Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 20-04-2011, n. 15817 Interesse ad impugnare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 23 settembre 2010 il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’appello proposto, a mente dell’art. 310 c.p.p., da L.E. avverso il provvedimento con il quale, la Corte di Appello della stessa sede, il precedente 13 luglio, aveva negativamente valutato la sua istanza volta alla concessione degli arresti domiciliari in luogo della detenzione in carcere in atto.

A sostegno della decisione il Tribunale, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, deduceva che: – il L. era stato condannato, per il reato di tentato omicidio e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo, alla pena di anni cinque di reclusione, in tali termini ridotta la pena inflitta dal giudice di prime cure dalla sentenza della Corte di Appello milanese del 2.12.2009;

– l’interessato, sottoposto a misura coercitiva in carcere, aveva quindi avanzato domanda di concessione degli arresti domiciliari, allegando la sua incensuratezza, il tempo trascorso in detenzione inframuraria, l’avvenuto risarcimento del danno della parte offesa, la situazione sanitaria della moglie limitata nella sua capacità di deambulazione e nella difficoltà di affidare a qualcuno la figlioletta di due anni essendo la madre impegnata nella gestione di un bar:

– la domanda non meritava accoglimento per la pericolosità dell’istante attualmente persistente;

– tale giudizio era giustificato dalla gravità del fatto, dalla disponibilità di un’arma illegalmente detenuta, dalla sua indole violenta e priva di freni inibitori come dimostrato dai fatti di causa, dall’assenza di una valutazione critica della sua condotta, a nulla valendo, in contrario, l’avvenuto risarcimento del danno ed il tempo trascorso in stato di custodia cautelare;

– negava altresì il Tribunale la sussistenza delle condizioni per applicare l’invocata disciplina dell’art. 275 c.p.p., comma 4 in considerazione delle non gravi condizioni sanitarie della moglie dell’istante, evidenziate dalla documentazione depositata e della considerazione che la figlioletta di due anni ben può essere affidata a strutture pubbliche.

2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza il predetto L.E., con l’assistenza del suo difensore di fiducia, sviluppando un unico motivo di impugnazione, con il quale denuncia violazione della legge processuale (artt. 273 e segg. c.p.p. e difetto di motivazione. Denuncia in particolare la difesa ricorrente che:

– il rigetto impugnato si fonda, esclusivamente, sulla gravità del fatto in assenza di qualsivoglia considerazione di altre importanti emergenze processuali;

– sono ormai venute meno tutte le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., tenuto conto della riappacificazione dell’istante con la parte offesa e della sua incensuratezza;

– sottostimate sono state le esigenze della figlioletta e la circostanza che il L. ha scontato oltre metà della pena inflitta;

– non ha spiegato il giudice a quo le ragioni per le quali gli arresti domiciliari non sono in grado di soddisfare le esigenze cautelari pure evocate nel provvedimento impugnato.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile perchè venuto meno ogni interesse giuridicamente rilevante ad una sua decisione. Questa sezione della Suprema Corte infatti, in data 13.1.2011, ha deciso il ricorso proposto dal L. avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello di Milano in relazione al reato di tentato omicidio e condotte collegate, di guisa che la sanzione detentiva in atto ha perso la sua natura interinale per acquisire i caratteri della definitività, rispetto alla quale l’istanza in esame ha perso ogni coerenza giuridico – processuale.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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