T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 18-04-2011, n. 2175 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è comproprietaria di un cortile nel Comune di Camposano, Via Capua n. 3, confinante con una porzione di terreno appartenente al sig. S.R., situata lungo Via Madonnella e identificata in catasto dalla particella 763 del foglio 3.

Su tale lotto, ricadente in zona B – satura del P. di F. del Comune, in origine insisteva un locale deposito con annessa tettoia in lamiera, acquistato dal R. con scrittura privata del 30 gennaio 1986, registrata presso l’ufficio del registro di Nola l’11 febbraio 1986, al n. 235.

In data 5.5.2003 il sig. R. ha ottenuto dal Comune di Camposano il permesso di costruire n. 31/2003 per eseguire lavori di demolizione del locale deposito e di successiva costruzione di una casetta unifamiliare.

In corso d’opera il controinteressato, con D.I.A. del 9 agosto 2004 e del 31 ottobre 2005, presentava due richieste di variante rispetto ai lavori già assentiti.

Nel corso dei lavori il sig. R. realizzava interventi edilizi in difformità rispetto a quelli autorizzati con il permesso di costruire n. 31/2003, che il Comune ha sanzionato con le ordinanze di demolizione in data 9 febbraio 2007, n. 6 e 26 novembre 2007, n. 37.

Il controinteressato, quindi, in data 9 aprile 2008 ha presentato domanda di permesso di costruire in sanatoria per i lavori eseguiti in difformità rispetto alla autorizzazione n. 31/2003.

Dopo aver acquisito specifici chiarimenti tecnici dal sig. R., il Comune di Camposano, in data 16.3.2009, ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria n. 13/2009.

Avverso tale atto ha, quindi, proposto impugnativa l’interessata deducendo i seguenti motivi

1) Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, dell’art. 33, comma 2, del d.p.r. 380/2001. Eccesso di potere per motivazione incongrua, difetto e/o insufficiente istruttoria, contraddittorietà.

Il permesso di costruire in sanatoria sarebbe privo di adeguata motivazione, non essendo sufficiente il richiamo all’istanza presentata per il suo rilascio e al progetto allegato.

Il Comune avrebbe convertito la richiesta di una ordinaria autorizzazione edilizia in un permesso di costruire in sanatoria, che non era stato espressamente richiesto.

Nel caso di specie si tratterebbe di interventi di nuova costruzione che come tali non sarebbero assentibili ai sensi dell’articolo 33, comma 2, del d.p.r. 380/2001, né il comune avrebbe indicato le ragioni che impedirebbero il ripristino dello stato dei luoghi come richiesto dalla disposizione.

Il permesso avrebbe autorizzato immotivatamente un incremento volumetrico di 28,68 m³ (corrispondente all’incremento di altezza di 35 cm del terrazzo di copertura rispetto a quella autorizzata con il permesso n. 31/2003).

Riguardo a tale abuso l’atto impugnato non indicherebbe le modalità attraverso le quali si è giunti ad individuare la sanzione pecuniaria comminata.

Il permesso di costruire in sanatoria si fonderebbe, altresì, sull’erroneo presupposto secondo cui il controinteressato avrebbe ottemperato all’ordinanza di demolizione n. 37/2007, con la quale si era ingiunto di ripristinare il volume tecnico al piano seminterrato dell’edificio e renderlo inaccessibile, riempiendolo con materiale isolante fino al livello del piano di campagna; il R., invece, avrebbe soltanto chiuso l’accesso al piano interrato;

2) Violazione dell’art. 11 del d.p.r. 380/2001 e dell’articolo 20 del regolamento edilizio del Comune di Camposano.

Il Comune avrebbe rilasciato il permesso di costruire in sanatoria sulla base di una semplice scrittura privata esibita dal controinteressato, che non sarebbe idonea a dimostrare la proprietà del lotto di terreno e del manufatto sopra realizzato e quindi la legittimazione del richiedente.

Le dimensioni dell’immobile acquistato dal R. ed indicate nell’atto pubblico in data 4 dicembre 1940, con il quale il terreno era stato trasferito al dante causa del controinteressato sarebbero diverse rispetto a quelle dichiarate da questo nelle richieste di permesso di costruire n. 31/2003 e nel permesso di costruire in sanatoria n. 13/2009.

In particolare le misure indicate nella tabella planovolumetrica allegata alla richiesta di sanatoria sarebbero state ampliate (ottenendo una superficie del lotto pari a 170,83 m² rispetto a quella precedentemente indicata di 167,62 m² nella C.E. n. 31/2003), al fine di ricavare una volumetria realizzabile superiore a quella precedentemente autorizzata con il permesso di costruire n. 31/2003.

