T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 18-04-2011, n. 3331 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Roma in data 19 novembre 2010 e depositato il successivo 10 dicembre 2010 i ricorrenti impugnano la determinazione in epigrafe indicata e con la quale il Municipio XIII di quel Comune ha ingiunto loro la demolizione "di un locale ripostiglio non rientrante nelle concessioni in sanatoria n. 72309/97 e n. 72311/97", realizzato quindi in assenza di titolo abilitativo.

Espongono di avere realizzato al piano sottosuolo del loro appartamento sito in Roma Via Anassarco 37 un vano cantina della superficie di mq. 25,47 ed al piano rialzato un vano cucina di mq. 9,50 con un limitrofo ripostiglio di mq. 2,30, opere che costituirono oggetto di concessione edilizia in sanatoria ex L. 28 febbraio 1985, n. 47 e rilasciate nel 1997.

Con raccomandata del 24 luglio 2006 l’Ufficio Condono Edilizio contestava ai ricorrenti che il detto ripostiglio di mq. 2,30 costituisse oggetto della sanatoria, ma con perizia tecnica di parte i ricorrenti "dimostravano" che la superficie condonata al piano rialzato era di mq. 11,80 derivante dalla somma di mq. 9,50 di cucina e del vano ripostiglio di mq. 2,30.

In data 2 ottobre 2008 seguiva dapprima l’archiviazione della segnalazione comunale, all’esito dell’accertamento tecnico; successivamente con la determinazione dirigenziale ed in data 1° dicembre 2009 interveniva invece una determinazione di sospensione dei lavori del detto ripostiglio, che invece era completato da circa trenta anni.

I ricorrenti, quindi, rappresentano che in data 29 gennaio 2010 chiedevano la revoca della determinazione di sospensione sopra richiamata ed invece seguiva la determinazione a demolire al momento gravata, avverso la quale sollevano l’errore di fatto su cui l’assunta determinazione si sarebbe basata, per come scaturente dalla descrizione degli eventi sopra riportata e la violazione di legge. Concludono chiedendo l’accoglimento della cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed analogamente ha effettuato il controinteressato.

Alla Camera di Consiglio del 21 dicembre 2010 è stata disposta un’istruttoria.

L’Amministrazione ha depositato una breve relazione dalla quale si evince che l’Ufficio Disciplina Edilizia del Municipio XIII ha effettuato un sopralluogo in data 22 ottobre 2010 presso l’abitazione dei ricorrenti constatando che l’ampliamento di mq. 11,80 oggetto di concessione in sanatoria presentava un ampliamento di mq. 0,52, realizzato successivamente al rilascio della concessione in sanatoria e che pertanto la determinazione dirigenziale impugnata n. 2250/2010 doveva intendersi ai fini demolitori solo per i mq. 0,52. In data 19 gennaio 2011 si era constatato che la demolizione dei mq. 0,52 era stata eseguita.

Alla successiva Camera di Consiglio del 3 marzo 2011 la causa è stata rinviata ad altra udienza, su richiesta delle parti.

Con atto depositato il 29 marzo 2011 i ricorrenti hanno depositato parzialmente la documentazione richiesta con l’istruttoria fornendo l’atto di compravendita per Notaio Alberto Misurale in data 28 dicembre 1970 con la allegata planimetria, ma senza evidenziarvi l’esistenza o meno del ridetto ripostiglio.

Il controinteressato in data 8 aprile 2011, con nota acquisita al protocollo del TAR n. 22777 ha depositato una foto del manufatto abusivo scattata nel settembre 2004, una foto del manufatto abusivo dopo la parziale demolizione scattata a gennaio 2011 ed una copia della sentenza n. 133 del 28 marzo 2001 con la quale il Tribunale di Roma – Sezione distaccata civile di Ostia ha accolto la domanda del controinteressato condannando gli attuali ricorrenti "al rispetto della distanza di tre metri del manufatto in esame dalla costruzione del Sig. B.".

Pervenuta la causa per la decisione sulla cautelare alla Camera di Consiglio del 14 aprile 2011 il Collegio ne ha rilevato l’infondatezza dell’unica censura proposta e che appare sorretta unicamente dall’ex cursus fattuale sopra riportato, in ordine al quale i ricorrenti lamentano, dunque, il difetto dei presupposti nella determinazione dirigenziale impugnata.

La prospettazione non può essere condivisa.

