Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 20-04-2011, n. 15806 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 17.5.2010 la Corte d’appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta avanzata da D.M.S., rideterminava la pena complessiva da scontare in anni tre, mesi tre e giorni ventitre di reclusione, cosi modificando il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso l’11.3.2010 dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma.

La Corte territoriale, per quel che qui interessa, rilevava che nella specie, trattandosi di condanne tutte relative a fatti commessi in epoca precedente all’inizio della detenzione (3.11.2007), andava applicato il criterio del cumulo materiale, con la limitazione di cui all’art. 78 c.p., richiamando il principio affermato da Sez. 1, n. 26270, 23/04/2004, Di Bella. Pertanto, la Corte muovendo dalla pena determinata con il precedente provvedimento di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Roma in data 8.5.2009, affermava che alla stessa andava aggiunta la pena di mesi sei di reclusione relativa all’ultima sentenza di condanna della Corte di appello di Roma in data 19.2.2009. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma denunciando la violazione dell’art. 78 c.p. e art. 663 c.p.p..

Premetteva il ricorrente che in data 8.5.2009 la Procura della Repubblica di Roma emetteva il provvedimento di determinazione di pene concorrenti nei confronti di D.M.S. e, trattandosi di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti in periodi diversi, procedeva a formazione di successivi cumuli parziali. Tuttavia, rilevava il ricorrente, in detto provvedimento veniva operata una non corretta applicazione del c.d. criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p., atteso che la pena più grave nell’ambito del primo cumulo parziale era stata considerata tale anche per tutti i cumuli parziali successivi ai fini della determinazione del quintuplo nell’ambito di ciascuno di essi. Quindi, con provvedimento in data 11.3.2010 – dovendo, peraltro, procedere all’esecuzione della ulteriore condanna alla pena di mesi sei di reclusione, divenuta irrevocabile il 6.5.2009 – aveva provveduto alla rideterminazione della pena residua nella misura di anni quattro, mesi dieci e giorni due di reclusione, con decorrenza dal 3.11.2007.

Il ricorrente, pertanto, lamenta che la Corte territoriale ha modificato il provvedimento di determinazione di pene concorrenti senza fornire alcuna Indicazione in ordine all’applicazione del criterio di cui all’art. 78 c.p. operata nel provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Roma l’8.5.2009 che la Corte ha posto a base della rideterminazione della pena residua.

3. Con la memoria depositata il 22.3.2011, D.M.S., a mezzo del difensore di fiducia, chiedeva il rigetto del ricorso sottolineando: a) che la Corte d’appello aveva correttamente evidenziato che l’ultima condanna alla pena di sei mesi di reclusione, ancorchè divenuta definitiva successivamente, si riferiva a fatto commesso prima dell’inizio della ultima ininterrotta carcerazione, con la conseguenza che detta condanna andava sommata in regime di cumulo materiale; b) che la Procura generale presso la Corte di appello non avrebbe potuto procedere allo scioglimento del cumulo di cui al precedente provvedimento emesso l’8.5.2009 dalla Procura della Repubblica di Roma, considerato, peraltro, che successivamente, il 13.6.2009, aveva anche emesso nuovo ordine di esecuzione relativamente alla più volte richiamata condanna alla pena di mesi sei di reclusione, facendo decorrere l’espiazione di detta pena dal 26.8.2009, quindi dalla data del fine pena indicato nel provvedimento di cumulo successivamente ritenuto errato; nè risultavano sopravvenuti titoli esecutivi a carico del D.M..
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei termini in cui è stato proposto.

1. Invero, con l’ordinanza impugnata la Corte territoriale procedeva alla rideterminazione della pena residua da espiare, modificando il provvedimento emesso l’11.3.2010 dalla Procura generale presso la Corte di appello di Roma, richiamando un principio astrattamente corretto, ma non rilevante nella fattispecie concreta.

Infatti, come chiaramente indicato dal Procuratore generale ricorrente e nella memoria depositata dal D.M., indipendentemente dalla esecuzione della ulteriore condanna alla pena di mesi di reclusione, divenuta irrevocabile per ultima, la Procura generale presso la Corte di appello di Roma con provvedimento dell’11.3.2010 aveva provveduto alla rideterminazione della pena residua ritenendo non corretto il precedente provvedimento di determinazione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Roma in data 8.5.2009, in quanto, pur avendo proceduto alla formazione di successivi cumuli parziali, trattandosi di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti in periodi diversi, tuttavia, aveva operato una non corretta applicazione del c.d. criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p..

In particolare, la pena più grave nell’ambito del primo cumulo parziale era stata considerata tale anche per tutti i cumuli parziali successivi ai fini della determinazione del quintuplo nell’ambito di ciascuno di essi.

2. E’ principio consolidato quello, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo il quale allorchè si sia In presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, non è possibile includere tutte le pene in un cumulo unitario e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 c.p. ed alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, dovendosi invece unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione della pena così unificata, mentre l’art. 73 predetto esplica la sua efficacia nell’ambito e nei limiti di ciascuna delle singole operazioni di cumulo (Sez. 1, n. 40796, 26/09/2007, Belcastro, rv.

238044).

Pertanto, in tali casi è necessario procedere alla formazione di cumuli parziali applicando per ciascuno di essi il criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. nei termini e nei limiti dallo stesso indicati.

La regola dei cumuli parziali, come è noto, discende dalla esigenza di impedire che alla espiazione di una condanna siano imputati periodi di detenzione patiti prima della commissione del reato cui la condanna si riferisce.

Tanto esclude, che il residuo pena di un precedente cumulo debba confluire nel successivo ed essere addizionato alla pena risultante da questo prima dell’applicazione del criterio moderatore del quintuplo, giacchè, siffatto tetto si riferisce testualmente alla "più grave delle pene concorrenti".

Tenuto conto della predetta ratio il criterio moderatore di cui al primo alinea dell’art. 78 c.p., può essere determinato con riferimento alle pene residue dei cumuli parziali precedenti, giacchè, operando in tal modo, il canone dei cumuli parziali resterebbe travolto dalla necessità di individuare, ogni volta, la condanna cui si riferisce il residuo da espiare, imponendo così di tornare a scindere i cumuli pregressi e, di fatto, a procedere alla riunificazione delle pene secondo criteri causali, ancorati agli accadimenti esecutivi più vari, anzichè alla data di commissione dei reati ed all’inizio della espiazione delle pene inflitte in relazione agli stessi (Sez. 1, n. 30559, 15/07/2010, Iozzelli, non massimata).

3. Dall’ordinanza impugnata non è dato rilevare se la Corte territoriale si sia attenuta al suddetti principi. La Corte, infatti, ha modificato il provvedimento di determinazione di pene concorrenti emesso dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, ritenendo di fatto corretta la determinazione operata con il precedente provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Roma, dell’8.5.2009 – cui ha aggiunto la pena di mesi sei di reclusione inflitta al D.M. con la sentenza da ultimo divenuta irrevocabile – senza alcuna motivazione sul punto.

Ne consegue, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con il rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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