Il lato sud del lotto avrebbe una lunghezza effettiva di m. 11,83 superiore a quella indicata nella richiesta di sanatoria (m. 11,40), il che determinerebbe lo sconfinamento delle opere realizzate nel cortile comune.

Il fabbricato oggetto della sanatoria, inoltre, avrebbe invaso lo spazio comune trovandosi ad una distanza dal confine inferiore rispetto a quella prevista dallo strumento urbanistico vigente alla data del rilascio della concessione edilizia n. 31/2003. La distanza dell’edificio dal confine, pari a m. 2,62 (rispetto a quella indicata nella richiesta di sanatoria di m. 3,12) misurata in relazione alle dimensioni effettive del lato est del lotto (m. 10,00 e non m. 10,50), sarebbe inferiore a quella prescritta dal richiamato strumento urbanistico che prescriveva una distanza non inferiore ad 1/3 dell’altezza dell’edificio (m. 6,85).

Il permesso di costruire in sanatoria avrebbe assentito illegittimamente la ristrutturazione della tettoia, che invece era stata abbattuta a seguito dell’ordinanza di demolizione n. 24/2007, e la realizzazione di un varco carrabile che pregiudicherebbe l’uso del cortile comune da parte degli altri comproprietari.

Il controinteressato si è costituito in giudizio eccependo la inammissibilità del ricorso per tardività, posto che lo stesso sarebbe stato depositato oltre il termine decadenziale decorrente dalla data in cui la ricorrente avrebbe avuto accesso agli atti riguardanti la richiesta di permesso di costruire in sanatoria. Sostiene altresì, sulla base di puntuali osservazioni, l’infondatezza nel merito del ricorso.

Analoghe eccezioni sono state mosse dal Comune intimato nella memoria di costituzione in giudizio.

All’udienza del 3 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

In via preliminare occorre soffermarsi sulle eccezioni di irricevibilità del ricorso sollevate dal controinteressato e dal Comune resistente. Questi sostengono, anzitutto, che il ricorso sarebbe tardivo, avendo potuto i ricorrenti avere piena consapevolezza della effettiva estensione delle opere assentite, già nella fase d’inizio dei lavori.

L’eccezione non merita di essere condivisa.

Al riguardo, alla stregua di un ormai costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, si osserva che ai fini della impugnazione non è sufficiente che gli estremi dell’adottato provvedimento siano stati portati nella sfera di conoscibilità dell’eventuale interessato, ma occorre che questo abbia avuto piena consapevolezza del suo contenuto prescrittivo e che quest’ultima deve essere provata da chi ne eccepisce la tardività (cfr. Consiglio di Stato, Sez.IV, 18.12.2008, n. 6365).

In particolare coloro che eccepiscono la tardività del ricorso devono dimostrare in modo rigoroso l’avvenuta conoscenza degli atti impugnati, da parte del ricorrente, in un momento anteriore ai sessanta giorni (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV 23.6.2008, n. 3150).

Con specifico riferimento alla materia edilizia, si è poi più volte affermato che ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione della concessione edilizia, la piena conoscenza si verifica con la consapevolezza del contenuto specifico di essa o del progetto edilizio e che per i proprietari dei fondi vicini tale conoscenza si realizza con il completamento dei lavori (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 11.4.2007, n. 1654; TAR Campania Salerno, Sez. II, 3.10.2008, n. 2823).

Nel caso di specie le parti resistenti fanno rilevare che la ricorrente avrebbe "verosimilmente" ottenuto copia del permesso di costruire in sanatoria n. 13/2009 sin dal mese di aprile di quell’anno e che i lavori autorizzati con il suddetto permesso sarebbero iniziati il giorno 11.12.2009, mentre il ricorso è stato notificato soltanto il 3.5.2010, quindi tardivamente.

L’assunto non convince, posto che l’interessata viceversa ha fornito un valido principio di prova atto a dimostrare di aver acquisito copia del suddetto permesso di costruire n. 13/2009 e dell’altra documentazione inerente l’abuso in questione il 15 aprile 2010, (cfr. all. 11 del ricorso), circostanza che non è stata smentita sia dal Comune.

Quanto all’inizio delle opere avvenuto il giorno 11.12.2009 che, secondo i resistenti, avrebbe consentito al ricorrente, quale confinante, di rendersi conto dell’avvio dei lavori sin da quella data, questa non è sufficiente a dimostrare che il ricorrente abbia avuto ab initio piena contezza delle caratteristiche e consistenza delle opere assentite in favore del controinteressato, per cui nella specie si può parlare solo di una presunzione di conoscenza inidonea per sé stessa a far decorrere il termine per l’impugnativa.

