Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-03-2011) 20-04-2011, n. 15774 Giudizio d’appello rinnovazione del dibattimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, titolare della Snc. ACCETTA Giovanni Bonaventura & C, è stato tratto a giudizio perchè ritenuto colpevole della detenzione finalizzata alla vendita di 33 capi di abbigliamento portanti marchio contraffatto, sequestrati presso il negozio di pertinenza dell’ente commerciale.

Con l’interposto ricorso la difesa lamenta:

– la carenza di motivazione sull’eccepita invalidità del giudizio tecnico acquisito ex art. 348 c.p.p. per il tramite di valutazione resa da ufficiale di PG. con successiva) erroneo rigetto dell’istanza di nomina di perito, anche perchè le deduzioni dell’ufficiale di PG si risolvevano in considerazioni empiriche e personali, prive di tecnicità;

– la carenza di motivazione sulla ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’ A. e, cioè, sulla natura contraffatta della merce posta in vendita, che egli aveva acquistato nel contesto del commercio di stock di merce insieme a migliaia di capi consimili, frutto di una trattativa complessiva e non già capo per capo, non essendo affatto agevole l’accertamento della contraffazione;

– inosservanza della legge processuale nella mancata assunzione di prova decisiva e travisamento della prova.
Motivi della decisione

Manifestamente infondato è il primo motivo: l’ufficiale di polizia giudiziaria venne assistito nell’espletamento del compito da ausiliare esperto nel settore, essendo appartenente alla ditta denunciate (Sent. pag. 2), la circostanza garantisce la serietà della valutazione del c.d. "testimone qualificato", autorizzato ad esprimere giudizi tecnici (giurisprudenza costante, da ultimo cfr.

Cass. Sez. 5, 12.6.2008, Kofilova, CED Cass. 241312), il cui contenuto non può essere ulteriormente vagliato da parte del giudice di legittimità.

L’ultimo motivo si duole del rigetto dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’esperimento di perizia sulla genuinità di capi sequestrati, attesa l’inadeguatezza della valutazione resa da persona interessata. Ma anch’esso non è sorretto da serie ragioni. Sulla premessa che l’istanza di rinnovazione dell’istruttoria può essere rigettata anche mediante una motivazione implicita, allorquando il testo argomentativo della sentenza sia diretto a dimostrare la superfluità della prova (cfr. da ultimo Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2009, Sergio, CED Cass. 245996), i giudici d’appello hanno ricordato – come già sopra osservato – che la deposizione C. è utilizzabile e rituale, perchè assistita da esperto del settore (esponente della ditta denunciante) e che, per questa ragione, non vi è ragione di esperire ulteriore accertamento peritale. L’ammissibilità della voce dell’ausiliare è costantemente ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 2, 26 marzo 2003 Gliori, CED Cass., 225741; Cass., Sez. 1, 4 ottobre 2001, Ceka ed altro, CED Cass., 220180, ecc.).

Si tratta di una giustificazione adeguata ed aderente al precetto normativo. Non è dato ravvisare alcun travisamento del dato istruttorio, essendo al riguardo del tutto generico il ricorso, n vaglio del merito di siffatta deposizione e della valutazione richiesta è incombente precluso al giudizio di legittimità.

Il secondo mezzo, invece, è fondato.

Non riesce nè logica nè adeguatamente convincente la giustificazione resa dai giudici di appello.

E’, infatti, indubbio che ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo del reato contestato è richiesto nell’agente la coscienza e volontà di detenere, per la vendita, cose contraffatte e, quindi, la consapevolezza della contraffazione del marchio altrui. Ma del relativo riscontro la sentenza è gravemente carente. Essa si appaga di segnalare che la merce venne acquistata a prezzo inferiore alle consuete soglie di mercato. Il ricorrente, tuttavia, aveva segnalato nella sua difesa del gravame di appello che egli aveva comprato all’ingrosso la merce, sia pur contrassegnata da marchi di grido.

Orbene, è dato di fatto (è massima di comune esperienza, non mera congettura) che esistono rivendite (stock houses) di capi di abbigliamento, pur usciti da importanti case di moda, ceduti sul mercato perchè usciti di moda, a prezzi estremamente ridotti.

A fronte di questa obiezione l’argomentazione giudiziale tace.

Poichè nessun ulteriore argomento è stato portato a sostegno della dimostrazione del momento soggettivo del delitto, per questo motivo la sentenza viene annullata per nuovo esame, con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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