Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-07-2011, n. 15452 Mora ed altri inadempimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.G.M., P.M. e P.R., quali eredi della loro madre B.B., convenivano dinanzi al Tribunale di Messina D.N.S. esponendo che quest’ultima deteneva in locazione ad uso deposito, per il canone mensile di L. 450.000,una unità immobiliare sita in (OMISSIS), per averla presa in locazione da B.B., dante causa di essi attori, e lamentando che la conduttrice si era resa morosa per un importo complessivo di L. 6.300.000. Intimavano pertanto sfratto per morosità chiedendo la condanna al rilascio ed al pagamento dei canoni scaduti e di quelli a scadere.

A seguito di opposizione della D.N., che eccepiva preliminarmente la carenza di legittimazione attiva degli intimanti per non essere gli stessi proprietari dell’immobile, negata l’ordinanza di rilascio, il Tribunale di Messina ha rigettato la domanda.

La Corte di Appello di Messina, con sentenza depositata il 10/12/2008, in accoglimento del gravame proposto dai P., ha dichiarato la morosità di D.N.S. e per l’effetto le ha ordinato di rilasciare l’immobile, condannandola a corrispondere i canoni di locazione dal 1/5/2001 fino alla data de rilascio.

La Corte di Appello ha ritenuto che le ricevute rilasciate dalla B. e soprattutto i bonifici bancari attestanti i versamenti da parte di D.N.S. dei canoni di locazione costituiscono elementi sufficienti a far ritenere che la predetta è la reale contraente.

In ordine alla legittimazione attiva dei P., sul rilievo che qualunque fosse il titolo in base a cui la dante causa dei ricorrenti ha detenuto l’immobile per il lungo tempo anteriore alla instaurazione del rapporto con la D.N., ha ritenuto che la disponibilità lecita de bene le consentiva di concederlo in locazione, per cui i suoi eredi potevano oggi esperire l’azione di sfratto.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione D.N. S. con due motivi.

Resistono con controricorso P.G.M., P.M. e P.R. proponendo ricorso incidentale condizionato con un unico motivo.
Motivi della decisione

Preliminarmente si riuniscono i ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

1. Con il primo motivo di ricorso viene denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. – art. 2702 c.c. – artt. 2707 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 184 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La Corte di Appello di Messina ha ingiustamente dichiarato sussistente la locazione tra gli eredi di B.B. e D. N.S., senza che ve ne fosse prova, condannando altrettanto ingiustamente la D.N. al rilascio ed al pagamento dei canoni non pagati, mentre avrebbe dovuto dichiarare l’inesistenza di tale rapporto locativo con D.N.S. e la carenza di legittimazione passiva di quest’ultima, rigettando tutte le domande formulate dagli attori P..

Il motivo si chiude con il seguente quesito di diritto: La esistenza di un rapporto contrattuale (nella specie locazione) va provata dalla parte che intende avvalersene e non sono utilizzabili, ai fini probatori, nè le scritture provenienti dalla stessa,nè i documenti non ritualmente acquisiti al processo, dovendo il giudice valutare solo gli atti sottoscritti dalla parte alla quale vengono opposti e non potendosi egli avvalere di presunzioni che non siano gravi, precisi e concordanti.

2. Il motivo è infondato.

Infatti sotto l’apparente denunzia di violazione di legge e vizio di motivazione la ricorrente chiede a questa Corte un riesame del merito della controversia, con una valutazione delle risultanze probatorie diversa da quella motivatamente fatta propria dai giudici di merito.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento de giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito.

3. La Corte di appello ha ritenuto che il rapporto di locazione fra i P., subentrati nel contratto alla loro madre B. B., fosse provato dalle ricevute di pagamento e dai bonifici bancari inviati dalla D.N.. La ricorrente, senza censurare specificamente la linea argomentativa sviluppata, richiede una valutazione diversa e favorevole alla sua tesi difensiva degli stessi elementi probatori, sollecitando una valutazione di merito inammissibile in questa sede di legittimità. 4. Come secondo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 1, comma 4, dell’art. 1418 c.c. e dell’art. 1325 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, con il seguente quesito di diritto: in tema di locazione di immobili urbani, i rapporti sorti in forma verbale anteriormente alla vigenza della L. n. 431 del 1998, e giunti a scadenza successivamente non si rinnovano tacitamente e non producono più alcun effetto perchè soggetti al requisito della forma scritta, imposto ad substantiam dalla L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, per cui devono ritenersi affetti da nullità, in tutti i casi in cui le parti non abbiano, successivamente alla vigenza della nuova norma, dato la forma scritta, richiesta a pena di nullità. 5. Il motivo è infondato.

Infatti l’immobile risulta consesso in locazione ad uso deposito, circostanza mai contestata nelle fasi precedenti del giudizio, a cui non si applica la disciplina richiamata, che è applicabile solo agli immobili ad uso abitazione.

6. Il ricorso incidentale condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 2.300,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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