Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-04-2011) 20-04-2011, n. 15718 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Atri, con sentenza in data 11 marzo 2010, dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.L.E., imputato di appropriazione indebita aggravata ( art. 61 c.p., n. 7) e continuata per essersi appropriato, in qualità di amministratore delle società " Costruzioni Italia" Srl, "GA.PA. Costruzioni" s.r.l. e "Costruzioni Immobiliari" s.r.l. di ingenti somme di denaro (rispettivamente Euro 125.618,00, Euro 821.404,00 e Euro 99.500,00), per tardività della querela, essendo emersi gli ammanchi di cassa in data 10/10/2006 essendo stata presentata la querela in data 29/6/2007, oltre i tre mesi richiesti dalla legge dalla conoscenza dei fatti.

Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale eccedendo la violazione di legge, non avendo il Tribunale tenuto conto della sussistenza, con conseguente perseguibilità d’ufficio del reato, dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11, che, ancorchè non formalmente contestata all’imputato, risultava delineata nel capo d’imputazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

In tema di correlazione tra accusa e sentenza la indicazione non corretta o mancante delle norme di legge violate assume rilievo secondario ai fini della contestazione del fatto (o dell’aggravante), ove il capo d’imputazione ne contenga tutti gli elementi naturalistici, oggettivi o soggettivi, che rilevano ai fini della tipicità del reato, anche circostanziato (Sez. 4, Sentenza n. 6821 del 11/05/1999 Ud. (dep. 28/05/1999) Rv. 213818).

Nella fattispecie in tema di appropriazione indebita appare sufficiente l’inequivoco riferimento nel capo d’imputazione, della qualifica, in capo al D.L., di amministratore delle società, per ritenere la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 (per aver commesso il fatto con abuso di prestazioni d’ufficio o di prestazione d’opera), sebbene non specificata in termini fattuali, che rende il reato perseguibile d’ufficio, ai sensi dell’art. 646 c.p., comma 3.

L’omessa contestazione formale della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 non determina alcun pregiudizio del diritto di difesa dell’imputato, in quanto, nel successivo giudizio di merito, potrà, comunque, difendersi in ordine alla sussistenza della predetta circostanza aggravante. Va, conseguentemente, annullata l’impugnata sentenza con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di L’Aquila.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’Appello di L’Aquila per il giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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