T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 18-04-2011, n. 2173 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti, tutti dipendenti a vario titolo dell’Università "Federico II", hanno presentato istanza all’Ateneo, volta ad ottenere l’applicazione dei benefici di cui all’art. 1 della legge 36/1989, recante disposizioni per alcune categorie di personale tecnico ed amministrativo delle Università, chiedendo in particolare l’inquadramento nella qualifica funzionale per il profilo per il quale ritenevano di avere titolo, sulla base del lavoro effettivamente svolto. Con nota del 15 ottobre 1993 il Rettore ammetteva gli istanti alla prova prevista dalla legge 63/1989.

Con i provvedimenti in epigrafe l’Amministrazione disponeva l’inquadramento nei profili richiesti e individuati come compatibili a decorrere dal 29.10.1993, invece che dal 15.3.1989 (data di entrata in vigore della legge n. 63/1989).

Avverso tali atti gli istanti hanno proposto il ricorso in epigrafe, deducendo la "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e s. della l. 21 febbraio 1989, n. 63. Violazione del giusto procedimento di legge. Perplessità, disparità di trattamento".

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Con ordinanza n. 314/2011 sono stati disposti incombenti istruttori volti a verificare se l’Amministrazione avesse disposto la retrodatazione chiesta dai ricorrenti, analogamente a quanto disposto nei confronti di altri dipendenti dell’Università.

Con memoria depositata il 14.2.2011, l’Università ha chiarito che superata la prova idoneativa, tutti i dipendenti, assunti prima dell’entrata in vigore della legge n. 63/1989, con decreti del 29.10.1993 sono stati inquadrati nella qualifica funzionale e nel profilo professionale nel quale avevano conseguito l’idoneità a decorrere dalla stessa data del decreto.

In seguito con l’entrata in vigore del D.L. 21.04.1995 n. 120, convertito in l. 21.6.1995, n. 236, l’Ateneo ha disposto la retrodatazione degli inquadramenti ai sensi della n. 63/1989, allegando i relativi decreti direttoriali adottati nel mese di gennaio 1996.

Sulla base di quanto rappresentato, l’Avvocatura distrettuale dello Stato ha chiesto che si dichiari la cessazione della materia del contendere del ricorso in epigrafe.

I ricorrenti, tuttavia, con memoria depositata il 23 febbraio 2011 osservano che i decreti rettoriali del 1993 non hanno riconosciuto né gli interessi legali, né la rivalutazione monetaria dovuta e che i provvedimenti adottati nel 1996 contengono la mera retrodatazione degli inquadramenti già disposti. Chiedono, pertanto, che vengano loro riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria a decorrere dal 15.3.1989 o, in subordine, dalla data di notifica del ricorso (3.3.1994) o dal suo deposito (17.3.1994).

Infine, con la medesima memoria è chiesto il risarcimento del danno derivante dalla perdita di chances causato dall’illegittimo comportamento dell’amministrazione e ciò a causa del tardivo inquadramento disposto dall’Università; per tale ragione, si oppongono alla dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

In relazione a quanto precede ritiene il Collegio che la pretesa dei deducenti risulti, allo stato, completamente soddisfatta dalla suddetta Amministrazione.

Quanto alla richiesta avanzata dai ricorrenti nella memoria da ultimo depositata, si osserva che secondo un ormai costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, da cui il collegio non intende discostarsi (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 30 luglio 2003, n. 4387; Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2003, n. 2537; idem, 13.2.2003, n. 768), il provvedimento di inquadramento, ai sensi della legge n. 63/1989, è l’atto con il quale l’Amministrazione ridefinisce lo stato giuridico del dipendente nell’assetto dell’Università conferendo le mansioni corrispondenti e facendo sorgere, per l’effetto, l’obbligazione pecuniaria alla corresponsione di quanto dovuto in relazione alla posizione conseguita.

Ne consegue che, indipendentemente da quanto previsto dall’art. 11 del D.L. n. 120/1995, poiché l’inquadramento, previsto dalla citata disposizione, ha carattere costitutivo, essendo frutto di valutazioni discrezionali, ai fini del computo delle competenze accessorie (interessi e rivalutazione), occorre risalire al medesimo atto di inquadramento da cui sorge la posizione debitoria dell’Università, per cui soltanto da tale data possono essere pretesi interessi e rivalutazione, connessi alla nuova posizione lavorativa, ancorché avente efficacia retroattiva.

Sulla base di tale orientamento, peraltro del tutto coerente con il principio di ordine generale che fa coincidere la maturazione del credito con la data del provvedimento costitutivo dello status dal quale nasce il diritto alla nuova posizione retributiva (anche se con efficacia retroattiva), deve pertanto essere respinta la richiesta di riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria avanzata dagli istanti e deve essere dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere nel ricorso in esame.

Rimane da esaminare la domanda relativa al risarcimento del danno.

In ordine alla richiesta di risarcimento del danno deve essere osservato che la domanda risarcitoria non risulta sostenuta dalle necessarie allegazioni in ordine al danno subito e all’accertamento della responsabilità dell’amministrazione; risulta proposta in modo del tutto generico e, quindi, va respinta. Sul punto la giurisprudenza prevalente si è andata orientando nel senso dell’attenuazione dell’onere probatorio del privato.

In particolare, sotto il profilo della colpa, si è affermato (Consiglio di Stato, Sez. V, decisione 10 gennaio 2005 n. 32) che il privato danneggiato, ai fini di ottenere il risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi, ancorchè onerato della dimostrazione della "colpa" dell’amministrazione, risulta agevolato dalla possibilità di offrire al giudice elementi indiziari – acquisibili, sia pure con i connotati normativamente previsti, con maggior facilità delle prove dirette – quali la gravità della violazione, qui valorizzata quale presunzione semplice di colpa e non come criterio di valutazione assoluto, il carattere vincolato dell’azione amministrativa giudicata, l’univocità della normativa di riferimento ed il proprio apporto partecipativo al procedimento. Così che, acquisiti gli indici rivelatori della colpa, spetta poi all’amministrazione l’allegazione degli elementi, pure indiziari, ascrivibili allo schema dell’errore scusabile e, in definitiva, al giudice, così come, in sostanza, voluto dalla Cassazione con la sentenza n. 500/99, apprezzarne e valutarne liberamente l’idoneità ad attestare o ad escludere la colpevolezza dell’amministrazione.

Tale attenuazione dell’onere probatorio non esclude tuttavia la necessità che le pretese risarcitorie presuppongano l’indicazione degli elementi che possano indurre il giudice a valutare in termini di responsabilità la condotta della pubblica amministrazione. Allegazione che nel caso di specie non è dato riscontrare con conseguente impossibilità di accoglimento della domanda risarcitoria.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) dispone quanto segue: – dichiara la sopravvenuta cessazione della materia del contendere per il ricorso in esame;

– respinge la domanda di pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria contenuta nella memoria depositata il 23.2.2011;

– respinge la domanda di risarcimento del danno;

– compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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