La questione verte sulla legittimità o meno della realizzazione di un ripostiglio realizzato dai ricorrenti, il cui muro di delimitazione insiste sul confine con la proprietà del vicino, attuale controinteressato.

In punto di fatto va chiarito che quanto affermato dal Municipio XIII con la nota del 20 gennaio 2011, a seguito di sopralluogo della Polizia Municipale e che cioè detto ripostiglio sporgente di mq. 0,52 sarebbe stato demolito per tale sporgenza, è confermato dalla produzione fotografica del controinteressato laddove nella fotografia riferita alla data del "gennaio 2011" è stata demolita una parte del muretto al confine con il giardino del vicino ed il ripostiglio non presenta più la porta di chiusura esistente nella foto del 2004.

Ciò che non può invece essere confermato è la conseguenza che da tale demolizione trae il Municipio e che cioè la determinazione dovesse intendersi riferita a tale minima parte del ripostiglio con conseguente assolvimento della richiesta demolizione.

Infatti, ancorché di superficie minore, il ripostiglio appare ancora limitato da un muro di protezione insistente sul confine col vicino, attuale controinteressato, con conseguente inesecuzione, invece, della determinazione a demolire.

Come correttamente rilevato dal giudice ordinario nella sentenza sopra richiamata, la realizzazione in questione non appare rispettare le distanze tra le costruzioni, posto che i due villini, quanto al corpo principale appaiono realizzati in aderenza, mentre i due giardini – quello dei ricorrenti e quello del controinteressato – sono separati soltanto dalla linea di confine, sulla quale, invece, i ricorrenti hanno realizzato un muro che si avanzava sulla detta linea, dapprima per circa un metro/un metro e cinquanta e per una altezza di circa mt. 3/3,40 (nota del controinteressato: foto del 2004) e successivamente, dopo la parziale demolizione del gennaio scorso, per circa cinquanta/sessanta centimetri per un’altezza di circa mt. 3/3,40 e prosegue, a delimitare il ridetto sgabuzzino, con una parte più bassa di circa un metro che si unisce alla siepe di vegetazione alta circa un metro, posta sul ridetto confine (nota del contro interessato: foto del 2011).

Tale situazione comporta che il detto muro, nella parte ancora alta circa mt. 3,00/3,40, per come è posto sul confine tra i due giardini, costituisce una limitazione della visuale e della luce, muro che, ancorché parzialmente demolito, continua a costituire tale impedimento per il vicino, seppure in misura minore.

Va pure chiarito che la circostanza che detto ripostiglio sarebbe stato condonato per la superficie di mq. 2,30, come ricompresa nella concessione in sanatoria n. 72390/97 non impedisce all’Amministrazione comunale di esercitare il potere di autotutela in presenza di situazioni illegittime.

Nella fattispecie la realizzazione del detto ripostiglio costituisce, sotto il profilo giuridico, una violazione delle distanze tra le proprietà, certamente non autorizzabile e legittimamente sanzionata con il provvedimento in esame.

Per le costruzioni sul confine in particolare si applica il principio della prevenzione ex art. 873 c.c. stante il quale: "Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore".

Quindi qualora il Regolamento edilizio non stabilisca una diversa distanza in applicazione del detto principio: "chi edifica per primo sul fondo contiguo ad altro ha una triplice facoltà alternativa: a) costruire sul confine; b) costruire con distacco dal confine osservando la distanza minima imposta dal codice civile ovvero quella maggiore distanza stabilita dai regolamenti edilizi locali; c) costruire con distacco dal confine a distanza inferiore alla metà di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, salva in tal caso la possibilità per il vicino, che costruisca successivamente, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, pagando la metà del valore del muro del vicino, che diventerà comune, e il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della fabbrica;" (Cassazione civile, sezione II, 7 agosto 2002, n. 11899).

Ciò significa che, ripetuto che i due villini principali sono costruiti ab origine in aderenza, la realizzazione di un muro sul confine tra i due giardini richiedeva il rispetto delle distanze tra le costruzioni, poiché detto muro è stato realizzato successivamente al villino principale, come dimostrato dalla domanda di condono presentata dai ricorrenti in data 27 marzo 1986, con conseguente insussistenza della unica dedotta censura in ordine al provvedimento impugnato.

Per le superiori considerazioni il ricorso va, pertanto, respinto.

La delicatezza delle questioni trattate induce a ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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