Passando al merito del ricorso, deve essere disatteso il primo motivo con il quale la ricorrente denuncia, sotto diversi profili, il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

In particolare, quanto alla dedotta conversione della richiesta di permesso di costruire nella autorizzazione in sanatoria rilasciata il 16.3.2009, si osserva che il controinteressato ha allegato alla domanda di permesso di costruire in sanatoria del 9.4.2008 una relazione tecnico descrittiva intitolata "progetto di variante in sanatoria e di assestamento alla concessione edilizia n. 31/2003", il che dimostra come l’intento del sig. R. fosse evidentemente fin dall’inizio quello di ottenere il rilascio di una autorizzazione in sanatoria piuttosto che un nuovo permesso di costruire.

Del resto lo stesso permesso rilasciato tiene conto delle difformità del manufatto realizzato rispetto al permesso di costruire n. 31/2003, sanzionate con le ordinanze di demolizione nn. 6 e 37 del 2007.

Nessun rilievo assumono poi i restanti interventi indicati nella relazione tecnica allegata alla domanda di permesso di costruire, che secondo l’interessata, esulerebbero dalla richiesta di sanatoria (parziale tompagnatura del lato sud del piano rialzato al fine di alloggiare una caldaia a gas per la produzione di acqua calda, apertura di due accessi al porticato lato sud e nord, scala circolare per l’accesso al porticato sul lato sud, completamento della recinzione del fondo riguardanti i lati sud ed est): anche sulla base della documentazione agli atti, si evince, infatti, che si tratta di mere opere di dettaglio e completamento non produttive di nuova volumetria, come tali assentibili anche alla stregua degli strumenti urbanistici vigenti.

Nemmeno persuade la censurata inottemperanza alle ordinanze demolizione n. 6 e 37 del 2007, con particolare riferimento al piano seminterrato; invero, il controinteressato chiudendo con blocchi di calcestruzzo l’accesso al vano sottostante e le finestre perimetrali, ha di fatto impedito l’utilizzazione del locale stesso, come imposto dalle menzionate ordinanze di demolizione.

Ciò che importa, infatti, è il raggiungimento della finalità indicata negli ordini demolitori, nel caso di specie impedire l’utilizzazione di un vano realizzato abusivamente, per cui nessun rilievo assume nel caso di specie il fatto che tale scopo sia stato raggiunto con la chiusura delle aperture, piuttosto che il riempimento dei locali con materiale inerte come originariamente imposto dall’ufficio tecnico del Comune. Correttamente quindi il Comune ha ritenuto che l’intervento di ripristino eseguito avesse rimosso le conseguenze dell’illecito ed evitato la creazione di un maggior carico urbanistico.

Quanto al contestato aumento di altezza, pari a cm. 35 dal quale sarebbe conseguito un aumento di volume di 28,68 m³, esso appare conforme agli standards energetici previsti dall’art. 4, comma 3, del D.M. 27.7.2005, n. 18869, secondo cui "al fine di agevolare l’attuazione delle norme sul risparmio energetico e per migliorare la qualità degli edifici, le strutture perimetrali portanti e non, nonché i tamponamenti orizzontali ed i solai intermedi che comportino spessori complessivi sia per gli elementi strutturali che sovrastrutturali superiori a 30 cm, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e nei rapporti di copertura, per la sola parte eccedente i centimetri 30 e fino ad un massimo di ulteriori centimetri 25 per gli elementi verticali e di copertura e di centimetri 15 per quelli orizzontali intermedi, in quanto il maggiore spessore contribuisce al miglioramento dei livelli di coibentazione termica, acustica e di inerzia termica".

L’incremento di altezza di cm. 35, infatti, rientra nei limiti previsti dalla norma ed appare giustificato posto che, dalle sezioni grafiche allegate alla richiesta di permesso di costruire, si ricava che lo spessore realizzato è destinato ad isolare il terrazzo di copertura dai vani sottostanti.

Peraltro la franchigia prevista dalla norma per la realizzazione dell’isolamento termico non distingue le zone urbanistiche in cui lo stesso può essere realizzato, per cui appare applicabile anche alla zona interessata dal permesso.

Privo di base si rivela anche il secondo mezzo.

Al riguardo si osserva che ai sensi dell’articolo 1350 cod. civ.,del codice civile, il trasferimento del diritto di proprietà sui beni immobili può realizzarsi oltre che con atto pubblico anche con scrittura privata. Ne consegue che, ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria è sufficiente anche la produzione della semplice scrittura privata con la quale il bene è stato acquistato, mentre esulano dalle competenze dell’amministrazione ulteriori esami in merito all’avvenuta trascrizione della stessa, posto che questa assume rilievo ai soli fini della opposizione della proprietà nei confronti dei terzi (cfr. al riguardo T.A.R. Piemonte, sez. I, 13 giugno 2005, n. 2039).

Né, come sostenuto dalla ricorrente, può ritenersi che la scrittura in questione costituisca un mero preliminare di compravendita, atteso che la stessa trasferisce il diritto di proprietà dei beni rinviando ad un successivo atto l’utilizzo della forma pubblica ai soli fini della trascrizione.

