Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-04-2011) 20-04-2011, n. 15751 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.L., tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 4.10.2010, con cui il Tribunale del Riesame di Napoli rigettava la richiesta di riesame dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, applicata al C. dal GIP del Tribunale di Napoli, il 29.6.2010, con riferimento di reati di cui all’art. 416 bis c.p. e L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies; L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il ricorrente deduceva:

1) violazione degli artt. 266, 268 e 271 c.p.p. e difetto di motivazione in ordine alla dedotta inutilizzabilità, ex art. 268 c.p.p., comma 3 delle intercettazioni ambientali a carico del ricorrente, in quanto espletate presso la sala d’ascolto del carcere di Napoli-Secondigliano, in assenza di adeguata motivazione circa le ragioni di eccezionale urgenza e la impossibilità di utilizzare gli impianti installati presso la Procura della Repubblica;

2) violazione dell’art. 273 c.p.p. con riferimento all’imputazione di partecipazione ad associazione mafiosa in concorso con altri, desunta dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia M. e D.P. e dal contenuto delle conversazioni intercettate, pur in assenza della gravità del quadro indiziario, posto che al ricorrente non erano stati contestati reati-fine, nè frequentazioni con gli altri consociati; non sussisteva, inoltre, alcuna chiamata in correità da parte dei collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni erano state travisate; in particolare, quelle del M. erano inattendibili, tenuto conto del difetto di riscontri e dei sentimenti di astio dello stesso nei confronti del clan Crimaldi: 3) la compartecipazione societaria di C.L. all’attività della (OMISSIS), attraverso la quota della moglie, A.I., non costituiva prova della partecipazione all’associazione mafiosa contestata nè del carattere fittizio della intestazione delle quote societarie, come apoditticamente ritenuto dal Tribunale del Riesame.

Il ricorso è infondato.

Le prime due censure attengono a questioni già esaminate dal Tribunale del riesame e disattese con corretta e logica motivazione;

in particolare, il Tribunale ha evidenziato la genericità della doglianza relativa alla inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, atteso che non erano stati indicati i decreti di autorizzazione e proroga che si assumevano viziati, rilevando, inoltre, che il decreto di intercettazione di urgenza n. 1088/08 era ampiamente motivato, in relazione alla indispensabilità delle intercettazioni ed all’urgenza "dettata dal limitato e temporaneo trasferimento di C.C. presso il carcere di Secondigliano", nonchè in relazione alla necessità di utilizzare impianti esterni alla Procura, stante l’esigenza di usare apparecchiature tecniche installate "nelle immediate vicinanze dei parlatori". L’attendibilità dei collaboratori di giustizia M. e D.P. risulta adeguatamente motivata sulla base delle argomentazioni svolte dal GIP del Tribunale di Napoli anche nell’ordinanza 25.1.2008 e la partecipazione dell’indagato all’associazione di tipo mafioso contestata è stata logicamente motivata con riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori dei giustizia, riscontrate, essenzialmente, dalla intercettazioni delle conversazioni in carcere con il capoclan, C.C. e con altri familiari, attestanti la piena partecipazione del ricorrente alle attività illecite del sodalizio, "come argomentato dal GIP a pag. 311 dell’oc.c.".

I giudici del riesame hanno dato atto, inoltre, che i fittizi intestatari dell’impresa di pompe funebri (OMISSIS) e del V.A. non risultavano svolgere alcuna effettiva gestione delle aziende sicchè doveva ritenersi provato il concorso di C.L. nel delitto di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies e la intraneità dello stesso al sodalizio criminoso, essendone stato accertato il ruolo centrale nella gestione di dette attività, mediante la ricezione delle direttive dall’effettivo titolare, C.C.. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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