Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 20-04-2011, n. 15820 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

n è comparso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza di applicazione della misura della custodia in carcere emessa nei confronti di B.R. per il reato di favoreggiamento personale aggravato dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, commesso nei confronti del nipote, R.P., latitante. Risultava provato dalle dichiarazioni dei due collaboratori C.M. e Ca.Sa. che l’indagato aveva favorito la latitanza del nipote procurandogli un appartamento a Imola dove lo aveva portato insieme alla sua famiglia. Tali dichiarazioni risultavano riscontrate da accertamenti di P.G. che avevano notato il movimento delle auto utilizzate per effettuare il trasferimento, nonchè dall’effettivo arresto del latitante nel suddetto appartamento. Sussisteva l’aggravante dell’agevolazione dell’associazione mafiosa in quanto l’indagato risultava già condannato quale affiliato alla cosca Papanice, era uomo di fiducia del boss R.L. e l’azione posta in essere rientrava nell’ambito dei rapporti di mutua solidarietà tra associati, per altro maturato in una situazione particolare, perchè il nipote era stato gravemente ferito nel corso dell’agguato nel quale era stato ucciso il boss del clan rivale M.L..

Sussistevano le esigenze cautelari del concreto pericolo di reiterazione e quindi sussisteva la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva violazione di legge in relazione all’art. 384 c.p.p. sussistendo la causa di non punibilità per il rapporto di parentela esistente con R. che aveva sposato la figlia della sorella della moglie dell’indagato; si trattava quindi di un prossimo congiunto nella accezione contemplata nell’art. 307 c.p.p., comma 4; in caso di rapporto di affinità operava comunque la scriminante in quanto la moglie dell’indagato era in vita e aveva prole.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto dalla lettura testuale delle norme invocate emerge che la scriminante opera solo nei confronti dei prossimi congiunti i quali vanno individuati alla luce dell’art. 307 c.p. nel rapporto tra zio e nipote solo quando possa qualificarsi come rapporto parentale e non nel caso di affinità che sussiste tra lo zio e il nipote della moglie;

nell’ambito della affinità il concetto di prossimo congiunto opera solo in relazione agli affini nello stesso grado (Sez. 6, 15 ottobre 2008 n. 3879, rv. 242517).

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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