Peraltro nel caso di specie la scrittura redatta il 30 gennaio 1986 è stata registrata presso l’ufficio del registro di Nola in data 11 febbraio 1986, n. 235.

Non sussisteva, quindi, nemmeno l’obbligo per il Comune di confrontare la predetta scrittura privata con il precedente atto di donazione del 1940, in quanto l’Amministrazione deve accertare unicamente la titolarità del bene, senza ulteriori complessi accertamenti volti a ricostruire le vicende che riguardano l’immobile.

Quanto alle divergenze inerenti le misure quali risultavano nei titoli abilitativi e nell’atto di provenienza, esse appaiono di consistenza tale da aver determinato alcun concreto ed evidente vantaggio ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria o, comunque, tali da aver giustificato un aumento della volumetria realizzabile.

In particolare, come dedotto dalla stessa interessata, a fronte delle misure risultanti nell’originario atto di donazione pari a metri 11,83; 10,51; 17,21 e 13,90 quelle indicate nella planimetria allegata alla richiesta di permesso di costruire in sanatoria sono, rispettivamente, di metri 12,00; 10,00; 17,00 e 13,80; dalla suddetta differenza consegue una dimensione del lotto di m. 170,83 superiore rispetto a quella risultante dall’atto di donazione di mq. 166, che, in virtù dell’indice di fabbricabilità applicabile, avrebbe consentito di realizzare un manufatto di 249 mc (rispetto a quello autorizzato pari a mc. 256,43).

Tali differenze tuttavia, come poc’anzi accennato, non assumono rilievo ai fini in esame posto che, a prescindere da quali siano le effettive dimensioni del lotto da considerare ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria (se quelle risultanti dall’atto di donazione o quelle desumibili dalla relazione tecnica allegata alla richiesta di accertamento di conformità), in ogni caso il lieve incremento volumetrico ottenuto risulta assorbito da quello pari a mc. 24,15, giustificato dallo spessore necessario a garantire l’isolamento termoacustico dell’immobile ai sensi del menzionato D.M. 27.7.2005, n. 18869.

Sotto tale profilo, quindi, non assume alcun rilievo l’ulteriore differenza esistente tra le misure del lotto indicate nella tabella volumetrica allegata alla richiesta di concessione edilizia n. 31/2003 e quella allegata all’avversato permesso di costruire in sanatoria n. 13/2009.

Con ulteriore profilo di censura l’interessata lamenta lo sconfinamento del lotto sul cortile comune, evidenziando che il lato sud del lotto indicato nella richiesta di sanatoria del 2009 risulta più lungo di 43 cm rispetto alle misure indicate nella domanda di concessione edilizia 2003.

Anche tale assunto risulta infondato, posto che nell’atto notarile del 1940, invocato dalla stessa ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, il lato sud viene descritto come avente una lunghezza di m. 12, superiore, quindi, a quella misurata e descritta nella relazione tecnica allegata al permesso di costruire in sanatoria pari a m. 11,83, il che esclude lo sconfinamento lamentato dall’interessata.

Quanto alla distanza tra il fabbricato ed il confine, essa risulta conforme ai parametri previsti dalle norme tecniche di attuazione. Infatti, anche a voler considerare la dimensione del lato est del lotto come pari a m. 10,00 (rispetto ai m. 10,50 indicati nella richiesta di permesso in sanatoria), la distanza dell’edificio dal confine pari a m. 2,62 (rispetto ai m. 3,12 indicati dal controinteressato) sarebbe comunque superiore rispetto a quella imposta dal programma di fabbricazione vigente (m. 2,283) pari ad 1/3 dell’altezza del fabbricato stesso (m. 6,85).

In relazione alla censurata autorizzazione all’apertura del varco carrabile, si rileva che tale apertura non viene ad impegnare il cortile comune, insistendo esclusivamente sul terreno di proprietà del controinteressato, che in tal modo può fruire della proprietà comune secondo le facoltà riconosciute agli altri comproprietari. Pertanto non sussiste alcuna violazione dell’art. 1102 del codice civile.

Infine, deve essere dichiarata inammissibile la censura riguardante la ristrutturazione della tettoia per il ricovero di veicoli, posto che non solo di essa non vi è traccia nella richiesta di permesso di costruire in sanatoria, ma anche perché dalla documentazione agli atti e come dedotto dalla stessa interessata, risulta che il manufatto in questione è stato abbattuto a seguito dell’ordinanza di demolizione n. 24/2007, con la conseguenza che la stessa copertura non potrà più essere ripristinata.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi, attese le peculiari questioni sottese alle censure esaminate, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) respinge il ricorso in epigrafe R.G. n. 2454 del 2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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