465).

4.2. I motivi del ricorso di primo grado riproposti nell’appello riguardano il mancato riconoscimento al ricorrente ai fini del computo della indennità di buonuscita dei periodi di lavoro come borsista (un anno) e come contrattista (dieci anni) presso l’Università degli studi di Padova (attribuiti invece ai fini pensionistici), essendogli stati riconosciuti soltanto il periodo di effettivo servizio come docente di scuola media superiore e i quattro anni di studio universitario, ciò che è in contrasto, si asserisce, con la normativa di cui ai d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e n. 1092, recanti, rispettivamente, le norme sulle prestazioni previdenziali e sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, da cui si evince il principio della validità ai fini della indennità buonuscita dei periodi utili ai fini del trattamento di quiescenza.

Ad avviso dell’appellante, non sarebbe fondata la motivazione addotta dall’INPDAP con la nota del 16 novembre 1998, per cui i periodi di borsista e contrattista sarebbero riscattabili soltanto prima del passaggio nei ruoli della docenza universitaria ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (sul riordinamento della docenza universitaria), poiché tale norma non riguarda la quiescenza e altri istituti.

4.3. Le censure così riassunte sono infondate per le considerazioni che seguono.

4.3.1. Le discipline della indennità di buonuscita e del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato non sono coincidenti, essendo diverse le normative (i d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032 e n. 1092, rispettivamente per l’indennità di buonuscita e per il trattamento di quiescenza) e in esse non necessariamente identici i presupposti legittimanti l’attribuzione delle due prestazioni patrimoniali.

E’ quindi necessario valutare se i periodi di borsista e di contrattista universitario diano titolo alla corresponsione della indennità di buonuscita ai sensi del citato d.P.R n. 1032 del 1973, nel quale il presupposto per l’attribuzione della prestazione è anzitutto individuato nel servizio effettivo prestato in qualità di dipendente statale (art. 14) e in cui sono specificate tassativamente le componenti della base retributiva per il calcolo (art. 38).

4.3.2. Il Collegio non ritiene calcolabile, al fine della buonuscita, il periodo di borsista universitario, per il quale questo Consiglio ha chiarito che "l’assegnazione di una borsa di studio, pur se connessa allo svolgimento di attività di ricerca, non possa dar luogo ad un rapporto di pubblico impiego. La funzione delle borse di studio universitarie si caratterizza per l’assenza di una prestazione di lavoro resa con l’osservanza dell’orario d’ufficio, con il vincolo della subordinazione gerarchica e con la percezione di uno stipendio fisso e continuativo (Corte dei Conti, sez. contr., 9 novembre 1989, n. 2172)…Le somme erogate a titolo di borsa di studio, infatti, sono attribuite, non quale corrispettivo di un servizio effettuato, ma nell’esclusivo e dichiarato scopo di aiutare economicamente il beneficiario durante lo svolgimento di un’attività di studio e di approfondimento; con la conseguente impossibilità di equiparare il rapporto tra l’ente erogatore di una borsa di studio ed il beneficiario della stessa ad un rapporto di pubblico impiego con prestazioni di identico contenuto" (VI, 3 settembre 2003, n. 4892; cfr. anche VI, 5 settembre 1996, n. 1186).

Sotto altro profilo, significativo pur se non direttamente rilevante nella presente causa, è stato precisato che "L’attività di borsista presso un istituto universitario non può essere annoverata tra i servizi resi a pubbliche amministrazioni e in particolare tra quelli valutabili ai fini pensionistici di cui agli art. 11 e 14 d.P.R. n. 1092 del 1973" (Corte dei Conti, Sez. giur. Reg. Veneto, 11 maggio 2000, n. 586).

4.3.3. Riguardo alla posizione di contrattista quadriennale nelle università (istituita con l’art. 5 del decreto legge 1 ottobre 1973, n. 580, convertito in legge con modificazioni, con legge 30 novembre 1973, n. 766) questo Consiglio ha affermato "la peculiarità della posizione del contrattista rispetto a quella derivante dal rapporto di pubblico impiego" specificando che "il rapporto che lega, ai sensi del richiamato art. 5 del D.L. 580/73, il contrattista all’istituzione universitaria ha natura di rapporto di lavoro subordinato speciale, di natura pubblicistica, ma non appartenente al tipo paradigmatico del rapporto di pubblico impiego, in quanto regolato specificamente in maniera difforme da norme aventi forza di legge.

Pertanto, da un lato, la disciplina del rapporto deve trovarsi precipuamente nelle norme specifiche per esso dettate, dall’altro, per corollario, non sono immediatamente e direttamente applicabili al rapporto stesso né le norme generali attinenti al rapporto di lavoro ordinario, né quelle scaturenti dai principi del rapporto di pubblico impiego ed in particolare del Testo unico sugli impiegati civili dello Stato" (VI, 4 ottobre 2002, n. 5240), avendo escluso l’equiparazione con la posizione, all’epoca prevista, degli assistenti ordinari, essendo il rapporto dei contrattisti, normalmente disciplinato come rapporto a tempo determinato, caratterizzato "dal preminente profilo della formazione professionale sotto gli aspetti delle attività di studio e di ricerca", mentre la loro utilizzazione nell’ambito delle strutture degli istituti universitari è determinata di volta in volta "dai consigli di facoltà, sulla proposta dei professori titolari delle rispettive discipline, e tenuto conto delle indicazioni di preferenza degli interessati, con divieto di sostituire i docenti nello svolgimento dell’attività didattica e nei limiti di tempo indicati dall’art. 5 d.l. 1 ottobre 1973 n. 580" (VI, 1 marzo 1984, n. 119; cfr. anche VI, 10 novembre 1995, n. 1271).

