Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-07-2011, n. 15446

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.P., D. e C.A., fideiussori omnibus della s.r.l. Cabo, convennero in giudizio, dinanzi al tribunale di Orvieto, U.P., che, avendo provveduto ad estinguere in via transattiva le obbligazioni della società garantita nei confronti della propria creditrice, la Banca di Roma, aveva poi ottenuto un decreta ingiuntivo nei confronti degli attori in qualità di soggetto adempiente in surroga nel diritto di credito del creditore originario.

Il giudice di primo grado respinse l’opposizione.

La corte di appello di Perugia, investita del gravame proposto dagli attori in prime cure, lo rigettò.

La sentenza è stata impugnata da con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo.

Resiste con controricorso U.P..
Motivi della decisione

Il ricorso (il cui primo motivo ed unico motivo denuncia contraddittorietà e insufficienza della motivazione su punti decisivi della controversia) è inammissibile.

Sotto un duplice,concorrente profilo.

Da un canto, esso viola patentemente il disposto dell’art. 366 c.p.c., risultando del tutto carente la sommaria esposizione dei fatti necessaria ai fini della comprensione dell’oggetto della causa, del fondamento dell’impugnazione, del motivo stesso di ricorso, mentre deve ritenersi ius reception presso questa corte regolatrice il principio secondo il quale il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e non può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, se non quando il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. ss.uu. 18 maggio 2006, n. 11653).

Dall’altro, risulta del pari violato il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., così come introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, comma 1 (applicabile all’odierna vicenda processuale ratione temporis) nella parte in cui statuisce che la doglianza proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Tale onere risulta del tutto disatteso dai ricorrenti, che non indicano affatto (senza dover attingere a pur necessarie valutazioni di puntuale chiarezza espositiva) tali elementi, e omettono del tutto il pur necessario momento di sintesi espositiva che, sola, consente alla corte l’esame del vizio motivazionale lamentato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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