Inoltre, questo Consiglio ha chiarito che il periodo di attività svolto dai contrattisti universitari non può essere riconosciuto quale servizio preruolo agli effetti della carriera del personale docente nelle scuole ai sensi dell’art. 81 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 ("Norme sullo stato giuridico del personale docente ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato"), per il quale è riconosciuto il servizio prestato dal personale docente delle scuole "…in qualità di professore incaricato o assistente incaricato o straordinario nelle università", essendo tale elencazione tassativa, non potendo essere equiparata l’attività del contrattista a quella delle figure docenti citate, e considerato che inoltre "La circostanza secondo la quale – ai sensi dell’art. 5 del d.l. n.580/1973 – i contrattisti potrebbero godere di aspettativa se già docenti in scuole secondarie non è indicativa di una generale rilevanza del servizio preruolo prestato nelle università all’atto del passaggio a domanda nelle scuole superiori, ma attiene solo alla sospensione di rapporti di pubblico impiego aventi ad oggetto attività d’insegnamento in coincidenza con lo svolgimento del rapporto di contrattista universitario, al fine di favorire tale qualificata esperienza formativa e didattica nell’ambito universitario da parte dei docenti di scuole superiori…Né la circostanza secondo la quale ai sensi dell’art. 5 comma 13 del d.l. n. 580/74 sia prevista la nomina in ruolo dei contrattisti presso le scuole secondarie comporta l’automatica applicabilità di benefici previsti espressamente per altre qualifiche di docenti universitari " (VI, 13 maggio 2002, n. 2556, cfr. anche VI, 7 febbraio 1995, n. 146).

Peraltro, in questo quadro, "l’art. 5 d.l. 1 ottobre 1973 n. 580, secondo il quale i vincitori di contratti di insegnamento universitario che siano docenti di altri ordini di scuola hanno diritto al essere collocati in aspettativa senza assegni per la durata del contratto, ha introdotto un nuovo tipo di aspettativa, prima non consentito, che, non prevedendo a favore del dipendente la conservazione di uno o più degli effetti del servizio effettivo, ha inteso limitarne gli effetti alla mera conservazione del posto" (VI, 8 ottobre 1982, n. 466).

Da tali indirizzi giurisprudenziali, emerge univocamente che il rapporto di lavoro del contrattista, in quanto non rapportabile al paradigma del pubblico impiego, stabilito a tempo determinato, non equiparabile a quello proprio della funzione docente nell’università, non valutabile ai fini della carriera di docente nelle scuole quale servizio preruolo né idoneo, data la posizione di aspettativa, alla conservazione degli effetti del relativo servizio effettivo, non può essere qualificato come "servizio effettivo prestato in qualità di dipendente statale" ai sensi del sopra citato art. 14 del d.P.R. n. 1032 del 1973.

Inoltre, ai sensi dell’art. 38 del medesimo d.P.R., l’unico assegno aggiuntivo allo stipendio incluso nella base contributiva per la buonuscita che sia correlato a posizioni previste dal decreto legge n. 580 del 1973 è quello attribuito "al personale insegnante delle università e degli istituti di istruzione universitaria di ruolo, fuori ruolo ed incaricato" (di cui all’art. 12 del decreto legge n. 580 del 1973).

4.3.4. Non può neppur essere applicato l’art. 15 del d.P.R. n. 1032 del 1973, per il cui comma 1 sono ammessi a riscatto ai fini della buonuscita "i servizi statali non compresi nell’art. 14 nonché i servizi non statali e i periodi di tempo di cui è prevista la computabilità come servizio effettivo ai fini del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato".

Infatti, da un lato, come indicato, il servizio svolto dai contrattisti non è per alcun profilo qualificato dalla normativa come servizio effettivo e, dall’altro, esso è invero considerato ai fini del trattamento di quiescenza ma non sulla base della normativa generale in materia di trattamento di quiescenza dei dipendenti statali ma per effetto della stessa normativa speciale sui contrattisti, per la quale "Il titolare del contratto ha diritto al trattamento previdenziale e assicurativo, mediante iscrizione propria e dei familiari a carico che non beneficino di altre forme di previdenza, all’I.N.P.S. e all’E.N.P.D.E.P. a cura e sul bilancio dell’università."(art. 5, comma 14, del decreto legge n. 580 del 1973 citato), essendo evidentemente ciò previsto al fine specifico della copertura pensionistica, come avvenuto nel caso di specie con il computo di fonte INPS (in atti), ma non ai fini della indennità di buonuscita, stante il carattere atipico del rapporto di lavoro in questione alla luce delle sue caratteristiche come definite dalla normativa speciale in materia.

4.3.5. Da tutto ciò discende che risulta corretto il principio affermato nella nota dell’INPDAP del 16 novembre 1998, di risposta alla diffida del ricorrente, per cui agli effetti della indennità di buonuscita i periodi di cui qui si tratta sono riscattabili se riconosciuti ai fini del passaggio nei ruoli della docenza universitaria (secondo quanto previsto dalla normativa di settore), sulla base della ratio della loro valorizzazione nell’ambito della prosecuzione e consolidamento organico del rapporto con l’università.

5. Per quanto considerato il primo motivo di appello è fondato e, in riforma della sentenza di impugnata il ricorso di primo grado deve essere dichiarato ricevibile; i motivi del ricorso di primo grado riproposti in appello sono infondati e, di conseguenza, l’appello deve essere perciò respinto quanto alle pretese sostanziali.

Sussistono motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) pronunciando sull’appello in epigrafe n. 9031 del 2005 respinge il ricorso di primo grado come da motivazione.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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